ORRORE E STRAZIO NELLA GUERRA: ASSER E AYSSEL, UNA SPERANZA SPEZZATA DALLA VIOLENZA!

Il papà dei gemellini (al centro nella foto) prega vicino ai corpi dei figli

Antonio Loiacono

Asser e Ayssel: si sarebbero dovuti chiamare così i due gemellini di soli quattro giorni, che non hanno avuto la possibilità di vivere, spezzati dalla crudeltà della guerra. Sono rimasti uccisi in un raid israeliano a Gaza, mentre il loro padre era andato a registrare la loro nascita. Un momento che doveva essere di gioia e speranza si è trasformato in una tragedia indicibile, un episodio che ci ricorda la disumanità del conflitto che sta devastando la Striscia di Gaza e tante altre regioni del mondo.

Questa storia, una tra le tante che emergono dal conflitto, rappresenta l’ennesimo strazio proveniente dalla Striscia di Gaza. Ma ormai la nostra indignazione sembra evaporare rapidamente, soffocata dal continuo bombardamento di notizie, dalla violenza che si diffonde su più fronti. Siamo ormai così saturi di immagini di morte e distruzione che rischiamo di perdere di vista l’enormità del massacro dell’umanità a cui stiamo assistendo. Le vite spezzate, i sogni infranti, le famiglie distrutte sono diventati numeri in un bollettino di guerra, privi della dignità e della pietà che ogni vita umana meriterebbe.

Il padre di Asser e Ayssel, Mohamed Abuel-Qomasan, aveva lasciato la sua casa nella parte centrale della Striscia per andare a ritirare il certificato di nascita dei suoi gemelli. Ma quella che doveva essere una breve assenza per formalizzare l’arrivo dei suoi figli si è trasformata in un incubo. Un vicino lo ha chiamato per informarlo che la sua casa era stata bombardata. Nel raid, oltre ai gemellini, sono morte anche la madre dei bambini, Arafa, una farmacista che li aveva partoriti solo quattro giorni prima, e la nonna.

Questo episodio è solo uno dei tanti che testimoniano l’inferno vissuto dai civili nella Striscia di Gaza. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, dall’inizio della guerra seguita all’attacco del 7 ottobre, sono stati uccisi 115 neonati tra le circa 40mila vittime. Questi numeri, seppur agghiaccianti, non riescono a trasmettere appieno il dolore e la disperazione di coloro che hanno perso tutto. Neonati, bambini, donne, uomini, civili innocenti: vite spezzate senza alcuna colpa, se non quella di trovarsi al centro di un conflitto scatenato dall’egoismo e dalla sete di potere.

È fondamentale, ora più che mai, alzare la voce contro questa carneficina e auspicare la pace. La guerra, con il suo carico di orrori, non risolve i conflitti, ma li esaspera, generando solo ulteriore sofferenza e distruzione. Ogni vita persa è una sconfitta per l’umanità intera, un passo indietro nel cammino verso un mondo più giusto e più umano.

Le storie come quella di Asser e Ayssel devono risvegliarci dall’indifferenza. Non possiamo permettere che l’abitudine alla violenza ci renda insensibili al dolore degli altri. Dobbiamo continuare a lottare per la pace, per un futuro in cui nessun genitore debba piangere i propri figli, in cui nessun bambino debba conoscere la guerra. È un dovere morale che tutti noi, come membri di una stessa comunità umana, dobbiamo assumerci.

Che la tragica morte di Asser, Ayssel, e della loro famiglia ci ricordi l’urgenza di costruire un mondo in cui la vita, ogni vita, sia sacra e protetta. E che questa speranza di pace non sia spezzata, ma rafforzata dalla memoria di coloro che hanno pagato il prezzo più alto in questa guerra assurda.

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