PRUIJA DI TERRAVECCHIA – CENTRO FORTIFICATO BRETTIO III-IV sec. a. C. –

Luogo delle antiche popolazione italiche nel circondario cariatese

di MAURO SANTORO

– SECONDA PARTE –


            Proseguiamo con l’illustrazione della seconda parte della sintesi storiografica riguardante l’antico sito archeologico di Pruija di Terravecchia (frazione di Cariati dal 1808 al 1921).

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Solo la totale acquisizione delle aree interessate e delle campagne di scavi potranno fugare i dubbi e chiarire gli aspetti storici ed archeologici di un sito che, data la sua estensione e l’ubicazione in prossimità del Fiume Nicà, emana un particolare ed antico fascino che si alimenta anche per gli accostamenti che fecero alcuni eruditi, ritenendo l’area di Pruija come il probabile insediamento che si edificò sulle rovine della mitica e grande Chone.

Il francese Lenormant, nell’opera La Magna Grecia, al vol.1°, scrisse che la capitale di questo antico popolo italico, già ai tempi del geografo Strabone era un ricordo, poiché scomparsa da diversi secoli e, perciò, se Cariati era edificata sullo stesso luogo di Chone, osservando però che la posizione di Terravecchia [in realtà Pruija] corrispondeva meglio all’area di solito prescelta per un’acropoli pelasgica.

Di grande interesse è lo studio pubblicato nel 1990 dall’archeologo cariatese Armando Taliano Grasso, dal titolo “Sistema di fortificazioni, controllo e occupazione territoriale nella Sibaritide meridionale in età ellenistica”, estratto da: ”Studi e Materiali di Geografia Storica della Calabria – 2, sui Bretti”. Con specifiche argomentazioni, sostenute da indagini mirate ed eseguite sul territorio, riesce a dimostrare che in epoca brettia esisteva un sistema di difesa territoriale basato sul collegamento visivo di alcuni “Centri Forti (Pruija di Terravecchia – Muraglie di Pietrapaola); mentre l’insediamento di Palumbo di Cariati ne era l’anello di congiunzione come stazione intermedia. Il sito di località Cerasello invece, oltre a ripristinare la comunicazione visiva tra i centri di Muraglie e Castiglione di Paludi, certamente svolgeva, per la sua posizione strategica, anche un ruolo di dominio e controllo del territorio”.

Lo stesso autore, in un articolo apparso sulla rivista locale cariatese Civitas –n°25, novembre dicembre 1997-, così argomentava: “i dati archeologici, infatti, segnalano resti di cinte murarie brettie a Cerasello e a Muraglie di Pietrapaola, a Pruija di Terravecchia ed a Castiglione di Paludi. Queste fortificazioni, tutte poste alla sommità di colline ben individuate e in collegamento visivo con il mare, potrebbero essere identificate con le mura di qualcuno dei centri brettii citati da Livio. …Il centro fortificato di località Pruija è situato su un’altura a più di 400 metri di quota s.l.m., e si colloca in modo tale da controllare la costa e, lungo la vallata del corso del Nicà, l’antico fiume Hilyas. Sicuramente il periodo di decadenza del centro brettio di Pruija inizia già negli ultimi decenni del III secolo a.C. in concomitanza con la guerra annibalica. Ma l’oppidum fu abbandonato, sicuramente nel periodo compreso fra la fine della guerra annibalica e quella sociale e le cause di questo abbandono sono da ricercare nella disattivazione generale, operata dai romani… contro i popoli bretti” (dal greco Βρέττιοι  [Brettion]).

L’attuale sito di Pruija, per poterne garantire la conservazione e l’integrità delle realtà archeologiche emergenti, con decreto del Ministero per Beni Culturali e Ambientali del 2 settembre del 1992, è stato tutelato ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089. Vi sono stati posti due vincoli: uno diretto su tutta la zona compresa nell’emergente cinta muraria e l’altro indiretto, comprendente una fascia di terreno esterno al perimetro della stessa cinta.

Nell’ottobre 1995 l’amministrazione comunale, a seguito di un bando pubblico, approvava un organico progetto d’intervento.   La deliberazione fu adottata dalla giunta comunale il 2 novembre di quell’anno, con il n. 201, l’importo del progetto era stimato in 1,68 miliardi di lire italiane.

Gli elaborati progettuali con la relativa richiesta di finanziamento, inoltrato alla Regione Calabria, ottennero l’approvazione del competente assessorato ai beni culturali ed un finanziamento di un contributo in conto capitale di 300 milioni di lire.

Il 12 luglio 1997, iniziarono i lavori di pulitura della imponente cinta muraria per oltre 500 metri lineari, ma non ancora individuata in tutto il suo effettivo sviluppo. Durante la fase di rimozione della vegetazione alla base delle fondamenta, sul versante sud-est della fortificazione, si rinvenne un canalone ricavato in tutto lo spessore del muro con una base in terracotta. Rappresentava uno scolo per il deflusso delle acque piovane che si accumulavano nella parte soprastante del terreno.

Tale ritrovamento confermò l’accuratezza con cui fu costruita la cinta muraria denotando un’organizzazione urbana ben curata.

Sempre in prossimità del muro, dalla parte interna, è stato trovato un avanzo fittile, appartenente ad una statua, raffigurate il piede destro e parte del polpaccio. Alto circa 10 cm e lungo circa 6 cm di ottima fattura con i dettagli dei muscoli, delle unghie e del malleolo.

(Particolare piede fittile)

Certamente la statua completa campeggiava in un edificio pubblico o in una casa signorile.

Sul lato nord-ovest, inoltre, fu individuata una seconda torre circolare, sempre innestata nel muro di cinta, del diametro esterno di circa 9 metri; posta sulla stessa curva di livello della prima, a quota 402 metri sul livello del mare, coincidente con un punto di avvistamento della costa jonica che si estendeva fino al Golfo di Taranto e parte dei contrafforti silani.

All’interno del perimetro delineato dalla cinta muraria di fortificazione, oltre ad alta concentrazione di frammenti di ceramica acroma, parti di anfore e di dolii ed innumerevoli pezzi di tegole,

(Ansa di terracotta) 

 

si trovarono i resti di un probabile edificio pubblico di forma rettangolare, misura metri 20 di base per 17,80 di lato, per una superficie di 356 metri quadri; l’area interna appare suddivisa in tre parti da due strutture murarie parallele. Nei pressi di questo edificio venne rinvenuto il piede in argilla sopra specificato.

(Particolare fondamenta edificio 20×17,80)

 

Altri tre edifici, sparsi in prossimità del pianoro, risultarono avere le misure rispettivamente: metri 5,30×9,40; metri 9,35×5; metri 6,85×7,50. Sino ad oggi non si è ancora evidenziata la finalità di queste strutture edilizie, il ruolo e la funzione dell’imponente centro fortificato, sia rispetto all’epoca storica in cui fu edificato, sia rispetto al territorio in cui sorse, ai confini delle dominazioni di Sibari e Crotone.

Sarebbe interessante capire il nesso con la monumentale tomba brettia di località Salto, ritrovata nella marina del comune di Cariati alle pendici del declivio collinare su cui campeggia Pruija, oltre che il significato etimologico dell’antico ed originale toponimo.

Su questo ultimo aspetto, in realtà, già si pronunciò il linguista e glottologo tedesco Gerhard Rohlfs. Nel suo testo: Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, cita Pruija come derivante dal greco prwia che significa mattino, per indicare la posizione del sito orientato a levante come una finestra spalancata sui raggi di luce del nuovo giorno che vi si origina.

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A proposito del fiume Nicà, l’antico Hylias, alcuni autori, citando spesso fonti storiche più antiche, nelle loro opere così scrissero dell’Hylias o Ilia: Giuseppe Grimaldi riferiva che “…quando gli Ateniesi, passato in rivista l’esercito presso Sibari, spinsero le loro truppe per la contrada Turiatide, e giunsero al fiume Hylias, i Crotoniati impedirono ad essi il passo. Quindi gli Ateniesi si accamparono su la spiaggia del mare Hylias, come leggesi nel libro 12 di Tucidide”.

Se l’antico Ilias corrisponde all’attuale Fiumenicà, occorre chiarire perché cambiò il nome e quando ciò avvenne. A tal proposito Gian Francesco Pugliese Carratelli nella sua Descrizione ed istorica narrazione di Cirò formulava l’ipotesi che “per le sanguinose e strepitose battaglie ivi combattute…, avvenute tra Sibariti e Crotoniati; tra Turii e Bruzii; tra Bruzi, Turii e Lucani”, quello che ora si dice Fiumenicà ebbe le origini dal volgare latino “Flumen necis, flumen cladis”. Tutto ciò poiché necis significava: uccidere, arrecare la morte, mentre cladis, più genericamente, indicava: rovina, sventura, sconfitta, perciò il toponimo del fiume fu cambiato a ricordo dei gravi e rovinosi scontri armati combattuti in quei lunghi.

Una località in prossimità della sponda sud, nel territorio del comune di Crucoli, ancora oggi viene chiamata a chiana ira lita, cioè il pianoro della battaglia.

Queste circostanze storiche sono da porsi come riferimento al centro fortificato dell’area archeologica di località Pruija, giacché diventa protagonista in questi avvenimenti, sia per la posizione geografica sia per la sua posizione di dominio sull’intero territorio circostante il pianoro su cui fu edificato il centro fortificato. Pruija, infatti, è situato a 415 metri sul livello del mare e dista circa 4 Km in linea d’aria dall’arenile del mare Ionio. Dal pianoro su cui è stata edificata domina anche visivamente il corso di fiume Nicà, dalla foce fino ai confini del territorio della odierna Scala Coeli. Un controllo visivo che si estende sul mare Jonio da Punta Alice e per l’intero golfo di Taranto. A monte, invece, il controllo visivo spazia sulle colline poste tra Umbriatico e fino a Strongoli – Petelia -, mentre da sud-ovest si dominano i rilievi montani della Sila Greca fino a Bocchigliero.

Tenuto conto che le fonti storiche individuano nel fiume Trionto il confine del territorio sibarita e che l’antico Hilias – Nicà, da sempre, ha costituito una naturale linea di confine con il territorio crotoniate, sorgono dei quesiti: Chi delle due pòlis tra Crotone e Sibari esercitava il dominio giuridico e militare sulla vasta area geografica posta tra il Trionto ed il Nicà e che si estendeva fino alla Sila?

Forse, gli accordi tra le due pòlis prevedevano che il territorio citato fosse una zona franca affidata alla giurisdizione ed amministrazione dei popoli italici che abitavano Pruija e Kalasarna/Campana, almeno su questo versante geografico? Consentendo così lo sfruttamento delle merci che dalla Sila venivano portati alla marina lungo il corso dell’Hilias/Nicà?

 

(IL SEGUITO ALLA PUBBLICAZIONE DELLA TERZA PARTE)

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(Tratto da: Mauro Santoro – “Terra Veterj – La comunità Jonica di Terravecchia tra memoria storica e modernità” – Cosenza 2011 – Editoriale Progetto 2000)

 

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