Io e Paolo Sorrentino … e quel ricordo di vita!

Quel doloroso fatto di cronaca mi era tornato più volte alla mente nel corso degli anni

Chi mi conosce sa che da quando avevo solo sette anni sono cresciuto a pane e quotidiani. Inizialmente solo con il mitico Corriere dello Sport. Tutto rigorosamente in formato cartaceo, finché il mio Direttore Generale, Francesco Benucci, un bel giorno di qualche mese fa mi ha “costretto” a passare al digitale. La premessa è d’obbligo e solo dopo si comprenderanno i motivi.

Alcune settimane fa un’appassionata e bella intervista di Paolo Sorrentino, al Corriere della Sera, ha risvegliato in me un brutto ricordo. Infatti, i dolorosi passaggi, che il regista ha fatto, sulla morte dei suoi genitori, quando lui era ancora un giovane adolescente, mi ha riportato velocemente indietro con gli anni. A quando, quel brutto giorno lessi, sulle pagine di cronaca dei quotidiani napoletani, della morte improvvisa di una coppia, che abitava a pochi metri da casa mia, per un evento imponderabile, lasciando orfani i loro figli.

Quel doloroso fatto di cronaca mi era tornato più volte alla mente nel corso degli anni. Insomma, spesso mi sono soffermato con il pensiero su come poi se la fossero cavata quei due ragazzi, rimasti orfani all’improvviso dell’affetto dei lori cari. Ricostruendo, correva l’anno 1987 quando al Vomero quel drammatico evento, del quale i quotidiani dell’epoca scrissero a lungo, fece particolare rumore nella comunità toccando le coscienze e le sensibilità di adulti e giovani. Fu una domenica e nella nota località sciistica abruzzese morirono i genitori del noto regista. In quella casa delle vacanze doveva esserci anche lui. Ma quel giorno per lui il destino decise tutt’altro.

“Da due anni chiedevo a mio padre di seguire il Napoli in trasferta – anno della conquista per gli azzurri del primo scudetto – anziché passare il week end in montagna, ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli. Citofonò il portiere. Pensavo mi avvisasse che era arrivato il mio amico a prendermi. Invece mi avvertì che era successo un incidente. In questi casi non ti dicono tutto subito. Ti preparano, un poco alla volta. Papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa. Avvelenati dal monossido di carbonio. Io avevo sedici anni. Mia sorella più grande, Daniela, che già conviveva, venne eroicamente a vivere per un anno con me e mio fratello Marco. Poi rimasi da solo, nella casa al Vomero”.

Il richiamo a quella tragedia di Roccaraso, riapparso inaspettatamente nell’intervista, seppure mi ha lasciato in parte l’amaro in bocca, per l’altra mi ha invece rallegrato, perché quel ragazzo, al quale ho spesso pensato nel frattempo, è cresciuto e si è affermato dando autorevole lustro alla nostra città, diventando così il grande regista Paolo Sorrentino. È vero. A volte la vita per davvero se chiude una porta, apre quasi sempre un portone. Mi ha fatto molto piacere, confesso, rispolverare un ricordo triste del passato, colorandolo però ai giorni nostri di un forte orgoglio per l’affermata e lusinghiera crescita del regista napoletano.

Nicola Campoli

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