ARGENTINA, GIORNO DELLA MEMORIA E UN’ ALBA CELESTE

– L’ Argentina non piange più, fortunatamente.  Non “llora”, come si dice da quelle parti, ormai  dal lontano 10 ottobre 1983. Una giornata storica, nella quale si insedia il primo governo democratico dopo gli anni più neri, le ore buie della dittatura militare.

E’ l’esecutivo di  Raúl Alfonsín, il padre della “democrazia albiceleste”, che in quella giornata parlò al popolo volutamente dalla  vecchia sede del governo, il Cabildo, un bellissimo edificio in Plaza del Mayo situato proprio di fronte alla Casa Rosada. Ovvio, lo fece per marcare meglio la differenza con quei militari assassini, che avevano retto le sorti del paese dai primi mesi del 1976 agli ultimi di quel fatidico 1983. E’ il rinascimento argentino che, pur con tutti i suoi problemi, soprattutto di natura economica e finanziaria, continua fino a oggi, ben avvolto nel tepore di un post storicismo in salsa sudamericana.

Un 24 marzo tra chirurgia e macelleria  – Se c’è una frase che chiarisce bene il terrificante periodo dell’ ultima dittatura militare in Argentina è questa: “Quel giorno noi argentini ci aspettavamo dei chirurghi e ci ritrovammo dei macellai”. Avvenne proprio così quel 24 marzo di 46 anni fa. Tutto fu molto diverso rispetto ad un altro grave evento capitato nel confinante Cile poco più di 3 anni prima (l’11 settembre 1973): il golpe contro il governo democratico di Salvador Allende. Bombardamenti e tradimenti avevano condito il colpo di stato in Cile, con un Allende che, alle mancate risposte telefoniche del suo militare di fiducia, Augusto Pinochet, pensò addirittura che i golpisti lo avessero ucciso. La Moneda venne distrutta in quel tragico martedì di metà settembre a Santiago. Invece il golpe in Argentina fu placido, quasi anelato dalla società dell’ epoca poiché annunciato, ma soprattutto sotterraneo, praticamente notturno nel suo strisciare nelle prime ore di quel 24 marzo, per poi apparire con un aspetto sobrio, elegante e soprattutto rassicurante fin dentro la Casa Rosada pochi giorni dopo. E’ il fine settimana successivo, infatti, quando dalla Casa Rosada escono alcuni degli scrittori e degli intellettuali più famosi della storia argentina, come Borges e addirittura il comunista Ernesto Sabato. Hanno pranzato col generale e ci sono soltanto parole di elogio per lui. Viene descritto come un uomo colto, gentile, addirittura modesto e interessato solo al bene del suo paese. Anche la cosiddetta stampa libera, dal Washington Post al francese Le Monde fino ai quotidiani della allora Germania Ovest, titolano più o meno così: “La grande maggioranza degli argentini pregava perché le forze armate prendessero il potere”. Era vero, il risultato finale fu un genocidio. I macellai, appunto.

Il “Kissinger” del pistoiese e la P2 – Montale è una tranquilla cittadina, un piccolo comune in provincia di Pistoia. Si trova a pochi chilometri da dove sto scrivendo. Sarebbe noto, anche se ovviamente in pochi amano ricordarlo, per essere la città natale di Licio Gelli, che oggi è conosciuto da tutti per essere stato il capo della Propaganda 2, più nota come P2. All’ epoca, nella prima metà degli anni’ 70, era quasi sconosciuto in Italia. Ma non in Argentina, dove un Peron appena tornato in patria lo considerava una sorta di Harry Kissinger. Ne dà testimonianza sicuramente un personaggio non avverso, Giulio Andreotti, che racconta come vide Gelli, che lui conosceva come il resposabile di una ditta di materassi italiana (la Permaflex), durante una cena dopo un’ attesa visita di stato in Argentina. A tavola c’erano soltanto lui, la seconda moglie del generale, Isabelita, e Peron, che sembrava particolarmente devoto a quel signore toscano. Senz’ altro Gelli, la massoneria e la P2 ebbero un ruolo importante in quanto avvene in Argentina dopo la morte di Peron e durante gli anni di governo della sua seconda moglie, Isabelita, che pagherà per sempre il paragone impietoso con l’immortale mito di Evita, fino a essere di fatto esclusa con la forza e sostituita dal generale Videla in quel marzo di tanti anni fa. Anche il generale Massera, uno degli esponenti di vertice della dittatura militare, era iscritto alla P2.

Siam 3 piccoli dittator di particolare atrocità – L’ ultima dittatura militare conoscerà 3 diversi periodi. Il primo, quello  di Videla  forse è il più cruento,  sicuramente il più lungo. Si fanno fuori tutti, perché qualsiasi scontro viene considerato sovversivo, anche quelli tra genitorio e figli. Infatti succede qualcosa che, come unicità, ricorda ciò che è incredibile e irripetibile: l’ Olocausto. E’ una sorta di “Olocausto argentino”, in quanto anche se non viene sottolineato è l’unico caso di atrocità che puo’ essere quasi paragonato all’ orrore della Shoah: usare le donne come incubatrici, per poi gettarle nel Rio de la Plata, prendere i neonati e convertirli all’ ideologia delal Giunta, all’ anticomunismo. Il tutto commessa dagli aguzzini dei genitori biologici. Donne come incubatrici umane insomma, tremenda particolarità che ha solo questa terrificante e diabolica dittatura, solo ad essa puo’ essere ascritta nella storia contemporanea. Il periodo di Videla, che dura fino al 1979, è senz’altro quello più pesante per gli oppositori, tanto che il vero Kissinger, non quello di Montale, subodurando l’arrivo di Jimmy Carter alla Casa Bianca dice testualmente ai generali: “Se dovete uccidere fatelo velocemente ora, che il clima da noi sta cambiando”.

Carter e i mondiali, la prova di come leader e democrazia contano poco – Effettivamente, come aveva previsto l’esperto Kissinger, Carter arrivò alla Casa Bianca, ma per i poveri argentini cambiò poco, perché a dare una prima svolta furono i mondiali del 1978.  Intendiamoci, Carter è stato probabilmente il miglior presidente Usa, ma nemmeno con tutta la sua buona volontà (che ci fu) l’ex venditore di noccioline riuscì a fermare le tattiche anticomuniste degli apparati statali Usa, che con i militari argentini e il Piano Condor prevedevano ogni nefandezza possibile pur di non vedere un solo germoglio socialisteggiante crescere nel cortile di casa. Quindi non fu tanto la nuova amministrazione democratica, giunta al 1660 Pennsylvania dopo lo scandalo del Watergate, ma i mondiali di calcio del 1978 a far conoscere l’ orrore al mondo. Un evento che i generali non volevano, Videla amava il basket e tra l’altro il simbolo del Mundial rappresentava il saluto tipico di Juan Domingo Peron, non particolarmente amato dai militari al potere nell’ Argentina a cavallo tra i ’70 e gli ’80 dello scorso secolo). Tuttavia  dovettero fare buon viso a cattivo gioco per non subire penali eccessive da sponsor e dal circo che gira intorno a questi eventi. In parte fu un errore fatale, perché alcune donne un giovedì avevano iniziato a girare intorno alla Casa Rosada con un fazzoletto in testa, che rappresentava i pannolini dei figli o dei nipoti scomparsi, contattarono alcuni giornalisti sportivi presenti in città per seguire i mondiali. Si infrange il muro del silenzio che aveva retto fino a quel momento, qualcosa comincia a scricchiolare nella coltre di fumo che oscura gli occhi, troppo spesso volutamente socchiusi, dell’ Occidente sulle schifezze perpetrate in Sudamerica in quel periodo (basti solo ricordare i vergognosi resoconti edulcorati da Italo Cucci sul “Guerrin Sportivo”, dove si descriveva una situazione di normalità a Buenos Aires e ci si sperticava in elogi verso il governo dei militari).

Dalla dittatura alla democrazia – Tutti questi fattori, aggiunti soprattutto alla scellerata politica economica di Martinèz de Hoz, ministro dell’ economia di Videla, porteranno al logoramento  di quest’ultimo, che infatti si dimette il 29 marzo del 1981, esattamente 5 anni dopo il golpe che lo mandò alla Casa Rosada. Lo sostituirà un altro generale: Roberto Viola.  Egli farà immediatamente saltare la testa di De Hoz, perché il peso è oramai svalutato di oltre il 30%, tra speculazione e inflazione, croce e delizia del popolo argentino, ma durerà poco lo stesso. E’  troppo debole, ha molti nemici ai vertici dell’ esercito e soprattutto si è messo in testa di dialogare con i sindacati e con alcuni capi dei partiti politici. Come si dice non mangerà il panettone, sarà sostituito in dicembre. E’ il momento di Leopoldo Fortunato Galtieri, un militare più dedito agli alcolici che alla disciplina militare, ma ritenuto un uomo forte e soprattutto utile per i rapporto con Washington, considerato che è un ottimo amico di Ronald Reagan, il nuovo inquilino della Casa Bianca, che ha appena sostituito il tiepido  Jimmy Carter. Galtieri entra alla Casa Rosada e quasi subito, il 2 aprile 1982, gioca la carta sempre verde del patriottismo. Al fine di recuperare consensi dà il via alla cosiddetta “operazione Vergine del Rosario”. E’ l’invasione di quelle isole, nel mar Atlantico  meridionale, che ancora oggi gli inglesi chiamano Falkland e gli argentini Malvinas. In tutta l’Argentina vibrano le corde del nazionalismo e nelle piazze si plaude al presidente – dittatore che ha restituito isole e orgoglio al paese in un colpo solo. Ma è solo una fase, apparenza, perché in men che non si dica l’amico alla Casa Bianca lo delude, schierandosi automaticamente con la Gran Bretagna, un alleato storico degli Stati Uniti, mentre la cosiddetta Lady di ferro si dimostra tale e allestisce una spedizione bellica in grado di umiliare gli argentini persino alla “fine del mondo”. Addirittura si vocifera di una telefonata tra la stessa Thatcher e Reagan, durante la quale quest’ ultimo prega l’inquilina al 10 di Downing Street di andarci piano con l’ex amico vista la disparità tra le due marine militari. Il figlio di Galtieri, anni dopo, scriverà un libro sul padre affermando come tutto fu utile per alzare il consenso in patria della stessa lady di ferro, in caduta libera nel 1982. E’ il 14 giugno di quell’ anno quando il generale Mario Benjamìn Menèndez si arrende senza condizioni al generale inglese Moore. E’ la fine di un incubo, finalmente, ma soprattutto il viatico per la cacciata dei militari e la nascita, poco più di un anno dopo, di una “Alba-celeste” che, fortunatamente e pur con tutti i problemi finanziari e legati a un’ inflazione endemica, dura ancora oggi.

Buen dìa de la memoria, Argentina, e 100 di questi giorni.

MARCO TOCCAFONDI BARNI

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