Una foto scattata durante la sua visita, lo ritrae mentre si affaccia in piedi sul ciglio estremo del torrione dell’Annunziata, che già allora presentava la grande lesione che ancora oggi vediamo.
di Franco LIGUORI, storico
Maurits Cornelius ESCHER (1898)-1972) è stato un incisore e grafico olandese, senza dubbio il più famoso artista del Novecento nel campo della grafica e dell’incisione. E’ conosciuto principalmente per le sue incisioni su legno, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito, tassellature del piano e dello spazio. Le opere di Escher sono molto amate dagli scienziati, logici, matematici e fisici che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza.
Figlio di un ingegnere idraulico, si dedicò fin dall’adolescenza alle arti grafiche, e, già da adolescente, sapeva praticare con maestria l’incisione su linoleum. Nel 1918 si iscrisse all’Università Tecnica di Delft, che abbandonò nel 1919 in favore della Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, dove apprese i rudimenti dell’intaglio. Intuendone il talento artistico, il padre incanalò le inclinazioni del figlio nello studio di architettura, ma le passioni di Escher erano rivolte altrove: alle arti grafiche. Decisivo fu l’incontro con il grafico Samuel Jessurun Mesquita, che lo convinse a seguire i suoi corsi di disegno. Nacque in lui, in quel periodo, una grande passione per la xilografia, procedimento di incisione su matrici lignee che egli arrivò a padroneggiare in poco tempo. Nella primavera del 1922 Escher visitò per la prima volta l’Italia, in compagnia di alcuni suoi amici, e rimase stregato dalla bellezza del nostro Paese.
Vi ritornò nell’autunno dello stesso anno, visitando Siena, città in cui eseguì le prime incisioni lignee di paesaggi italiani, e poi la vicina San Gimignano, con le sue 17 torri medievali. Nel 1923 si spinse nel Sud della nostra Penisola, visitando la costiera amalfitana e rimase letteralmente folgorato dalla plasticità della luce del nostro Mezzogiorno. Visitò Ravello, Atrani, Amalfi, e fu colpito dalla commistione di elementi greci, romani e saraceni presenti nelle architetture di quei luoghi. Nel 1923, proprio a Ravello, nell’albergo dove soggiornava (Hotel Toro) conobbe Jetta Umiker, figlia di un banchiere svizzero, la quale si interessava di pittura e di disegno. Nacque tra i due subito l’amore e presto si sposarono (a Viareggio, nel 1924), e andarono a stabilirsi a Roma (quartiere Ginicolense). Innamoratosi dell’Italia, del suo paesaggio, della sua natura, della sua arte antica, Escher venne in contatto anche con l’arte contemporanea italiana visitando la Biennale di Venezia dove era stata allestita la prima retrospettiva di Modigliani. Si confrontò anche con diversi movimenti artistici dei primi del Novecento, primo fra tutti il cubismo, ma anche il divisionismo e il futurismo.
Gli anni vissuti in Italia da Escher furono i più felici e più proficui dal punto di vista artistico, tanto da considerare il nostro Paese come la sua seconda patria. Quando, però, negli anni Trenta, il regime fascista assunse i sinistri connotati di un totalitarismo, Escher capì che non vi poteva più vivere bene e nel 1935 e si trasferì in Svizzera (a Chateau-d’Oex). Ma il paesaggio elvetico non lo ispirava per nulla e il ricordo del Bel Paese era struggente. Tutto intorno a lui, era l’opposto dell’Italia , che aveva catturato il suo sguardo. Nel 1937 si trasferì in Belgio (a Ukkel, nei pressi di Bruxelles). Morirà in Olanda il 27 marzo 1972, in una casa di riposo per artisti, dopo che la moglie si era allontanata da lui, congiungendosi con uno figli, in Svizzera.
Il viaggio in Calabria e il passaggio da Cariati
Tra i tanti viaggi fatti da Escher nel Sud Italia (Abbruzzi, Campania, Sicilia), riveste una particolare importanza quello fatto in Calabria nella primavera del 1930, che lo lasciò particolarmente stregato, perché la nostra terra deve essergli apparsa un luogo in cui non c’era soluzione di continuità tra la natura e le costruzioni dell’uomo; in cui le pale di fichi d’India svettano vicino alle case abbarbicate alle rocce di cui sembrano propaggini e i letti dei fiumi sembrano mitiche porte verso l’infinito. Il tour di Escher in Calabria iniziò dal Golfo di S. Eufemia, dove approdò (a Pizzo) su una nave partita da Napoli, e proseguì per circa un mese, prima in direzione sud viaggiando in treno lungo la costa tirrenica e facendo soste in cittadine e paesi fra mare e montagna come Pizzo, Tropea, Nicotera, Palmi, Scilla e Melito Porto Salvo, luogo quest’ultimo dal quale proseguì a dorso di mulo verso alcuni paesi dell’Aspromonte tra cui Palizzi e Pentedattilo. Proseguì quindi il suo viaggio in direzione nord, visitando Gerace, Stilo, Santa Severina, Cariati, Rossano, Morano Calabro e Rocca Imperiale, in compagnia di tre suoi amici: Giuseppe Haas Triverio, un imbianchino poi prestatosi all’arte, di Robert Schiess e di Jean Rousset, un giovane appassionato di etnologia che porta con sé una cinepresa con il cavalletto. Costituivano tutti insieme, un gruppo di intellettuali con curiosità diverse e animati dalla voglia di conoscere e scoprire la Calabria, luogo ricco di reminiscenze classiche e avvolto da un’aura misteriosa e leggendaria.
Manca, purtroppo, un vero e proprio “diario” di quell’importante viaggio. Abbiamo soltanto degli “appunti” scritti da Escher in un’agendina, che permettono di ricostruire i suoi disegni e le foto scattate dai compagni. Al termine del viaggio Escher annota puntigliosamente sulla sua agenda i chilometri percorsi: 1709 in treno, 213 in automobile e 100 a piedi, portandosi sulle spalle uno zaino di 12,5 kilogrammi. Ma quel viaggio è documentato soprattutto dai bellissimi ed originali “disegni” di alcuni dei paesi visitati (tra cui Rossano, Santa Severina, Rocca Imperiale, Morano Calabro…). Di Cariati, che pure fu una delle tappe del suo viaggio in Calabria ( vi giunse in treno da Crotone il 21 maggio 1930), Escher non ha eseguito alcun disegno. E, sinceramente, non ci spieghiamo la ragione ! Eppure il nostro borgo medievale, con i suoi massicci torrioni, affacciato sul mare, sarebbe potuto essere un bel soggetto per l’artista olandese. Abbiamo, in compenso, nell’album del viaggio, due foto scattate a Cariati: la prima ritrae Escher in piedi, sul ciglio estremo della merlatura del torrione dell’Annunziata, insieme ad uno dei compagni di viaggio, con lo sguardo rivolto verso la sottostante Marina; un’altra non ritrae lui, ma un compagno della comitiva, nei pressi del Cimitero, sul ciglio della strada 108 ter, mentre probabilmente sta elaborando un disegno del panorama del borgo medievale di Cariati che da lì si gode. Disegno, che, però, non fu pubblicato. Di questo “passaggio” del grande artista-incisore olandese sarebbe giusto che il nostro paese conservasse memoria ! Perché non preparare una targa-ricordo dell’evento, da collocare sulle mura interne del torrione dell’Annunziata, abbinandoci un ingrandimento della foto con Escher, che certamente desterebbe la curiosità e l’interesse dei turisti che solitamente, d’estate, amano farsi un giretto per le viuzze del nostro centro storico ? Indirizziamo questo suggerimento ai pubblici amministratori perché finanzino l’iniziativa, affidandone la realizzazione a qualche associazione culturale locale che ha tra i suoi scopi primari la difesa e la valorizzazione del nostro meraviglioso borgo medievale.
Per saperne di più
D. Mediati-S. Pazzano, ESCHER IN CALABRIA, Rubbettino, Soveria M. 2019
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