PILLOLE DI GEOPOLITICA: ” LA CADUTA DI MARIUPOL’ “

“Mariupol’  è nostra”. Ad annunciarlo è Vladimir Putin in persona, grazie a un pittoresco “teatrino” col suo ministro della difesa.

La presa da parte dei russi della strategica città portuale è senza alcun dubbio l’evento di gran lunga più importante della settimana. Merita un’ analisi.

Per la Federazione la città martire d’ Ucraina è già presa, il costo umano altissimo. L’unica zona ad aver ricevuto il “trattamento” riservato in altre epoche, quando Putin era visto come un uomo forte e rispettabile da chi oggi fa finta di nulla, alla Cecenia e alla Siria. Insomma, Mariupol’ come una novella Aleppo d’ Ucraina: rasa al suolo.

Azovstal, una trappola d’acciaio – Certo, restano asserragliati circa 2.000 soldati (tra la 36° brigata di marina e il celeberrimo battaglione Azov) in quella “fortezza” rappresentata dall’ enorme acciaieria Azovstal , la più grande in Europa. Trattasi di appena 11 Km. quadrati dislocati su 5 piani e dentro una città ridotta in macerie (solo per rendere l’idea basti pensare che la base statunitense di Guantanamo è 100 Km. quadrati in più). Inoltre il leader russo, come un moderno Cesare con Vercingetorige durante l’ assedio di Alesia, sa perfettamente che  impedire agli assediati di uscire equivale a prenderli per fame. E’ uno dei motivi per i quali ha rinunciato a ficcarsi dentro ad un’ infinita serie di cunicoli, estesi per quasi 25 chilometri e tra l’altro ben noti ai russi visto che l’acciaieria è stata creata ai tempi dell’ Unione Sovietica. Tuttavia, c’è un’ altra ragione per la quale Putin si mostra “compassionevole” sia verso il famigerato reggimento Azov e sia verso i militari della marina. Si mostra magnanimo, promette loro di risparmiare la vita e un trattamento umano, non fare distinzioni tra i “nazisti” dell’ Azov e i militari della 36°, perché li userà tutti come un trofeo di guerra e al contempo potrà sbandierare un’ umanità alquanto pelosa. Ancora Cesare contro Vercingetorige, che fu portato forzatamente a Roma, corsi e ricorsi storici. Si ripete, ovviamente in scala ridotta, ciò che avvenne nella primavera del 1945 a Berlino, in una sorta di bunker assediato quelli che i russi considerano i nemici nazisti dell’ oggi possono scegliere tra 2 alternative: il suicidio o la resa. A Berlino sappiamo come andò a finire: Hitler si sparò un colpo in testa proprio per il terrore di essere esibito in una gabbia (parole sue) per le vie di Mosca. A Mariupol’ probabilmente finirà con qualche suicidio, ma forse con una resa che almeno salverà la vita alla maggioranza degli assediati.

Il dado è tratto al Cremlino – Con Mariupol’ e la sua elefantiaca acciaieria Putin aveva 3 scelte, come ha osservato l’ottimo analista Mirko Mussetti su Limes. La prima era distruggere l’intero impianto con l’utilizzo delle potenti bombe anti bunker, una decisione crudele che avrebbe avuto un indubbio vantaggio: liberare le truppe per la battaglia finale del Donbass. Una seconda opzione era quella di assaltare l’acciaieria, ma ovviamente i costi in termini di uomini sarebbero stati pesanti per la Russia, peraltro in una campagna militare già fin troppo pesante dal punto di vista delle perdite. Allora Putin, da buon tattico e pessimo stratega quale è sempre stato, ha scelto la tattica più logica: “Non deve volare una mosca sulla Azovstal” ha ordinato al suo ministro. Un ordine perentorio che equivale a sigillare l’impianto. Ovvio, proprio come Cesare fece nel cuore della Gallia vuol prendere gli assediati per fame. E’ la soluzione più semplice e antica, con un unico svantaggio: deve tenere una parte dei suoi uomini in zona, anziché impiegarli nella battaglia finale. Il dado è comunque tratto e il “Rubicone” della battaglia del Donbass ormai prossimo, come si spera un cessate il fuoco.

Una timida speranza di tregua – In questo ennesimo disastro dell’ umanità, una città ridotta come Aleppo, c’è almeno un piccolo barlume di luce. La Russia ha obiettivi realistici, al di là della propaganda occidentale che assurdamente narra e addirittura discute la fantasiosa ipotesi di un Putin intento a creare un’ altra Urss. E’ un delirio senza senso, ma narrato alle rispettive curve da chi è ben pagato per spaventarle e contemporaneamente eccitarle con la retorica di un ennesimo  Dr. Stranamore. Nel mondo reale il Cremlino dovrebbe accontentarsi di collegare la Crimea alle zone del Donbass e poi finirla lì. Con un unico dilemma: Odessa. Come ormai è uso comune nelle guerre moderne dapprima si conquistano alcuni territori, che diventano così contesi perché non vengono riconosciuti dalla comunità internazionale come zone dell’ aggressore, successivamente diverranno di fatto suoi per la banale ragione che nessuno avrà mai né la forza né la voglia di sottrarre nulla al nuovo status quo.

Non è un caso se i ceceni… – E infatti, conseguentemente a ciò, non è certamente un caso che Putin abbia utilizzato un suo fedelissimo a Mariupol’: il presidente della repubblica cecena Ramzan Kadyrov. E’ un evidente avviso ai naviganti: “Ucraini, prima o poi farete almeno in parte la stessa fine dei ceceni”. Una repubblica ribelle all’ autorità di Mosca, nel tempo che fu, ma oggi un alleato tra i più fedeli e ossequiosi dell’ impero. Anche in quest’ ottica, probabilmente, va letta sia l’immediata dichiarazione di Biden, che ha risposto all’ annuncio della presa della città da parte del Cremlino con un rivelatorio: “Putin non prenderà mai tutta l’ Ucraina”. Certamente no, visto che il canovaccio di sangue purtroppo inizia a dipanarsi e la nebbia della strategia a diradarsi: come già capitato nei secoli questa disgraziata “terra di frontiera” è stata ancora una volta spartita nel cinico gioco tra due imperi.

Marco Toccafondi Barni

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