
Doveva essere proprio incavolato nero. Anzi, più che incavolato, bisognerebbe usare un’altra parola, che comincia anchessa con inca ma finisce con zzato.
Roberto Vecchioni non ha usato mezzi termini quando ha detto ai siciliani cosa pensa di loro; e naturalmente molti si sono offesi. Sulla forma sono d’accordo anch’io: ci sono mille modi di dire le cose, e lui ha sicuramente scelto il peggiore: a nessuno fa piacere sentirsi dire che la propria regione è un posto di merda (scusate il francesismo, ma si tratta di una citazione letterale).
Solo che Vecchioni non si è limitato a usare quella definizione: ha anche spiegato, e in termini tanto accorati quanto indiscutibili, i motivi per cui l’ha usata e che si riassumono nel problema atavico che opprime sicuramente i siciliani, ma non solo: esso investe anche, con gradazioni più o meno accentuate, tutto il Sud dell’Italia, e fosse solo quello: risalendo la Penisola sintomi evidenti di quel problema si riscontrano un po dappertutto.
Quel problema si chiama disprezzo per le regole; e quando non è disprezzo allora è indifferenza. Le ricadute di questo problema sono terrificanti: è quello, il menefreghismo di ciascuno, l’humus nel quale poi mettono le radici mafie, corruzione, disservizi e affari loschi. Hanno un bel darsi da fare forze dell’Ordine e Magistratura per arrestare latitanti, fiancheggiatori e sostenitori esterni, se poi nessuno fa niente per liberarsi di quel briciolo di mafiosità che ha in sé; se nessuno si scandalizza per gli scooteristi senza casco, per le auto in seconda e terza fila, per le buche per le strade, per i disservizi; se ognuno, appena può, si concede il suo bravo abuso edilizio o si raccomanda a questo o a quello per sistemare il figlio, assicurando in cambio il voto suo e dei parenti, e se, ancora, chi dovrebbe assicurare il funzionamento della cosa pubblica - dal Parlamento giù giù fino allultimo netturbino - si preoccupa prima di tutto dei casi suoi (ho scritto casi: anche qui, più che una s ci vorrebbero due z, ma non voglio cadere in un altro francesismo), e chissenefrega se il treno arriva in ritardo, se l’immondizia si accumula, se la Corte Costituzionale è da oltre un anno in attesa dei tre giudici che il Parlamento dovrebbe nominare.
Una mia cara amica sta viaggiando da Torino, con i suoi due figli adolescenti, per passare qualche giorno con me e mia moglie. Ha prenotato il treno da settimane, convinta che avrebbe viaggiato comodamente fino ad Ancona. E invece si sta facendo il viaggio in piedi, perché per motivi ignoti le FS hanno rimosso dal convoglio la carrozza con i posti da lei prenotati. E dopo due ore dalla partenza, il treno già ne ha mezza di ritardo: nessuno si è degnato di offrire ai viaggiatori uno straccio di spiegazione, men che meno di scuse.
Caro Vecchioni, al di là del linguaggio che hai usato, il problema non è dunque solo siciliano: in Sicilia il problema si manifesta in tutta la sua desolante evidenza ma è l’Italia intera che, come giustamente tu fai notare, ha bisogno di darsi una scossa; e soprattutto è ogni italiano che deve rendersi conto di dover essere egli stesso a farsi un bell’esamino di coscienza e a rendersi motore e promotore di un riscatto, culturale prima ancora che morale. Altrimenti non ci resterà che tirare la catena dello sciacquone.
Giuseppe Riccardo Festa
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