Codice civile e preti incivili

Certo che la Chiesa deve essere proprio messa male.

Un tempo i seminari traboccavano di seminaristi che al liceo classico studiavano filosofia, greco e latino e finito il liceo si laureavano in teologia. Le curie, fra tanti virgulti, avevano agio di scegliere i possessori delle migliori capacità diplomatiche e retoriche ai quali, dopo la consacrazione sacerdotale, affidavano le parrocchie più importanti come ad esempio, a Macerata, quella del santuario dell’Immacolata; erano loro, in seguito, a diventare monsignori, vicari del vescovo, poi vescovi e infine cardinali.

Ma la Chiesa è messa male.

I seminari sono vuoti e molte parrocchie sono gestite da preti d’importazione. Quanto alla sempre più sparuta fauna – pardon – al sempre più sparuto clero locale, la gerarchia deve accontentarsi del poco materiale disponibile, le cui doti retoriche fanno passare per un fine dicitore l’ignorantissimo Lorenzo inventato da Corrado Guzzanti e rimpiangere i suoi maddecheaò.

Uno pensa: vabbè, non saranno dei fini dicitori, ma in fondo quel che conta è il messaggio. Ma proprio qui la Chiesa si dimostra messa anche peggio.

È oramai virale, ed è riportata da tutta la stampa nazionale, l’omelia di don Andrea Leonesi, parroco appunto del santuario dell’Immacolata di Macerata e vicario del vescovo della locale diocesi, che esprimendosi con un linguaggio a dir poco imbarazzante fatto di frasi sconnesse e spezzate, di interiezioni, di pause e di incertezze, è riuscito a dimostrarsi portatore di un messaggio che farebbe arrossire il più reazionario e illiberale dei pontefici, ad esempio il defunto papa Giovanni Paolo II e perfino il famigerato inquisitore Torquemada.

Dopo aver lodato il governo polacco per la legge che di fatto priva le donne di quel Paese di ogni libertà di scelta in materia di aborto (e questo si può capire, data la posizione della Chiesa in materia), il gorgogliante prelato ha pensato bene di auspicare che proprio dalla Polonia inizi “la rinascita del regno di Dio” e di paragonare l’aborto alla pedofilia, definendo con convinzione il primo un peccato più grave del secondo. Un mio conoscente ha commentato questo paragone privo di senso dicendo: “E certo, se ci sono meno bambini, per certa gente è più difficile fare peccati di pedofilia”.

Ma don Andrea Leonesi non aveva mica finito di avvalersi del suo zoppicante eloquio per esprimere il suo ben poco illuminato pensiero: non pago, ha invitato le mogli a sottomettersi ai mariti, a riconoscersi insomma a loro inferiori, citando Paolo di Tarso ma dimenticando il Codice civile che sancisce la parità fra i coniugi e che (evidentemente con riserva mentale) è tenuto per legge a citare ogni volta che celebra un matrimonio.

Dulcis in fundo, il vicario vescovile non si è fatto mancare un attacco alle unioni fra omosessuali.

Eh, sì: la Chiesa deve essere proprio messa male, visto che deve accontentarsi di riempire i suoi ranghi con figuri del genere, lasciando non solo che accedano al sacerdozio e non solo che gestiscano parrocchie e santuari, ma che siano addirittura chiamati al ruolo di vicari del loro vescovo col rischio, prima o poi, di doverli addirittura promuovere vescovi a pieno titolo.

Per carità, la Chiesa è sovrana e padrona del suo campo, e se un tempo ci coltivava fiori e oggi solo rape sono affari suoi. Ma farà bene, la Chiesa, a darsi una regolata, perché rischia di finire anche peggio: i templi già semivuoti diventeranno dei veri deserti se i fedeli che ancora si ostinano a frequentarli dovranno continuare a subire omelie di siffatta natura, elargite da teste di siffatta levatura e, quel che le rende decisamente insopportabili, pronunciate con siffatto stile.

Giuseppe Riccardo Festa.

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