INTERVISTA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE CULTURA DELLE REGIONI MARIO CALIGIURI, ASSESSORE ALLA CULTURA DELLA REGIONE CALABRIA

CATANZARO (1.11.2014) – Per sottolineare i temi e le problematiche che sono state presentate e discusse nel corso della Conferenza Nazionale delle Istituzioni Culturali “L’Italia è Cultura”, svoltasi nelle scorse settimane a Torino http://italiacultura.aici.it/sito/, l’Associazione Istituzioni di Cultura Italiana (Aici) ha posto alcune domande a Mario Caligiuri, Assessore alla Cultura della Regione Calabria e Presidente della Commissione Cultura della Conferenza delle Regioni (rinvenibile sul sito www.aici.it). D: Esiste un’evidente sproporzione tra le dimensione del patrimonio culturale italiano, in campo artistico e non solo, rispetto al suo utilizzo, fruizione, valorizzazione. Quali sono le sue proposte in merito? R: Occorre concentrare politiche e risorse con chiari obiettivi rendendo produttivi gli investimenti. Le risorse economiche sono sempre inevitabilmente scarse e appunto per questo occorre muoversi in una logica di interesse generale. Bisogna che le istituzioni pubbliche abbiano una sola voce, eliminando sovrapposizioni di competenze e lungaggini burocratiche, e tutte insieme collaborino concretamente con i privati per gestire, valorizzare e promuovere il patrimonio culturale, individuando priorità’ territoriali. Appunto per questo occorre concentrare le risorse sui beni più significativi, senza trascurare che, in qualche caso limitato, bisogna effettuare interventi in aree strategiche, sperimentando lo sviluppo dei beni culturali per attenuare l’emarginazione e contrastare il disagio sociale e la criminalità organizzata. In tale logica vanno secondo me, utilizzati i fondi europei. D: Rispetto ad altri Paesi ci sono due dati caratterizzanti: la forte dispersione, e il divario Nord Sud che si riproduce e si amplia. Come intervenire? R: Sulla dispersione, richiamando quando sopra esposto, basti citare un solo dato: i musei statali francesi sono 34, quelli italiani più di 400. E come diceva Peppino, “ho detto tutto”. Sul divario Nord-Sud pesano tante variabili, di carattere storico, politico e sociale. Serve a poco ricordare che le differenze economiche tra le due aree del Paese erano praticamente inesistenti al momento dell’Unità e che sono sopraggiunte solo successivamente. Al momento, occorre tenere conto che la questione meridionale è un problema non tanto economico quanto politico. La debolezza della classe dirigente meridionale contribuisce in modo determinante nella permanenza e nell’allargamento di questo divario territoriale. D: Il patrimonio culturale italiano è una risorsa da far valere sul piano europeo e internazionale, con quali strategie? L’Expo è ancora un’occasione importante, come coglierla? R: È evidente il ruolo che ha il patrimonio culturale italiano nel contesto internazionale, e ancor di più quello che potrebbe avere, in prospettiva, con il previsto aumento del turismo mondiale dei prossimi anni. Le strategie sono chiare: valorizzare i beni e comunicare in modo efficace nel contesto internazionale. Quello che occorre fare è questo. Il fatto è che non riusciamo a mettere in atto queste strategie, per ragioni legislative, inadeguato capitale umano e carenza di visione politica. Come si vede non è un problema di risorse, che spesso vengono utilizzate in modo pessimo, mentre solo su questo tema spesso si concentra spesso il dibattito. Per quanto riguarda l’Expo, non solo è un’occasione importante ma, secondo me, è una tappa decisiva per evidenziare che la Calabria è la prima potenza culturale del pianeta. Occorre un impegno di tutto il sistema-Paese per rappresentare questa immagine, superando ogni divisione politica, istituzionale e territoriale. Il nostro futuro può dipendere in gran parte da quello che saremo in grado di fare. Pertanto c’è bisogno del massimo senso di responsabilità e, sopratutto, di impegno senza soste. D: Di fronte ai dati drammatici della disoccupazione giovanile che ruolo può e deve avere il settore culturale, nella accezione più ampia? R: È stato studiato che nei prossimi anni un’efficace valorizzazione del turismo e dei beni culturali potrebbe fare aumentare del 2% il PIL del nostro Paese, contribuendo a superare la crisi. Ma per fare qualunque cosa ci vogliono le persone adatte, sia dal punto di vista politico che da parte di coloro che gestiscono direttamente il settore. D: La scuola, se non la stessa Università, sembrano essere campi separati dalla vita culturale; se è così con quali politiche intervenire? R: Come tutte le burocrazie, anche scuola e università sono autoreferenziali e in più negli ultimi decenni sono state considerate come ammortizzatori sociali per docenti e studenti, producendo un livello complessivo di istruzione assai debole. Occorre puntare sulla qualità dei docenti, selezionandoli attraverso il merito, incentivandoli economicamente e riducendone il numero. Esattamente l’opposto di quello che si intende fare. Va da sè che per promuovere turismo e beni culturali occorrono specifici e più incisivi corsi di studio scolastici e universitari, fortemente collegati con il mondo del lavoro già durante i percorsi formativi, favorendo i confronti con le esperienze internazionali. D: L’Agenda digitale sembra riflettere un’attenzione marginale nei confronti della cultura e del patrimonio culturale. È possibile modificare o invertire rotta ?ù R: Non mi sembra che sia completamente così. A livello europeo il programma “Horizon 2020? potrebbe contribuire in modo assai incisivo a promuovere turismo e beni culturali attraverso l’innovazione tecnologica. Dobbiamo essere in grado di cogliere questa notevole opportunità, recuperando il chiaro divario digitale che sconta il nostro Paese e che rappresenta quella che, tanti anni fa, Ferruccio de Bortoli sul ”Corriere della Sera” definì “l’emergenza che non si vede”. D: Da molto tempo si parla di incentivi fiscali per il sostegno alla cultura da parte dei privati, sinora si è però visto poco di concreto. Quali le sue proposte? R: Le proposte più volte fatte proprie dalla Commissione Cultura della Conferenza delle Regioni, che ho l’onore di coordinare: regole chiare e largamente incentivanti per le sponsorizzazioni e per le detrazioni fiscali ai privati e alle aziende che investono in cultura. Come si fa in tanti altri Paesi del mondo, con risultati positivi sotto gli occhi di tutti. D: Un tema trasversale, anche in comparazione con altre situazioni europee, per altro molto diverse tra di loro, è il rapporto Stato-Regioni nel campo della cultura, il coordinamento dovrebbe essere molto più stretto, anche in proiezione europea, per potere migliorare i risultati modesti dell’Italia nell’utilizzo dei fondi europei. R: Le attuali regole che viggono nel nostro Paese non facilitano le collaborazioni istituzionali, anzi in tanti casi le ostacolano. Il caso della cultura, secondo me, è il più eclatante. Non a caso come Regioni abbiamo chiesto e ottenuto dal Ministero dei Beni Culturali una cabina di regia che coordinasse Ministero, Regioni, Province e Comuni per definire strategie condivise e collocare utilmente le risorse comuni. Ma il cammino mi sembra ancora assai incerto. Confido molto nella sensibilità dell’attuale Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.

Print Friendly, PDF & Email

Views: 1

Puoi essere il primo a lasciare un commento

Lascia una risposta