Gli eventi di questi giorni non fanno certo pensare che il prossimo anno sarà sereno e felice, in Italia non più che nel resto del mondo. Il quadro ha tinte più fosche che mai, dominato dalla formidabile e ottusa superficialità di Donald Trump nel decidere di spostare a Gerusalemme l’ambasciata USA senza valutare gli effetti destabilizzanti del suo gesto, cui fa da contrappunto la montata del rigurgito nazi-fascista che sta infettando un po’ tutta l’Europa aggravata, in Italia, dall’esasperante diffusione delle mafie e dalla frequenza dei casi di corruzione e – tanto per non farci mancare nulla – il caos nella politica nazionale, in cui le coalizioni si fanno e si disfano a destra come a sinistra con maggiore rapidità di un cambio d’abito di Brachetti, mentre da Mosca Putin guarda soddisfatto il caos che, fomentato o meno che sia dai suoi hacker, comunque di sicuro fa da sponda alle sue mire imperialistiche.
In questo triste quadro, ancora più tristezza, in casa nostra, mettono certi commenti alle intimidazioni e alle aggressioni fasciste che si stanno moltiplicando: le ultime, dopo il caso triste dell’antisemitismo allo stadio che irrideva Anna Frank, si sono verificate a Como e a Roma, rispettivamente contro un’associazione antirazzista e contro la redazione del quotidiano La Repubblica.
Si tratta di commenti di gente secondo la quale chi si indigna per questi fatti non fa altrettanto se le aggressioni sono “comuniste”, e per legittimarsi cita lo sfascismo di certi centri sociali. D’altra parte prendono esempio da altri che, ai piani alti della politica, sono talmente imbevuti di settarismo da rifiutare di partecipare a una manifestazione antifascista perché ad organizzarla è stato un partito concorrente.
Sarebbe bello se tutti quelli che si dichiarano democratici, quale che sia la matrice politica cui fanno riferimento, condannassero a una voce la violenza e la prevaricazione, senza stare a guardare se siano rosse o nere: significherebbe che hanno chiaro in mente il significato di parole come “libertà” e “democrazia”.
Sarebbe bello, già. Ma queste due parole, purtroppo, oramai, ed altre altrettanto nobili come “onestà”, “coerenza” e “rispetto”, sono come certe formule latine che un tempo si recitavano a messa: tutti le biascicavano appresso al prete, a memoria e per abitudine; ma nessuno sapeva di cosa stava parlando.
Giuseppe Riccardo Festa
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