LE PUGNALATE DI GRILLO ALL’ITALIA E A BEETHOVEN

I simpatizzanti del M5S sono irritati per il fatto che, delle molte cose che Grillo ha detto ieri, durante la sua conferenza stampa al fianco di Farage, solo due sue affermazioni sono state sottolineate dalla stampa: quelle relative all’’Inno alla Gioia, cui Farage e i suoi hanno voltato le spalle, ed all’’erogazione di fondi comunitari all’’Italia, che a suo dire «scompaiono in tre regioni: Sicilia, Calabria e Campania, dove ci sono la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra».

I simpatizzanti del M5S sembrano non capire che basta una nota stonata, anche una sola, per rovinare un intero concerto. E di stecche, ieri, Grillo ne ha prese ben due. Uno statista avrebbe detto: «In passato l’’Inno alla Gioia è stato usato, purtroppo, anche in modo indegno da personaggi che ne hanno stravolto il significato. Fortunatamente oggi, come inno della Comunità, ha recuperato il suo vero significato, quello delle parole di Schiller e della musica di Beethoven: un messaggio di fratellanza e di solidarietà».

Ma Beppe Grillo, che non è uno statista, ha preferito dire il contrario fingendo di ignorare che se all’’inno Farage ha voltato le spalle, non è stato per i motivi speciosi che egli ha citato, ma per dire «no» proprio alla fratellanza ed alla solidarietà fra gli europei, legato com’’è ad un’’idea di sovranità che privilegia l’’isolamento e l’autonomia delle nazioni, prima fra tutte la sua: Farage sogna un’’Europa che torna ad essere quella di prima della Prima Guerra Mondiale, un’’Europa di piccole patrie, di circolazione limitata delle persone, di economie chiuse, di sbarre abbassate alle frontiere. L’’ha detto esplicitamente: ciò che lui vuole è liberare l’’Europa dall’’Europa.

E poi, la faccenda dei fondi europei.

Uno statista, per quanto dì’opposizione, avrebbe detto: «Purtroppo in Italia abbiamo un terribile problema con la delinquenza organizzata. Tuttavia sono certo che sullì’uso dei fondi comunitari ci saranno, dì’ora in poi, controlli rigorosi che ne impediranno un uso illegittimo. I fondi comunitari ben spesi sono necessari per lo sviluppo delle zone depresse del Paese, soprattutto nel Meridione; noi siamo allì’opposizione, e saremo spietati controllori del modo in cui quei fondi sono spesi».

Avrebbe detto la verità, e si sarebbe dimostrato amico del suo Paese. Ma Beppe Grillo non è uno statista. Ha preferito rivoltare il coltello nella piaga: sul suo Paese ha sputato e per puri scopi propagandistici dell’’Italia – soprattutto del Sud –- ha rinforzato un’’immagine negativa che non ha certo bisogno di essere rinforzata; giungendo a invitare l’Europa a non erogare quei fondi, di fatto si è dichiarato nemico del suo Paese, e soprattutto del Meridione del suo Paese.

Alle sparate di Beppe Grillo, oramai, qui in Italia ci siamo abituati e non ci facciamo quasi più caso; forse è per questo, per farsi ancora notare, che alza sempre di più il tiro. Ma fa male che vada a strillarle anche nelle sedi comunitarie, dove hanno un orecchio ancora sensibile a certe cose.

Mi chiedo quanti, fra i parlamentari e i giornalisti europei presenti, ieri, a quella conferenza stampa, avranno ridacchiato e si saranno dati di gomito: «Tutti uguali, questi italiani» si saranno detti: «Quando si tratta di farsi gli affari loro, sono pronti anche ad ammazzare la madre e il padre».

Ci tocca sperare in Matteo Renzi ed augurarci che, durante il semestre di presidenza italiana dell’’Unione, riesca a far loro cambiare idea.  Vedi un po’ tu come siamo ridotti.

Giuseppe Riccardo Festa

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