Il treno che non svelò Enrico

Quella volta successe qualcosa che la destò

Di solito Anna non dava molta confidenza alle persone che incontrava in treno. I suoi erano abituali e stancanti viaggi verso casa. Avevano una scadenza fissa. Natale, Pasqua e Ferragosto.

Mai nessuno fuori data. Lo spirito con cui li affrontava era sempre positivo. In fondo, raggiungeva i suoi affetti più cari.

Siamo negli anni cinquanta. Quando il progresso del dopoguerra si diffuse lungo la penisola. Principalmente nel Nord Italia. Dove le industrie ripresero in fretta mercato, dopo la drammatica pausa della guerra.

Anna era molto giovane. Nel suo piccolo paese della Calabria era tra le ragazze più emancipate. Concluso il suo ciclo di studi tecnici superiori, che era una rarità, volle in modo deciso cercare lavoro al Nord.

Per i suoi genitori, mai usciti dai confini calabresi, fu qualcosa di inaccettabile. Tuttavia non riuscirono a osteggiarla nella decisione. Forte fu la volontà di Anna.

Era inverno. Si era prossimi al Natale e Anna affrontò come suo solito il viaggio verso il profondo Sud. Aveva lasciato la sua terra in agosto con il sole e adesso l’avrebbe ritrovata in compagnia della neve. Il suo paesino era molto in montagna. Pochi abitanti di cui molti anziani.

Quella volta però successe qualcosa che la destò e che le lasciò un segno indelebile che si portò dietro per parecchio tempo.

Una volta partita si trovò di fronte un giovane ragazzo. Aveva forse la sua età. Parlava stranamente non un dialetto meridionale. Infatti, su quei treni in gran parte c’era gente del Sud che raggiungeva i propri familiari.

Dopo alcune ore, come spesso le capitava, con uno stupido motivo il giovane si fece avanti. Le offrì del torrone con le nocciole. Anna non riuscì a resistere. Era il suo preferito. Quello mandorlato che si era soliti mangiare durante il periodo delle festività dei morti.

“Prendine un poco. É troppo per me”, la invitò il giovane ragazzo. Un tipo molto serio. Garbato. Socievole. Con una voce calda e penetrante.

Anna non se lo fece dire due volte. “Grazie. Lo prendo volentieri. Ne vado matta”, subito replicò.

Da quel momento Anna non seppe resistere. Il solito muro che ergeva nei confronti delle persone che incontrava, quella volta non ne fu capace. La sua riservatezza si sciolse in pochi attimi.

Si accorse che qualcosa l’aveva colpita. Quel ragazzo di bel aspetto, però, nascondeva un’anima diversa. Dolce.

Il suono della voce andava oltre. Non era di quelle solite. Nello scompartimento ormai silenzioso si sentiva esclusivamente il loro chiacchiericcio.

Quel viaggio passò in fretta senza che Anna si accorgesse minimamente delle stazioni incontrate. Lei teneva sempre a memoria le fermate, un modo per capire se il treno non fosse in ritardo. Quella volta tutto ciò non successe.

La conversazione spaziò su più punti. Mentre parlava Anna capì che quel giovane, di nome Enrico, non era come tanti. Lui aveva una marcia in più. Rilevava una personalità stabile e determinata. Un uomo fatto. Di quelli che le donne normalmente vengono colpite per come si comportano. Per l’educazione e rispetto che hanno verso l’altro sesso.

La stazione dove Anna doveva scendere, dopo ben dodici ore di viaggio, era prossima. Quell’incontro ormai volgeva al termine e Anna non lo avrebbe mai voluto. Dire basta li su due piedi le faceva fatica. L’atmosfera tra i due celava qualcosa di non detto. E Anna ne ebbe consapevolezza, ma non la forza per svelarlo.

Per un attimo pensò di non scendere. Ma non ne ebbe la forza. E poi Enrico non le dette la possibilità. Volutamente si mostrò all’improvviso distaccato. Timoroso dell’eventuale scelta di Anna.

Una volta che il treno si fermò si salutarono in fretta. Non si regalarono alcunché minima possibilità di rincontrarsi. Svanì tutto velocemente come poi forse Enrico volle.

Ma chi era Enrico? Perché non si dichiarò?

Non lo sappiamo, non ne abbiamo la minima idea, eppure una cosa é certa: Anna lo avrebbe voluto capire.

Nicola Campoli

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