NOMEN OMEN: LA TAC PER IL GATTO DELLA SENATRICE!

LA TERRA DEI CACHI: QUANDO IL POTERE ABUSA DEL BENE PUBBLICO

Antonio Loiacono

In un Paese dove le liste d’attesa per una semplice risonanza magnetica possono trasformarsi in una sentenza di sofferenza, dove pazienti oncologici e cronici aspettano mesi per esami diagnostici essenziali, la notizia che la Senatrice Nicoletta Spelgatti -non poteva chiamarsi altrimenti- (Lega Salvini Premier) abbia utilizzato la TAC di un ospedale pubblico per la sua gattina ferita ha il sapore amaro di una beffa!

Non è solo una questione di etica o di morale: è l’ennesimo episodio che dimostra come in Italia esista una sanità a due velocità, una per i cittadini comuni ed una riservata a chi detiene il potere.

La scena è quasi surreale, se non fosse tragicamente reale: in Valle d’Aosta, mentre pazienti in condizioni gravi attendono settimane, se non mesi, per un esame diagnostico che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte, una senatrice e suo marito ottengono l’uso immediato di una TAC non per una persona, ma per il loro animale domestico. E non si tratta di una struttura privata, ma di un ospedale pubblico, finanziato con i soldi dei contribuenti, compresi quelli dei malati in attesa di una diagnosi salvavita.

Non è questione di insensibilità verso gli animali – chiunque abbia un animale domestico sa quanto possa essere importante nella vita di una famiglia –

Il punto è un altro: il problema sta nell’abuso di un bene pubblico, in un sistema sanitario dove la disparità di trattamento si fa ogni giorno più evidente. Un gatto che salta la fila davanti a un malato oncologico? È la fotografia cruda di un Paese che ha perso il senso delle priorità.

Come cantava Elio e le Storie Tese, “siamo la terra dei cachi”, e questa vicenda sembra confermare quella satira amara più che mai attuale. In un’Italia dove ogni giorno si lotta contro la burocrazia, l’inefficienza e la mancanza di risorse nella sanità pubblica, c’è sempre qualcuno che riesce a saltare la fila, a superare gli ostacoli, non grazie al merito o all’urgenza medica, ma per il semplice fatto di essere “qualcuno”.

Il problema non è solo la Senatrice Spelgatti. Il vero dramma è il sistema di complicità silenziosa che permette queste cose. Chi ha autorizzato l’uso della macchina diagnostica? Chi ha ritenuto che fosse normale bypassare ogni procedura? Il potere politico si nutre anche di chi, nel silenzio, acconsente.

Non si tratta di chiedere le dimissioni per uno scandalo che, come tanti, verrà dimenticato dopo qualche giorno di indignazione social. Si tratta di un principio fondamentale: il rispetto per il bene pubblico. Perché quella TAC non appartiene ad una senatrice, né ad un primario compiacente: appartiene ai cittadini, a chi ogni giorno fa i conti con le carenze di un sistema sanitario pubblico sempre più fragile.

Chiediamo giustizia non per una vendetta mediatica, ma perché questa vicenda rappresenta un simbolo di tutto ciò che non funziona. Non è una questione di gatti o di senatori: è una questione di diritti e di dignità.

Se questa storia vi fa sorridere per l’assurdità, ricordate che dietro ogni ora sprecata di una macchina diagnostica c’è una persona che aspetta. Forse un malato oncologico, forse un paziente cardiopatico, forse qualcuno che non ha il “numero giusto” in rubrica.

In un’Italia normale, questa vicenda non sarebbe mai successa. In un’Italia giusta, ci sarebbero conseguenze.

Ma questa è l’Italia di oggi.

La “terra dei cachi”, appunto!

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