8 Marzo: per molti tutte le donne sono uguali, ma alcune donne sono meno uguali delle altre.

Otto marzo, giornata della Donna.

Il pensiero corre alle immagini che giungono dall’Ucraina e anche io, come quasi tutti, quando vedo quelle immagini sento un groppo salirmi nella gola: volti di donne smarrite, di madri di bambini terrorizzati, di vecchie fragili e rassegnate. Donne, soprattutto, e bambini, perché gli uomini restano a combattere. Volti di gente che scappa da una guerra che, come ogni guerra, è voluta da qualcuno che il mondo lo guarda come un immenso gioco di Risiko e come unico parametro di riferimento ha il potere: chi scatena le guerre, come diceva Gino Strada, si guarda bene dal subirne le conseguenze. Quelle le lascia ai comuni mortali, che ben poco conta se soffrono, se muoiono, se impazziscono.

Non posso non pensare al Raskolnikov di “Delitto e castigo”, il capolavoro di Dostoevskij, che uccide pensando di potersi porre pure lui, come Napoleone, al di sopra delle leggi che governano la vita della gente comune. Ma Raskolnikov non è Napoleone, ha una coscienza da uomo normale; e il rimorso lo divora.

Vladimir Putin, lui, no: non ha e non avrà mai rimorsi perché lui è un uomo di potere e il potere è l’unico parametro di cui si serve per valutare sé stesso, i propri atti e il mondo: il concetto stesso di “rimorso”, per uomini come Vladimir Putin, è privo di qualsiasi senso.

E noi? Noi possiamo dirci esenti da peccato?

L’ondata di solidarietà che sta spingendo tutta l’Europa a correre in soccorso dei profughi Ucraini, quasi tutti donne e bambini, è qualcosa di bello e commovente, oltre che doveroso; ma è in contrasto stridente con l’indifferenza, quando non l’ostilità, che circonda invece gli altri profughi: quelli che viaggiano sui barconi nel Mediterraneo o camminano a piedi nudi nella neve lassù, al confine con l’Ungheria, la Polonia e la Romania.

Cosa c’è di diverso fra chi scappa da una guerra in Afghanistan, in Siria o in Libia, e chi scappa da una guerra in Ucraina? Come mai gli Orban, i Salvini, le Meloni, che gridavano all’invasione e alla sostituzione etnica ad ogni arrivo di disperati da sud, ora vanno a manifestare solidarietà per i disperati che arrivano da est?

Temo di saperlo.

I disperati, agli occhi di molta gente, non sono tutti uguali. Le donne commuovono di più se hanno la pelle candida, i capelli biondi e gli occhi chiari e se piangono tenendo il capo scoperto anziché velato. Per di più, le immagini dall’Ucraina di case sventrate, di incendi, di esplosioni e dei figli stravolti di quelle donne le vediamo ogni giorno. Le altre invece non solo sono nere, coi capelli crespi e quasi tutte musulmane; arrivano qui dal nulla, non hanno il curriculum sicuro che esigiamo da ogni profugo che si rispetti: le loro sofferenze non le vediamo e, noi,  a ciò che non vediamo, ci rifiutiamo di credere.

È bene ricordarlo oggi, otto marzo, per quanto sgradevole possa essere: sono tanti quelli che si commuovono vedendo piangere una ragazza ucraina ma si voltano dall’altra parte se a piangere è una donna siriana, o afghana, o peggio ancora nigeriana, salvo cercarla sotto qualche fanale al bordo di una tangenziale, quella stessa donna nigeriana, quando la libido li induce ad accantonare, ma solo per un po’, il loro razzismo e i loro pregiudizi.

Non sto dicendo che poiché siamo indifferenti alle sofferenze delle africane, delle afghane, delle nigeriane e delle siriane (e dei loro compagni di sventura maschi) dobbiamo esserlo anche alle sofferenze delle ucraine. Sto dicendo il contrario: è giusto, necessario e doveroso correre in soccorso delle vittime della prepotenza di Putin senza indugio, col cuore e il portafoglio in una mano, per offrire il dovuto conforto morale e materiale, e un fazzoletto nell’altra, per asciugare le loro lacrime. Ma non sono meno amare le lacrime dei profughi che hanno la pelle di colore più scuro e pregano un altro dio.

Ogni forma di razzismo è miserabile; ma ostentare il proprio razzismo anche in circostanze come queste, mostrandosi solidali in modo sconciamente selettivo come senza ombra di pudore fanno certi politici nostrani e i loro seguaci, dalla memoria corta e dalla coscienza nulla, è peggio che miserabile: è osceno.

Giuseppe Riccardo Festa

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