Chi ha paura dello “Ius soli”?

Mi viene da pensare a quando, a sei anni, arrivato da pochi mesi a Macerata da Schiavonea, laggiù dalle parti di Corigliano Calabro, mi sentivo prendere in giro per il mio accento e per le mie vocali talmente spalancate che ci sarebbe passato in mezzo un cane con una scopa in bocca.

Adesso ne sorrido ma all’epoca faceva male: con la crudeltà innocente ma feroce dei bambini, i miei compagni di scuola facevano di tutto per sottolineare la mia diversità che per loro equivaleva a un’inferiorità: ero un terrone, e quindi in qualche misura ero meno italiano di loro.

Poi il tempo è passato, l’accento è svanito, ho lavorato dappertutto in Italia e all’estero, e le mie origini geografiche non incuriosivano più nessuno. Solo negli anni aurei della Lega di Bossi mi capitava di affermare con orgoglio di essere nato nella Bassa Terronia Meridionale del Sud, tanto per far capire a certi personaggi col fazzoletto verde al collo che me ne infischiavo di quello che pensavano dei meridionali: sono calabrese e me ne vanto, e c’ho la testa dura e me la sento.

I bambini che, se tutto va bene, fra qualche settimana diventeranno italiani a tutti gli effetti, non hanno nemmeno l’accento diverso da quello dei loro compagni di scuola o di asilo: sono nati qui, qui sono cresciuti e a questo Paese sentono di appartenere.

Le fregole dei contrari a una norma come questa, che applica anche da noi il cosiddetto “ius soli”, per cui sei di un posto se in quel posto ci sei nato, io proprio non le capisco. Che cos’è che gli dà fastidio? Di cosa hanno paura? Qual è il merito che loro hanno, e che a quei ragazzi manca, tale per cui costoro non vogliono saperne di riconoscere in loro degli italiani? È forse merito loro, se il padre e la madre non sono nati da qualche altra parte del mondo?

Un mio amico ha adottato un bambino cinese: quel bambino è automaticamente diventato italiano a tutti gli effetti, come le centinaia di bambini che tanti italiani adottano in tutto il mondo, quale che sia il colore della loro pelle. Che differenza c’è fra il bambino adottato e il bambino nato e cresciuto in Italia da genitori stranieri, o, per dirla tutta, tra i miei figli e i loro compagni di scuola figli di stranieri? E se i coniugi sono uno straniero e l’altro italiano? Stando alla logica dei nemici dello ius soli, i loro figli dovrebbero essereper metà italiani e per metà no.

Fra l’altro, è arcinoto che la natalità italiana è la più bassa del mondo: anche mettendo da parte i ragionamenti di umanità, giustizia e buon senso, e ragionando in termini egoistici, abbiamo bisogno di rinforzare i nostri ranghi. E chi meglio di questi ragazzi, che muoiono dalla voglia di sentirsi italiani, che sventolano la nostra bandiera perché sentono che appartiene anche a loro?

Io, sinceramente, questi pretesi difensori dell’italianità non li capisco.

O forse sì, in realtà li capisco benissimo: chiedetegli perché sono contrari, e per cominciare vi diranno Io non sono razzista, ma…: che è il modo più evidente, lapalissiano e lampante di ammettere che, invece, proprio di razzismo si tratta.

Giuseppe Riccardo Festa

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