
D’accordo: sono parte in causa, perché io pure, anche se un po’ meno del Silvio (per ragioni politiche e finanziarie oltre che anagrafiche), ho come si suol dire un grande avvenire dietro le spalle.
Tuttavia debbo smentire chi insiste ad affermare che i recenti exploit di Berlusconi debbano essere ascritti alla sua ormai veneranda età (l’unica cosa veneranda che possiede, anche se lui tutto fa meno che venerarla).
Intanto, la storia è piena di esempi di persone anziane – ma che dico anziane? Vecchie! – Ma che dico vecchie? Vetuste, che hanno continuato a mostrare non solo lucidità mentale ma addirittura genio e creatività fino all’ultimo respiro: Giuseppe Verdi, per esempio, compose il delizioso Falstaff a ottant’anni suonati; Bertrand Russell andava ai sit-in di protesta contro la bomba atomica a età non inferiore, Schopenhauer ha esibito il suo pessimismo che già aveva settant’anni; e che dire di Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Piero Angela? e l’elenco potrebbe continuare, per giungere alla mitica Elisabetta II che sulla soglia del secolo di età, due giorni prima di lasciare questa valle di lacrime, era in piedi a conferire l’incarico all’infelice Liz Truss.
No, il problema di Silvio Berlusconi non è l’età: il problema di Silvio Berlusconi è Silvio Berlusconi.
Il suo ego ipertrofico e il suo narcisismo patologico gli rendono insostenibile il ruolo di comprimario, vedi poi di comparsa: in questo non è molto diverso dal suo emulo Donald Trump, che se ci pensate esibisce la stessa tronfia certezza di sé, la stessa sincera presunzione di superiorità in stile marchese del Grillo.
Anche il machismo esasperato che lo ha indotto a collezionare – oltre che famiglie tradizionali – anche olgettine, nipoti di Mubarak e igieniste dentali, rientra nello stesso schema: in barba al proverbio napoletano, a Berlusconi piace comandare, certo, ma gli piace anche fottere perché fottere, nella sua psicologia, significa dominare, sovrastare; e anche essere ammirato. Certo, è un’ammirazione a pagamento ma dov’è il problema? pagare significa poter pagare, e quindi si torna sempre là: è una questione di potere.
Ora vedete voi se un tipo del genere può accettare l’idea che a capo di una qualunque organizzazione che lo vede suo membro (nel senso di partecipante, non fraintendete) ci possa essere qualcun altro che non sia lui; e, ancora peggio, che questo qualcun altro sia una donna, ossia quella parte dell’umanità che nella sua psicologia deve sottostare (in tutti i sensi, fraintendete pure).
Dunque gli appunti fotografati al Senato e le voci dal sen fuggite sull’amico Putin (un altro che quanto a ego e narcisismo non scherza) non debbono essere imputati ai prodromi di un qualche rallentamento cerebrale, a una perdita di connessioni neurali attribuibili alla pur avanzata età: no, Silvio Berlusconi è così perché è sempre stato così.
A preoccupare, più che lui, dovrebbe essere la folla dei famuli che giuliva ha applaudito mentre magnificava la bontà, il pacifismo e la santità di Putin e le sue dolcissime letterine: tipici rappresentanti di quella italianità che si dimostra pronta a leccare qualsiasi culo, purché il suo portatore gli prometta panem et circenses.
Ma questo è un altro discorso.
Giuseppe Riccardo Festa
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