GLI ITALIANI SECONDO IL CENSIS… E IL FESTIVAL DI SANREMO

Ed io contavo i denti ai francobolli;
dicevo: “Grazie a Dio”, “Buon Natale”;
mi sentivo normale.
(Fabrizio De Andrè: “Storia di un impiegato”)

Prego i lettori di Cariatinet che sono di buona cultura, nemici della superficialità e attenti alle cose serie, di perdonarmi se torno sul polverone che si è sollevato sulla sentenza del TAR della Liguria riguardante il festival di Sanremo. In effetti è proprio perché li so attenti alle cose serie, di buona cultura e nemici della superficialità che ritorno su questo argomento, ed è proprio perché il festival di Sanremo è di fatto, ormai da anni, l’evento, definito culturale, sul quale si focalizza per mesi l’attenzione dei media, dei sociologi, dei musicologi e perfino dell’Accademia della Crusca, i cui esperti si profondono in dotte analisi dei testi delle canzoni ed erogano al popolo disquisizioni sui neologismi, le locuzioni e le licenze poetiche di cui abbondano, dimostrando che il festival di Sanremo è ormai, in Italia, l’evento dominante sul piano dello spettacolo e della cultura, o presunta tale.

Intanto, mentre in Italia il dibattito, culturale e non solo, si incentra sul futuro del festival, l’Ucraina sta per soccombere sotto la pressione delle armi russe, o forse no, perché la Russia sente ormai il logorio di due anni di guerra inutile e sanguinosa, tanto da dover lasciare che in Siria crolli il regime di Hassad, a suo tempo salvato da Putin che ora, in difficoltà, lo ha abbandonato al suo destino. Il Medio Oriente, e non solo perché la Siria sta per diventare uno stato islamico, è una polveriera a causa della ferocia con cui gli ayatollah reprimono la sete di libertà del popolo iraniano e dell’odio che oppone il fanatismo criminale di Hamas al fanatismo sanguinario di Netanyahu; oltreatlantico gli Stati Uniti, all’insegna del “Make America Great Again” di Trump, stanno per chiudersi a riccio e per regredire, culturalmente, al livello della caccia alle streghe di Salem; la Corea del Sud è nel marasma, per la felicità dell’incombente Corea del Nord di Kim Yong-un; in Sud America l’Amazzonia brucia, il Venezuela è in mano a un tiranno senza vergogna e l’Argentina ha sconfitto l’inflazione, ma al prezzo della fame della popolazione; in Europa la Francia è nel caos politico ed economico, la Germania pure, ed entrambe rischiano di cadere nelle mani di partiti nazionalisti di estrema destra, col rischio conseguente dello sfascio dell’Europa, per la gioia degli Orban d’Ungheria e dei Salvini di casa nostra; sul mondo intero aleggia intanto il problema del riscaldamento climatico e dell’inquinamento.

Tornando in Italia, si assiste al progressivo impoverimento e invecchiamento della popolazione; alla produzione industriale in costante calo; a un aumento dell’occupazione farlocco dovuto soprattutto al lavoro sottopagato e/o occasionale; a una crescita economica modesta, per non dire irrisoria, per giunta drogata dai fondi del PNRR; allo sfascio della Sanità pubblica, all’inefficienza dei trasporti, al dissesto del territorio e, ciliegina sulla torta, al quadro desolante che emerge dal 58° rapporto Censis, secondo il quale l’Italia vivacchia, non ha progetti, non sa sognare, campa a rimorchio.

E non solo. Il rapporto sottolinea quanto grave sia il livello di ignoranza che affligge tanti italiani. Cito qualche esempio: “il 55,2% degli italiani risponde in modo errato o non sa che Mussolini è stato destituito e arrestato nel 1943, il 30,3% (il dato sale al 55,1% tra i giovani) non sa dire chi era Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), il 30,3% non conosce l’anno dell’Unità d’Italia, il 28,8% ignora quando è entrata in vigore la Costituzione […] il 49,7% degli italiani non sa indicare l’anno in cui è scoppiata la Rivoluzione francese, il 42,1% non conosce l’anno in cui l’uomo è sbarcato sulla Luna, il 25,1% ignora l’anno della caduta del muro di Berlino, il 22,9% non sa che Richard Nixon è stato un Presidente degli Stati Uniti (e non un grande calciatore inglese, come crede il 2,6%), il 15,3% non conosce Mao Zedong […] il 41,1% crede che Gabriele D’Annunzio sia l’autore de L’infinito o non sa dare una risposta in merito, per il 35,1% Eugenio Montale potrebbe essere stato un presidente del Consiglio dei ministri degli anni ’50, il 18,4% non esclude che Giovanni Pascoli sia l’autore de I promessi sposi e, infine, il 6,1% non sa che Dante Alighieri è l’autore della Divina Commedia; il 35,9% degli italiani considera Giuseppe Verdi l’autore dell’Inno di Mameli o non ha una idea in proposito, per il 32,4% la Cappella Sistina potrebbe essere stata affrescata da Giotto o da Leonardo da Vinci, non da Michelangelo.”

Un quarto degli italiani, inoltre, pensa che in Italia ci siano 10 milioni di immigrati clandestini (sono meno di 600 mila), un quinto continua a credere che gli ebrei controllino il mondo tramite la finanza, e tanti – troppi – che l’omosessualità sia una patologia con origini genetiche, che l’intelligenza delle persone dipenda dall’etnia, che islam e jihadismo siano la stessa cosa.

In un quadro del genere, se da un lato viene voglia di rivalutare il vituperato nozionismo che un tempo, non solo nei licei ma anche negli istituti professionali,  costringeva gli scolari e gli studenti a imparare qualcosa, dall’altro appare chiaro ed evidente il motivo per cui il festival di Sanremo è l’evento clou della cultura italiana, secondo solo – forse – al campionato di calcio di serie A.

Il motivo sta nel fatto stesso che il festival di Sanremo sia stato elevato al rango di fondamentale evento culturale, dimostrando che l’Italia è un Paese che purtroppo, ammesso che l’abbia mai avuta, ha perso la cognizione del valore, dell’importanza e del senso stesso della parola “cultura”.

Giuseppe Riccardo Festa

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