Finalmente ho letto “Ohi Dottò” di Cataldo Perri

I pupazzi di Maria Perego animavano la sigla di chiusura di non so più quale trasmissione, cantata con la consueta verve polifonica dal Quartetto Cetra. A Macerata noi il televisore ce l’avevamo già addirittura dal ’58, ma mia zia Fina non s’era ancora decisa a comperarlo e così La TV dei ragazzi, durante le nostre vacanze estive, andavamo a guardarla a casa della sempre gentile e sempre sorridente comare Italia Perri: non so se Cataldo, figlio di Italia, se ne ricorda, ma fra i ragazzini che andavano a guardare la TV a casa sua, all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, c’eravamo anche io e i miei fratelli, Michele e Carmelo.

Il ricordo è riaffiorato alla mia memoria durante la lettura dello splendido Ohi Dottò, che insieme a due CD di questo artista straordinario il comune amico Cataldo Formaro mi ha prima prestato e poi regalato (una copia nuova, non quella con dedica) durante il mio recente e purtroppo breve soggiorno a Cariati.

Insieme a quello, è affiorato anche il ricordo di una frequentazione all’insegna dell’affetto e della stima reciproca: mentre non c’era speranza di dialogo con la Piricucchidda, che abitava proprio porta a porta e aveva un insanabile e implacabile dissidio con mia nonna (che le aveva affibbiato questo nomignolo), dissidio di cui non ho mai conosciuto le cause, con la famiglia Perri, che abitava di là di una traversa sulla stessa via Matteotti, le cose andavano ben diversamente. Ricordo che Michele pensò una volta di organizzare delle sedute di esercizi di ginnastica, cui invitò anche Cataldo. Il libro che usava come fonte diceva che dopo bisognava rifocillarsi con cibi freschi e nutrienti e Michele ne accennò a nonna Teresina, che dopo la nostra mezzora di allenamento ci imbandì un sontuoso banchetto, tale che se gli esercizi fossero stati destinati a farci dimagrire la sua idea di cibi freschi e nutrienti avrebbe vanificato quel tentativo con gli interessi, e a usura.

Ohi Dottò, il libro di Cataldo, mi ha incantato per la sincerità, la freschezza dello stile, l’apparente lievità che sottende in realtà una visione del mondo e dell’umanità permeata di affetto, comprensione e ironia ma anche di un solido rigore morale: trabocca di amore per la Calabria ma non ne nasconde vizi e debolezze, e non esita a denunciare con coraggio e senza mezzi termini le viltà, la miseria morale, lo squallore intellettuale e intellettivo della ‘Ndrangheta e dei suoi accoliti.

Il libro non l’ho semplicemente letto: l’ho divorato, come mi capita con i libri che mi prendono e non mi lasciano più finché, quasi con rammarico, non ho raggiunto l’ultima pagina. Anche perché, oltre a rievocare i bei momenti dell’infanzia e dell’adolescenza che ho vissuto a Cariati, ha fatto vibrare, è il caso di dirlo, altre corde del mio cuore: quelle che vibrano sempre quando incontro (personalmente o idealmente) un altro cultore della Musica, un altro membro della confraternita di cui, come Cataldo e me, fanno parte coloro che, come dice Goethe, amando la musica non possono che amare la fratellanza, la compassione e l’amore per la pace e la serenità.

Mi sono affrettato a consigliare la lettura di Ohi Dottò a tutti gli amici e parenti capaci di entrare in risonanza con le note – spiritose, malinconiche, ironiche, paradossali, a volte furibonde ma sempre, comunque, intense e vere, mai stonate – che le pagine del libro fanno risuonare nell’animo di chi sa godere delle emozioni che regala.

Cariati ha generato un figlio straordinario, un artista ricco di una vena creativa geniale che le dà lustro e onore. Nel mio piccolo, sono fiero e orgoglioso di poter dire: io Cataldo Perri lo conosco, da bambino ho perfino fatto ginnastica insieme a lui. Chissà? Magari un giorno potremo anche fare musica insieme.

Mi piacerebbe davvero tanto. Grazie, Cataldo, per la tua musica e per aver scritto Ohi Dottò.

Giuseppe Riccardo Festa

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