È tornato “Il grande fratello”

È ricominciato il programma più inutile eppure seguitissimo della storia della televisione, “Il grande fratello” che, oltre ad essere un insulto alla memoria di George Orwell e al suo “1984”, è anche, proprio a causa del suo sèguito, motivo di grande curiosità sociologica e antropologica.

Anche chi, come me, di programmi di questo genere non ha mai avuto la curiosità di seguire nemmeno un solo secondo, sa comunque bene come essi funzionano: un gruppo di individui dei due sessi, di estrazione sociale generalmente medio-bassa, quando non basso-bassa, se ne sta per un certo periodo di tempo isolato in una struttura che non consente loro contatti con il mondo esterno, che però mediante telecamere collocate in ogni dove può seguire a suo piacimento ogni gesto, ogni parola e ogni interazione fra i suoi ospiti e periodicamente ne espelle alcuni finché non ne resta che uno solo, o una sola, che viene proclamato vincitore o vincitrice. Quest’anno, a condurre in studio il programma, è stata chiamata la regina del live-trash (immondizia dal vivo, per chi avesse scarsa dimestichezza con l’inglese) Mediaset, Barbara D’Urso.

Stando alle cronache, che a siffatte esibizioni dedicano un’immeritata attenzione, gli eventi più rimarchevoli che si verificano fra le mura di quella struttura riguardano l’insorgere di relazioni personali fra gli ospiti, che a volte sfociano in scambi di insulti e altre in fugaci e non celati scambi di effusioni. Le conversazioni sono, sempre stando alle cronache, di un livello analogo a quello che si può rilevare in una sala da barba o da una parrucchiera, ricche di aria fritta e perentorie sicurezze su argomenti di disarmante fatuità, condite di grevi interiezioni dialettali e di totale indifferenza verso grammatica, sintassi e logica della lingua italiana.

Sorge inevitabile, a questo punto, il quesito: perché?

Perché, pur essendo accertate l’inutilità, la stupidità, la volgarità e la mortale monotonia di programmi come questo, così tanti spettatori televisivi indugiano a seguirli? E perché questi spettatori si ritengono in diritto di ritenere che gli altri, quelli che “Il grande fratello” (come “l’isola dei famosi” e altri consimili programmi) non solo non lo seguono, ma osano criticarlo, siano spocchiosi, presuntuosi, saccenti, arroganti e, dulcis in fundo, perfino bugiardi?

Quest’ultima accusa nasce dalla presunzione che i critici, in realtà, il programma lo guardino pur se se ne dicono schifati, comportandosi un po’ come il vecchio professore di Fabrizio Da Andrè che in un certo portone va cercando quella che di giorno chiama con disprezzo “pubblica moglie” ma che poi, di notte, stabilisce il prezzo alle sue voglie.

Per quanto mi riguarda, posso serenamente smentire questa presunzione: quel che so dei cosiddetti “reality show” lo so per inevitabile acquisizione attraverso i giornali e conversazioni percepite occasionalmente durante code in uffici postali, soste in sale d’attesa e, purtroppo, incontri con conoscenti che si dimostrano interessati a seguirli.

Io no: mi confermo spocchioso, presuntuoso, saccente e arrogante, ma bugiardo no: di “grandi fratelli” e “isole dei famosi”, sul mio televisore, non è mai passato nemmeno un fotogramma, e non esito a dichiarare la mia contrarietà e insofferenza verso programmi del genere. Inevitabilmente alcuni, di fronte alle mie affermazioni, si irritano, si offendono e, come si dice oggi, “mi bannano”.

Potete immaginare,  miei ventiquattro pazienti lettori, quanto questo mi ferisca e mi addolori!

Giuseppe Riccardo Festa

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