
L’estate del 1982 è ben fissata nella mia mente. Due i ricordi indelebili. Paolo Rossi e i suoi gol spagnoli e la mia fidanzatina dell’epoca.
Era un mondo completamente diverso che si trasformava gradualmente dal bianco e nero a quello a colori.
Vivevo in pieno l’adolescenza, altroché quella dei miei figli tristemente dietro al computer per l’improvvisa pandemia.
Mentre Paolo Rossi diventava l’eroe assoluto per tutti gli italiani, compreso per il sottoscritto, cresceva il mio amore giovanile che scompaginava letteralmente il mio equilibrio.
Tutto, però, era all’oscuro. Non potevamo dichiararlo. Seppure il contesto era dei più affascinanti. Nella magica cornice dell’isola d’Ischia.
Io, allora quindicenne, ebbi modo di vedere le partite della nazionale italiana a casa sua.
Tutti mi facevano da un’altra parte, ma l’amore mi aveva regalato quella forza giusta per andare oltre ogni limite per l’età che avessi.
La location era bellissima con affaccio sul mare. Vivevo qualcosa che sentivo più grande di me.
Gli azzurri andavano avanti spediti e l’appuntamento si ripeteva. C’erano i suoi genitori ed io mischiato tra tanti amici come avveniva un tempo, nutrendo la generosa illusione di confondere le idee.
La speranza, partita dopo partita, era che l’Italia non si fermasse più. Un modo del tutto naturale per incontrare la mia amata di quel tempo.
Si gioiava tanto per i goal. Tutti si abbracciavano tranne me e lei. Non si poteva per niente. Tant’é: quelle erano le regole.
Mi trovai in semifinale con la Polonia, addirittura, nella confusione massima a stringermi a suo padre, quello sconosciuto, al goal del nostro caro mitico Pablito.
Poi arrivò il giorno della finalissima contro la Germania con il nostro “caldo” Sandro Pertini in tribuna.
Altro spettacolo, altra recita. Che accendeva una passione unica e irripetibile. Un gioco di sentimenti che erano imbattibili.
Sempre lontani ai due estremi del salone, perché non dovevamo dare alito ad alcun sospetto.
Poi quando si scoprì, molto,dopo, capimmo che in molti avevano ben compreso del tenero tra noi.
La partita distraeva, ma noi non ci perdevamo un attimo di vista. Il cuore batteva a mille per l’Italia, ma principalmente per il nostro amore. Bello e misterioso.
C’è una immagine che non dimenticherò mai. Rossi che alzava la coppa al cielo ed io che furtivamente l’accarezzavo, sfidando mille possibili sguardi.
In quel momento a vincere il campionato del mondo non erano solo i ventidue azzurri, ma anche io e la mia amata che nascondevamo qualcosa di intimo che ci legava molto di più di quanto le apparenze lasciassero trasparire.
Nicola Campoli
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