
Dopo 7 mesi anche i miei figli sono tornati a scuola. Un ritorno sicuramente condito da tanta particolare stranezza e anche pieno di preoccupanti ansie.
Ho letto nei loro occhi ieri sera, al momento della buonanotte, una spiccata gioia e un certo positivo entusiasmo.
A loro, e così come a tanti altri ragazzi e ragazze, la scuola è mancata. Hanno accusato il colpo e hanno provato a riempire un vuoto inaspettato.
Insomma, si sono saputi adattare o meglio riorganizzare in tempo di eccezionale pandemia.
Sono stati bravi i nostri figli. Diligenti e rispettosi. Non c’è nulla assolutamente da rimproverargli.
Non solo i grandi che forse hanno immediatamente compreso la portata del fenomeno, ma specialmente i più piccoli che subito sono riusciti a entrare nella parte dei più avanti d’età.
Adesso con l’apertura delle scuole le conseguenze possono essere ancora più difficili a livello psicologico e sociale.
Devono ritrovare l’attenzione giusta in classe e fare i conti con un modo di relazionarsi completamente nuovo.
Per farlo hanno bisogno di noi genitori. Dobbiamo fargli sentire la nostra solidarietà e, quindi, non solo impartire ordini, dettati esclusivamente ed egoisticamente dalle nostre paure.
Ora inizia per noi e per i nostri ragazzi una nuova fase. Bisogna che sia chiaro che la normalità non è dietro l’angolo. Anzi. Passerà ancora tanto tempo per riconquistarla.
Quello che dobbiamo provare a trasferire ai nostri figli ora che riprendono la vita scolastica e anche la loro socializzazione è che serve resistenza e serietà nei comportamenti.
Perché non augurarci che un giorno i loro figli potranno studiare sui libri di storia lo spirito del 2000 e, quindi, quello dei loro padri!
Un modo di essere all’altezza di un’emergenza unica nel suo genere e nella storia recente.
Nicola Campoli
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