AMERICA D’OGGI (II PUNTATA) “Usa, l’ impero per forza”.

di Marco Toccafondi Barni

Un impero è per sempre – No, non nel senso che non morirà mai, ma che sarà tale appunto fino a quando non morirà. Soprattutto visto trattasi dell’ impero egemone: gli Stati Uniti d’ America. E’ capitato all’ impero romano e a quello britannico, capiterà agli egemoni contemporanei. Il punto è che non avverrà né oggi né domani e forse neppure dopodomani. Probabilmente ci vorranno secoli e nel frattempo il mondo e la storia avranno ancora per parecchio tempo a che fare con la nazione più completa e atipica di sempre, in grado di controllare il pianeta in maniera totalizzante. Domina per intero il continente più importante, la vituperata Europa, ma soprattutto riesce ad irradiare il globo con un soft power talmente potente e sofisticato da riuscire a creare un inedito per l’essere umano: un’ egemonia che non pare esserci, sembra non esistere.

Egemonia in sottofondo – Ad un grado simile è qualcosa di veramente unico  e mai visto sulla terra. E’ quasi come una musica di sottofondo, un ritornello ipnotico che avvolge il pianeta. Assai simile ad una sorta di ipnosi collettiva e alla fine delle fini assimila chiunque: amici, nemici, province, genti ad ogni latitudine del globo. Tanto che perfino il Vietnam, un tempo nemico giurato, oggi si ritrova contento dentro la sfera di influenza statunitense per timore della vicina Cina. Idem per il continente sudamericano, tanto violentato e insanguinato dagli Usa durante il secolo scorso, spesso utile laboratorio per sperimentare ogni fallimentare ricetta economica dei Chicago boys, eppure amaliato dal Soft Power a stelle e strisce, anzi lo è come pochi altri posti. La potenza egemone diffonde una propaganda a tal punto sofisticata da essere anelata e invidiata ovunque e comunque. Si tratta della vera egemonia di un impero mai visto: pare non esserci, però è dappertutto. Da questo stato di cose nasce ogni nostra pulsione o aspirazione quotidiana a ben pensarci: la voglia di successo, i soldi, la carriera e persino gli studi, addirittura un certo tipo d’amore o di amicizia, lo stesso stile di vita e il modo di pensare.  E’ quella che personalmente ho battezzato  “la Netflix  Life”,  un’ esistenza appresa nelle serie tv ambientate quasi sempre nelle due coste: la California e New York. E’ qualcosa costantemente presente nelle vite di noi cosiddetti “occidentali” da farci credere, seriamente, che anche tutti gli altri abitanti della terra non desiderano altro che vivere nell’ impossibile: il nostro post storicismo. Insomma, per noi il fine ultimo della storia è invecchiare sintonizzati su Netflix o Prime. Fuori da ciò che, per sua stessa natura, non soltanto non potrà finire mai, ma che non ha neppure un fine: la Storia. Eppure la propaganda più sofisticata di ogni tempo porta meno di 1 miliardo di persone a credere sinceramente che gli altri 7 nel pianeta desiderano vivere possibilmente fino a 100 anni, non fare figli e quando si fa sera starsene comodamente seduti in poltrona a godersi le serie o quando c’è la partita di pallone.  Il problema, però, è che nel mondo ci sono altri 7 miliardi di individui che non la pensano né vivono così e non è esattamente un dettaglio. Essi non ragionano con i lumi dell’ illuminismo, non sono figli della rivoluzione francese e del suo individualismo, bensì seguono la logica di un’ etnia quando va bene o di una tribù quando va un po’ peggio. Si tratta comunque di oltre 7 miliardi di persone, che nel giro di mezzo secolo diventeranno 9, tutta gente che in quel soft power tanto sofisticato e in quelle serie tv, oppure nei dibattiti politologici troppo spesso accompagnati dall’ inevitabile apericena, correttamente ci vedono qualcosa di molto antico e che odiano profondamente: il colonialismo.

Cercasi egemone disperatamente – Ed è proprio su un odio millenario, alimentato da schifezze e da crimini coloniali, che puntano gli imperi rivali dell’ egemone Usa.  E’ su questo che basano la loro sfida attuale, cioè la fine di quello che dalle nostre parti si è unilateralmente chiamato “diritto internazionale”, ma che per quasi tutti i terrestri è solo il diritto statunitense. Eppure né l’antagonista principale, quella Cina alimentata fin dal novembre 2001 proprio dagli stessi statunitensi grazie al loro deficit commerciale, né la Russia, né l’ Iran né infine l’infido “alleato” turco riusciranno a spodestare gli Stati Uniti dal trono dell’ egemonia. Già, per fortuna o purtroppo, il trono del mondo per il momento resterà di stelle e strisce vestito e la ragione è la più banale di tutte: il peso dell’ egemonia è quasi impossibile da sostenere. Nasce il cuore del problema.

Domestico è il problema finale – Tutto quello che negli ultimi anni è stato scambiato come un inevitabile tramonto dell’ impero americano nella realtà dei fatti è solo una sorta di “effetto farfalla”, la logica conseguenza di una spaccatura tutta interna all’ egemone che,  tuttavia, finisce per riversarsi sul resto del mondo. E’ anche logico trattadosi dell’ unica potenza egemone. Il punto, infatti, è chi diamine debba accollarsi il peso dell’ egemonia globale. Ad oggi, dopo quasi un quarto di secolo dall’ entrata della Cina nell’ Organizzazione del  commercio mondiale, il cerino in mano è rimasto soprattutto agli stati del cosiddetto Mid West statunitense: la Detroit non c’è più ormai da decenni e il Mid West sta con le pezze al culo, mentre in California fanno surf e girano popolari serie tv, in quel di  New York si dedicano a giocare in borsa dalle parti di Wall Street. Tutto ciò fa ovviamente imbufalire le genti del Mid West, perché naturalmente anche costoro anelano una vita stile Netflix e il post storicismo diffuso insieme a benessere e sicurezze. Invece devono sopportare il peso e le conseguenze delle strategie imperiali. E’ una condizione da perderci la testa, letteralmente, tanto che come tutti i derelitti al momento l’unica risposta è stata la follia: paradossalmente dare credito e affidarsi a un milionario neyorkese che certamente ha schifo di loro: Donald Trump. E’ qualcosa che la Storia ha già visto altre volte durante il suo  cammino millenario: Trump è Tiberio Gracco ma che, per fama mista ad esibizionismo, promette agli infuriati del Medio Oriente (non geografico) statunitense il ritorno al  benessere del tempo che fu grazie alla giusta punizione sia verso le province amiche conquistate a giro per il mondo (in primo luogo ovviamente la perla dell’ impero europea) sia dei nemici. Sono tutte promesse che né Trump oggi né Tiberio Gracco allora manterranno o hanno mantenuto.  La ragione è la più comprensibile: un impero non puo’  fuggire da se stesso, impossibile abdicare per decisione unilaterale né sparire come per magia; ormai è l’impero egemone è tale dovrà rimanere fino alla fine, che certamente arriverà, però non adesso. Un ricorso della storia che nei prossimi decenni genererà problemi giganteschi in tutto il mondo, ma soprattutto agli Stati Uniti. In oltre due secoli di storia mai così disuniti e condannati ad essere per forza un impero. Per giunta egemone.

La terza puntata di “America d’oggi” : “SUSSURRANDO AL MID WEST”.    

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