
A dire che ti amerò non ci arrivo e non ci voglio nemmeno arrivare.
Anzi, guarda, ti confesso che mi irrita anche il fatto che tu sia diventato famoso come Totò: è un po’ come se Hitler, di vezzeggiativo in vezzeggiativo, lo si chiamasse da Adolf prima Adolfuccio e infine Fuccio: Fuccio Hitler.
Gente come te (assassini, evasori fiscali, terroristi, mestatori, politicanti imbroglioni e via elencando) merita di essere chiamata con la squallida e burocratica formula del cognome-e-nome, quella che si usa negli uffici anagrafe, nei registri di classe e nei tribunali: dunque non Totò Riina, ma Riina Salvatore.
Eppure, Riina Salvatore, per quanto ti disprezzi e ti detesti, non ti odio e non ti odierò mai.
Non credo, Riina Salvatore, che tu abbia mai sentito parlare di un certo Cesare Beccaria. So che nella tua tana ti circondavi di bibbie e santini, ma dubito che le tue letture, a parte l’uso sacrilego di quei testi, siano andate al di là dei “pizzini” che scrivevi per i tuoi accoliti.
Beh, Cesare Beccaria era uno strano tipo che diceva (semplifico, perché il tuo livello culturale non ti consentirebbe di capire una descrizione troppo dettagliata) che la giustizia, in una società veramente civile, non deve somigliare in nulla alla vendetta: la vendetta appartiene agli incivili: a quelli – per capirci – come te, Riina Salvatore.
Molti si stanno infuriando perché la Suprema Corte ha decretato che anche tu – perfino tu , Riina Salvatore – hai diritto a una morte dignitosa: tu, che hai dilaniato, massacrato, sciolto nell’acido e strangolato, procurando a dio sa quanta brava gente – inclusi bambini e donne e passanti innocenti – una morte orrenda, facendoti intanto dei pii segni della croce, perfino tu hai diritto a una morte dignitosa.
Capisco l’ira dei parenti di quella brava gente; e se posso parlare come ti parlo, Riina Salvatore, forse è proprio perché non sono parte in causa.
Non so se uscirai dal carcere o se si deciderà che sei ancora socialmente pericoloso: altri tribunali decideranno in merito. Ma so che la mia società è tornata a giudicarti, Riina Salvatore, e ha deciso che meriti pietà; ma questa prova di umanità ti ha umiliato come nemmeno dieci ergastoli avrebbero potuto fare.
Perché la pietà, per individui come te, è più umiliante di uno schiaffo.
Giuseppe Riccardo Festa
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