Lo ammettiamo: quando pensiamo di aver visto tutto, il TAR Calabria riesce sempre a stupirci per fantasia ed audacia. Per chi non conoscesse i capolavori del passato, ricordiamo che qualche mese fa il TAR sentenziò che la strada che conduce alla discarica di Scala Coeli è a norma senza essere a norma. Proprio così: la strada non rispetta le normative di sicurezza, non è percorribile, non rispetta le prescrizioni dell’AIA, è disseminata di lavori abusivi ma secondo il TAR, visto che la maggiorparte delle altre strade calabresi non sono a norma, allora anche questa va bene così. Non è uno scherzo, ma un magnifico esempio di letteratura fantasy applicata alla giurisprudenza che sarebbe da best-seller se non influenzasse la vita di migliaia di cittadini. Qualora qualcuno ancora si stupisse se in Calabria crollano i ponti o franano le strade, stia tranquillo, è tutto legale: in fondo franano tutte. Eppure nell’ultima sentenza, quella del 22 Maggio, la prima sezione del TAR Calabria ha superato se stessa. In relazione ad un ricorso dell’azienda proprietaria della discarica contro la Regione la quale, su richiesta degli agricoltori della zona, aveva sospeso l’autorizzazione dell’impianto, i giudici hanno deciso di accogliere la richiesta della ditta. Tutto a posto, sono gli uffici della Regione che avrebbero esercitato un eccesso di potere. Peccato che le richieste degli agricoltori non si basavano, come suole fare il TAR, sulla fantascienza, ma su un parere del Consiglio di Stato, datato Aprile 2014, il quale recita, senza mezzi termini, che la discarica non può andare in funzione in quanto viola le norme di tutela dell’agricoltura di qualità. Il TAR, invece, finge che questo parere non esista, finge che non esista il DOC ed il DOP dove qualcuno ha deciso di fare una discarica di rifiuti speciali, come da anni sembra fingere di non conoscere le prescrizioni AIA e persino il codice della strada. La cosa più esilarante è che i giudici amministrativi, in questa vicenda lunga ormai molti anni, hanno sistematicamente dato manforte agli uffici del Dipartimento Ambiente ogni qual volta questi condonavano le irregolarità della discarica ignorando le norme, ivi comprese quelle sulle colture di qualità. Le uniche volte che questa istituzione della Repubblica è intervenuta lo ha fatto per sospendere o annullare provvedimenti amministrativi, dei comuni o della regione, che intralciavano l’azienda privata e l’apertura di questa pseudo-discarica. Non solo, nella sentenza 580 del 22 Maggio il TAR dimostra, di fatto, di non sapere neanche di cosa si stia parlando, definendo in fase avanzata di avvio dello smaltimento una discarica ferma da anni senza che fossero stati mai avviati i conferimenti, formalmente e sostanzialmente irraggiungibile tra fiumare e lavori abusivi. A questo punto c’è una verità statistica: a prescindere da quali siano le argomentazioni di merito, gli speculatori della monnezza calabra, per ogni impedimento prodotto dalla società civile o persino dalle istituzioni democratiche, possono con tranquillità rivolgersi al TAR per vedersi riconosciuta sistematicamente la ragione. Ripetiamo, si tratta di statistica e non di una nostra modesta quanto parziale opinione. In Calabria è come se non fosse mai esistita una commissione parlamentare d’inchiesta che ha definito il ciclo dei rifiuti come un sistema di potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi, che ha parlato di impunibilità di soggetti pubblici e privati, di collusione delle procure della repubblica: ancora oggi siamo costretti a combattere non solo contro istituzioni politiche censurabili, ma sempre più spesso contro istituzioni giudiziarie le quali, piuttosto di reprimere i sistematici abusi e l’anarchia dei conferimenti e delle autorizzazioni, sono sistematicamente parziali, sorde, profondamente inadeguate. È assolutamente necessario che gli organismi di controllo intervengano con decisione ed in profondità nelle istituzioni giudiziarie calabresi tentando di raddrizzare i guasti inauditi prodotti negli ultimi anni, guasti che i calabresi e questo territorio stanno pagando amaramente sia in termini sanitari che economici. Per quanto riguarda la discarica di Scala Coeli, lo abbiamo detto e lo ripetiamo: si tratta di una discarica irregolare da decine di punti di vista, che ha visto un iter autorizzativo indecente e ridicolo e che deve essere soltanto demolita per restituire alle comunità dello ionio cosentino il valore inestimabile di quel luogo ed il minimo di sicurezza sanitaria che ancora esiste. Non permetteremo che si consumino altri abusi e disastri sul nostro territorio. Il fatto che alcune pseudo-istituzioni si dimostrino incapaci di tutelare gli interessi delle comunità e di far rispettare le normative, rende la nostra azione civile ancor più importante, necessaria e decisa. Rete per la Difesa del Territorio Franco Nisticò
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