Pipino: agro di Scala Coeli!
Del Re dei Franchi, della dinastia carolingia, che regnò dal 751 al 768 e governò l’Europa occidentale per i successivi tre secoli, ne condivide solo il nome: il resto, compreso tutto quello che potrà ancora succedere, appartiene ad un brutto capitolo della storia del Comune di Scala Coeli e, purtroppo, non solo!
Questa località, posta nel Comune jonico, era nota (dobbiamo parlare con il verbo al passato?) per la bellezza della sua incontaminata natura: pianure ed alture dolci e lussureggianti “sottolineate” da torrenti di acqua cristallina che brillavano al sole: Pipino, Capoferro, Patìa, Cacciadebiti, i nomi dei corsi d’acqua nonché dal mitico fiume Hylias (l’odierno Nicà); il tutto “condito” dall’odore salmastro dello Jonio a poche centinaia di metri da questi luoghi
Terra che regalava prelibati frutti di qualsiasi specie offrendosi, a sua volta, come cibo per preziosi allevamenti bovini al pascolo, sotto un cielo terso, solcato da trampolieri e da altri rari voli; un cielo che si confonde con l’azzurro dello Jonio: il Mare Nostrum!
Tutto questo, è irrimediabilmente perso, cancellato, a causa di un veleno che ha raggiunto ed invaso le “vene” ed il “cuore” del territorio trovando, infine, libero sfogo nelle acque e sulle spiagge dove, un tempo, approdavano con le loro navi: Greci, Arabi, Normanni ed altre civiltà che hanno reso unica la nostra Regione!
Un territorio vocato alla bellezza che subisce l’ennesimo “sfregio”!
É il “percolato” la causa di tutti questi mali!
Questo liquido che trae prevalentemente origine dall’infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi, a causa di una probabile avaria all’impianto della discarica di “Pipino”, ha iniziato, mercoledì scorso, ad “irrigare” negativamente l’intera area. Il percolato è un refluo con un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici, derivanti dai processi biologici e fisico-chimici all’interno delle discariche. Per legge, il velenoso liquido deve essere captato ed opportunamente trattato nel sito stesso della discarica o trasportato in impianti ad hoc debitamente autorizzati allo smaltimento di rifiuti liquidi. Il sistema di captazione consiste in una serie di tubi fessurati immersi in uno strato di ghiaia drenante appena al di sopra dello strato di impermeabilizzazione: ma qualcosa, nella notte, è andata storta!
Nel post inquinamento, ad impianto fermo giudiziariamente disposto, quello che però fa più male è l’odierno ed incomprensibile abbandono del problema nonché il silenzio “assordante” da parte della politica regionale e nazionale! Agricoltori, allevatori, cittadini ed associazioni ambientaliste presidiano i luoghi del disastro, da giorni, nell’attesa che qualcosa si muova: per il momento è solo il veleno! E si riversa in mare.
Resta il dramma costruito intorno alla condizione dell’attesa. augurandoci di non aspettare Godot!
Antonio Loiacono
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