La storia di Luisa…

La storia di Luisa salita alle cronache mediatiche da qualche settimana fa riflettere sul doloroso e delicato tema della violenza ai danni delle donne.

La giovane di Belluno all’età di venticinque anni si rivolge al tribunale per conoscere le generalità di sua madre.

Lei é stata abbandonata neonata nell’ospedale di Montebelluna nel marzo del 1988. Dopo due mesi viene adottata da una famiglia con cui attualmente vive.

Coltiva lungo tutta la sua vita un sogno. Quello di conoscere finalmente la sua madre naturale, nonostante oggi non le manca assolutamente nulla.

Si rivolge anche alla nota trasmissione Chi l’ha visto?

Riceve nei giorni scorsi una lettera anonima che le spezza terribilmente il cuore.

“Non ho scelto di averti per me sei la ferita più dolorosa. Ti prego di rispettare la mia privacy, non voglio che la mia storia venga sbandierata”.

Il colpo per Luisa é stato durissimo. Nonostante oggi sia una donna di ventinove anni, e quindi non più una bambina, non é facile incassare il rifiuto.

A Luisa suona altrettanto dolorosamente un ulteriore passaggio della lettera: “vedo altro . . . in quei maledetti occhi azzurri“.

Certo Luisa non ha colpe. Non mi sento, e credo nessuno possa sentirsi, in grado di giudicare la mamma naturale e il conseguente rifiuto a incontrarla.

Sicuramente, infatti, solo chi ha attraversato un tale dramma ritengo possa esprimersi. Rispondere al perché di quell’iniziale abbandono non é cosa semplice e per tutti.

Sarei del parere di astenersi da ogni riflessione. Lascerebbe il tempo che corre a solo vantaggio di un protagonismo del tutto gratuito da parte dei singoli.

Occorre, ovviamente, rispettare le volontà altrui. Cosa mai semplice. Le ferite restano e segnano per la vita, come nel caso della mamma di Luisa.

Nicola Campoli

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