Cari amici e amiche di Cariati, trascorro in loco uno tra i più belli e caldi fine settimane lunghi di autunno, da quando frequento la località ionica da poco meno di trenta anni. Complice un tempo da favola, che addirittura rende molto più piacevole del solito, apprezzare il silenzio e la tranquillità delle spiagge. Le stesse si mostrano ancora pulite e invitanti per stare all’aria aperta ai più grandi e più piccoli. Come mia abitudine ho fatto qualche chiacchiera, andando in giro per il paese. Tra i miei abituali punti di intrattenimento. Al di là, del costare, ormai a me noto spopolamento invernale del paese, forse, però, ancora più marcato rispetto ai miei termini di paragone del passato, ho notato una velata tristezza nei miei interlocutori. Un senso di smarrimento e una scarsa fiducia nel futuro. Una preoccupazione che cosa strana, avvolge anche quei miei interlocutori che di norma mi sono sempre apparsi piú possibilisti. Domina un sentimento di assenza di progetti nel futuro personale, dei propri cari e di Cariati. Mi preoccupa che la sensazione sia dominante. C’é un comune denominatore tra tutti quelli con i quali ho parlato. Certo lungi da me dallo stendere un finale negativo, anche perché l’insieme delle persone potrebbe mostrarsi in altro modo. Ma sull’umore che ho percepito in giro, forse qualche riflessione va fatta. Cariati, e questo l’ho scritto più volte, manca di uno spirito acceso di comunità. La stessa appare slegata, come se si stesse attendendo l’irreparabile. Un evento soprannaturale che darebbe il colpo di grazia. Sono questi i momenti nel corso dei quali occorre, invece, che qualcuno si accolla il “peso” della comunità. Quel disfattismo e senso di impotenza, trasformandolo in un impegno al fare. A rimotivare la comunità, coinvolgendola, rendendola partecipe anche nel condividere piccole emozioni e micro interventi nel fare. Intendiamoci tale situazione di precarietà ha delle responsabilità ben precise. La politica poco protesa al coinvolgimento e all’ascolto delle persone é, ahimè, la prima imputata. In particolare, per la perseverante azione che in primis tiene i giovani locali lontani dalla “cosa pubblica”. Non sono certo solamente io a farne menzione anche su queste colonne. Ciò, piuttosto, che mi preme sottolineare é che così muore Cariati. In gioco c’é il destino del paese che sta regredendo, economicamente e socialmente, ad uno stadio molto preoccupante. Non mi stancherò mai di scriverlo, di ripeterlo anche a costo di annoiare, perché Cariati é un bene supremo di tutti che va salvaguardato e difeso a denti stretti. Personalmente, sono contro l’interessato silenzio dei molti e l’andrò gridando sempre e ovunque. Nicola Campoli
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