QUO PUTIN ? Dove va e soprattutto cosa vuole l’uomo del Cremlino

DI MARCO TOCCAFONDI BARNI


– Platov é Putin, Putin é Platov. E’ da qui che bisogna partire per capire meglio l’attuale leader russo. Sí, perché Platov altro non é che lo pseudonimo scelto dall’attuale leader del Cremlino agli albori della sua carriera nei servizi segreti allora sovietici, il leggendario KGB. A quell’epoca era usanza che le reclute scegliessero un nome segreto, ma la prima lettera doveva essere quella del cognome vero. Putin era uno di loro. Da qui inizieremo per comprendere meglio la situazione, troppo spesso inquinata dalla propaganda da entrambe le parti, dalla superficialitá o dal pressapochismo tipico dei tifosi.

Cosa ci svela “Platov” ? Un’ evidenza, qualcosa di cosí chiaro da essere visibile a chiunque: l’uomo che sta facendo tremare il mondo non é un politico e in fondo non lo é mai stato, anche se a noi in “Occidente” desideriamo pensarlo. Ovvio, ai russi piace fingerlo per turlupinarci meglio. Questo perché amiamo vedere il mondo unicamente dal nostro punto di vista, nella nostra ottica. Succede verso i musulmani, con altri imperi, per usi e costumi diversi, ma diventa particolarmente grave se avviene con la prima potenza nucleare, nonché il territorio piú esteso del globo. Sí, perché é pura follia trattare la Russia come fosse un paese qualsiasi, anche se a noi occidentali piacerebbe per poi giocarsela contro il nostro principale rivale strategico: la Cina.

Rivoluzioni interrotte – Tuttavia le cose non stanno né sono mai state cosí, anzi. Putin é il tipico prodotto degli apparati statali russi che, subito dopo il periodo della “rivoluzione” anni ’90, ancora una volta hanno brigato affinché pure quella rivoluzione torcesse su se stessa tornando indietro, non facendo certamente torto al senso etimologico del termine. Del resto accadde anche nel 1917, con le 2 rivoluzioni in febbraio e ottobre (marzo e novembre da noi), quando subito dopo la morte del “padre dell’ottobre rosso” (ma non russo) al potere arrivó Stalin, un altro prodotto diretto della burocrazia e dell’apparato statale. E successe di nuovo nel primo giorno del nuovo millennio: il duemila. Al posto dell’ allora “modaiolo”e inflazionatissimo “millennium bug”, vi fu il “Putin Bug”. Quel giorno era il Capodanno del 2000 e uno sconosciuto ex burocrate apparve in tv annunciando ai russi e al mondo di essere il nuovo capo della Federazione al posto di Eltsin. Il pianeta non andó in crash per le falle informatiche di Windows e della Microsoft peró, oltre 22 anni dopo, rischia di finirci a causa di quell’ allora sconosciuto colonnello dei servizi. Ieri come oggi furono gli apparati a tramare, festeggiando l’inizio del nuovo millennio togliendo lo stato russo dal fiasco dove lo aveva affogato Boris Eltsin. Sostituirono un ubriacone a capo di una banda di lestofanti con uno dei loro: Platov. Putin, appunto. L’obiettivo: tornare grandi, essere ancora l’impero di sempre.

Ma cosa vuole Platov / Putin ? Se Putin e Platov e Platov é Putin non bisogna stupirsi se questa fase ci appare addirittura piú drammatica e pericolosa rispetto ai tranquilli decenni della cosiddetta “guerra fredda” (in realtá un ampio periodo di pace armata lungi dal ripetersi a breve), con delle conseguenze potenzialmente catastrofiche all’ orizzonte. Al di lá di chi sia il presidente statunitense, descritto assurdamente dalla propaganda nostrana come l’uomo piú potente del mondo quando ha molti meno poteri persino di chi siede all’Eliseo, fortunatamente oggi anche alla Casa Bianca siedono gli apparati, direttamente, con personaggi di punta come Tony Blinken alla strategia (segreteria di stato) e Janet Yellen all’economia. Tutto ció, ma qui si entra nel campo delle ipotesi e delle opinioni personali e non piú dei fatti, dovrebbe dunque allontanare da scenari cupi, anche se apparentemente non sembra. Questo perché bisogna considerare che apparati statali e agenzie di intelligence servono anche a questo: allontanare il piú possibile da uno scenario apocalittico. Via dallo scontro finale e fatale tra grandi potenze nucleari. Insomma, il loro lavoro é sí quello di fare l’interesse del loro paese, senz’altro, ma proprio per questo é nella logica dei fatti non distruggere il pianeta con una guerra nucleare dagli esiti fatali per tutti. Di conseguenza questa volta ritengo di dovermi discostare e non di poco da coloro che ipotizzano e affermano sia in corso una svolta epocale, cioé  le principali riviste di strategia e geopolitica e gli analisti piú preparati a livello nazionale e internazionale. Scrutano un cambiamento epocale nella invasione decisa da Putin lo scorso 24 febbraio e sono pessimisti per il futuro. No, secondo me invece, se ho intuito le dinamiche e le logiche che muovono questa ex spia sovietica e soprattutto il mondo dal quale proviene, al Cremlino mirano essenzialmente 2 bersagli. Vediamo quali sono.

1) – Tornare grandi, essere impero e nel contempo ago della bilancia geopolitica – Questo, fuor da qualsiasi delirio o convincimento tipicamente economicistico e da provincia sottomessa, é l’obiettivo principale. Siamo nell’ irrinunciabile a costo di sofferenze tremebonde. Infatti a noi sembra impossibile stia succedendo, tuttavia esistono collettivitá, di conseguenza i loro leader, che non potranno mai essere una provincia sottomessa a un altro impero, altrimenti le guerre puniche non ci sarebbero mai state e Cartagine sarebbe diventata felicemente e disciplinatamente un regno cliente come un altro, sotto Roma. No, le cose e la storia non vanno cosí e ce ne stiamo accorgendo: un impero o é tale oppure muore. Non esistono alternative né vie di mezzo. Putin a inizio millennio lo aveva promesso ai russi: non vi renderó ricchi, ma orgogliosi. Il viatico venne tracciato: torneremo grandi e a tutto quel che ci spetta, il mondo ci temerá ancora, siamo l’impero russo. E questo patto tra collettivitá e leader lo sta indubbiamente rispettando. E’ per questa ragione non funzionano né le patetiche sanzioni economiche e lui riscuote un ampio consenso. La guerra patriotica per tornare grandi e quindi parlare alla pari con gli Stati Uniti é iniziata e nessuno si sognerá di disturbare il manovratore. Esiste un’ unica eccezione, che purtroppo rende ancora piú drammatica la situazione per i poveri ucraini e colpevoli chi li ha vergognosamente spinti in questo insensato massacro, cioé una umiliazione, una sconfitta sul campo talmente rovinosa da aprire la strada alla fine di Putin e soprattutto a un’ ennesima “rivoluzione russa”, stavolta con esiti probabilmente fatali per l’integritá stessa della Federazione. E’ quello che sperano gli Stati Uniti, infatti é per questo hanno intrapreso una guerra per procura dopo aver offerto il famoso “passaggio” a Zelenskyy. La Russia, invece, vuol fare “l’ago della bilancia geopolitica mondiale”, conscia di essere nettamente inferiore rispetto ai 2 principali imperi: Stati Uniti e Cina.

2) – Il cuscinetto – Il secondo obiettivo di Putin é forse meno vitale rispetto al primo, ma altrettanto importante: crearsi un cuscinetto territoriale in quel bassopiano che va dal fiume Elba fino agli Urali. Da lí sono partite numerose invasioni ai danni della Russia. Solo noi italiani, non esattamente un popolo affine al Dio della Guerra, Marte, l’abbiamo invasa ben 6 volte, l’ultima con esiti disastrosi. Lo si fa ricorrendo al nazionalismo, non al comunismo e anzi Lenin dall’ex colonnello, curiosamente nato proprio nella cittá all’epoca dedicata al grande rivoluzionario, viene quasi trattato come un inetto sulla faccenda dell’Ucraina. Qui i punti di riferimento di Putin sono invece i vari Aleksandr Solzhenitsyn o ancor meglio Pietro il grande. Assurdamente personalitá quali Solzhenitsyn sono da sempre visti in Occidente come dei liberali che si opponevano al regime comunista, mentre in veritá erano dei nazionalisti estremisti e persino un bel po’ antisemiti. Per loro gran parte dell’Ucraina, oltre a un cuscinetto, é banalmente terra russa, la loro patria. Non se ne andranno. Tuttavia, in un’ orgia di crassa e a tratti persino ridicola ignoranza in “Occidente” si affiancano “Arcipelago Gulag” con la resistenza ucraina o con gli orrori di Bucha, Solzhenitsyn con Zelenskyy, ma il premio Nobel per la letteratura si sarebbe comportato esattamente come Platov/ Putin. Forse addirittura peggio. Solo la superficialitá occidentale fa credere, seriamente, a milioni di persone che i vari Solzhenitsyn fossero contro l’impero russo, mentre erano solo contrari al comunismo e all’internazionalismo. Questa guerra é da ascrivere proprio a quel nazionalismo, a quella idea di patria. Altro che al comunismo e all’ottobre. Ecco perché il nuovo Zar nel discorso alla nazione lo scorso febbraio ha potuto tranquillamente criticare un Lenin, ma non potrá mai permettersi di farlo con le idee di un Solzhenitsyn o col mito di Pietro il grande. L’internazionalismo non esiste, anzi é odiato, resiste soltanto un cieco e folle nazionalismo in salsa russa. Siamo nella tradizione dei Solzhenitsyn, non del bolscevismo. Di conseguenza i 2 obiettivi principali (quello territoriale e di potenza imperiale) sono chiari a tutti i russi e andranno raggunti, pena la fine della stessa Federazione. Sí, anche a costo del muoia Sansone con tutti i filistei. Uno scenario che, tuttavia, quasi certamente non avverrá perché la situazione é in mano agli apparati e non alla politica. Forse stavolta é un bene.

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