
È stato un modello esemplare di “uomo-squadra” Talentuoso in campo calcistico, poi grande insegnante Cristiano vero che non si è alienato dalla storia Da Ferrara l’emozionante ricordo di Cataldo Greco La ferale notizia della prematura scomparsa di Giovanni Cufari è giunta inaspettata al Mondo e ha sconvolto il cielo sereno. Il suo trasporto è avvenuto il 1° Novembre, per uno scompenso cardiaco, presso la clinica cardiochirurgica dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Catanzaro: un dolore sentito, profondo e sincero da tutti coloro i quali hanno avuto il privilegio di averlo incontrato.
Se n’è andato con discrezione e con elegante riserbo: è stata una luce che ha raccontato il luogo del suo paese, Cariati, con le geometrie variabili dello spazio di un tempo per favorire lo sviluppo territoriale e rafforzarne i valori con lo stile del suo spirito illuminato: semplice, umile e determinato dalla passione. Così era uscito dalla scena del calcio, dall’insegnamento formativo, dagli incarichi politici che gli erano stati affidati e, infine, da un apprezzabile volontariato di concretezza sociale, sempre con il suo estro pratico e coerente del suo animo in risposta all’arroganza e alla sopraffazione dell’odierno. Prima da giocatore, poi come allenatore e poi ancora come educatore: un motivo di orgoglio per la piccola comunità meridionale di Cariati, una città simbolo della storia d’Italia, che l’ha visto nascere nel 1938 in una stimata, laboriosa famiglia.
Il padre e la madre lo avevano educato al rispetto dell’altro in tutti i suoi aspetti etici della società di oggi, come va insegnata la solidarietà umana e la partecipazione civile e sociale della propria comunità e del proprio territorio come bene fondante.
Giovanni è stato prima un amante del calcio che ha vissuto in un certo modo di intenderlo e di interpretarlo e, poi – come si è detto – di insegnarlo.
Nel corso di una mia breve chiacchierata con lui nell’estate del 1979 mi spiegò confidenzialmente il suo “credo”: «Il primo insegnamento è questo: tecnica, tecnica, tecnica. Il lavoro deve essere fatto sempre con il pallone. Il dribbling, l’uno contro uno, le finte, il saper saltare l’uomo, il possesso palla, sono fondamentali. Non bisogna avere timore di tenere il pallone. Incito al dribbling, che è il sale del calcio».
Iniziò a giocare con passione e determinazione nella squadra della nota società “La Sportiva Cariatese” (che ha fatto battere il cuore a diverse generazioni del secolo scorso, ammirata e invidiata da tutti gli sportivi della Calabria), da adolescente e qui svolge una lunga e bella carriera. Quindi tecnico, dal carattere forte, ma capace di creare un solido legame umano con i suoi ragazzi del sodalizio locale che plasmò da “professore di calcio” vari giovani, molti dei quali hanno calcato diversi rettangoli di gioco di varie serie di non poche società, che lo ricordano con immutato affetto e stima: aveva per tutti le parole che contano, quelle costruttive e dava non per ultimi gli esempi mirati per formare prima l’uomo poi lo sportivo.
Un altruista con serietà e generosità, sensibile nella collaborazione per cui veniva ricercato. Non si arrogava meriti come i veri Cristiani e gli italiani migliori che si ricordano. Con Giovanni Cufari se n’è andato un pezzo significativo che ha lasciato il segno nella storia della sua città: prima del bel calcio che fu, in seguito, come si è accennato, come apprezzato e amato docente della Scuola Media di Cariati e all’Istituto “Antonio Monaco” di Rossano Calabro, evidenziando, con il suo valido contributo, l’impegno diligente di insegnare con l’appropriata didattica le avvertite esigenze di trasmettere tutti i valori morali, civili e sociali che fanno crescere una comunità per il bene comune, quelli – che come sappiamo – trovano nel proprio destino lo sviluppo della storia futura.
Era difficile non volergli bene, stimarlo. Era altrettanto impossibile fargli un torto, un dispetto per la bontà e la generosità del suo animo sempre disponibile per tutti, una forza di solidarietà pronta che ne esaltavano le doti del motivismo creativo con il suo personale entusiasmo operativo. Non si riesce a credere che sia scomparso, che non lo vedremo più. Tutti i conoscenti e gli amici in paese e in altri siti lo ricordano con un nodo alla gola. Lascia – in verità – un vuoto immenso.
Giovanni era legato da amore autentico alla moglie, la signora Franca, ai figli Francesco, Peppino e Fabio, professionisti seri ed affermati, ai nipoti e congiunti tutti da solidi valori che fanno ammirare una famiglia.
Questi principi di vera nobiltà di intenti e di sana collaborazione, condotti con la personalità della sicurezza di se stesso, lo portano ad essere ambito nell’associazionismo culturale, sociale e umanitario che lo rivelano molto fattivo, specialmente nel volontariato, nelle vesti di Presidente della Lega Navale Italiana della sezione di Cariati, realizzando numerose iniziative che riscossero generali consensi in tutta la regione Calabria, per aver saputo cogliere il coinvolgimento delle scuole primarie e secondarie del territorio con l’apprezzato progetto “Mare, Ambiente e Territorio”. Non si dimentica, poi, la sua solidarietà nell’attivismo socio – parrocchiale per la raccolta dei fondi delle festività della Chiesa di “Cristo Re”, la sua parrocchia, nella Marina di Cariati.
Nella primavera del 1994 ci incontrammo, era stato nominato Assessore alla Cultura, Turismo e Sport, nella Giunta Comunale presieduta dal Sindaco dott. Cataldo De Nardo (pur se militante in uno schieramento politico opposto a quello di De Nardo), per le sue doti di umanità e competenza. Mi confidò e mi chiese, in questo incontro, di collaborare ad un suo progetto che mirava a pianificare una svolta per avviare lo sviluppo della comunità cariatese e del suo territorio. Lo approntai, e nell’autunno dello stesso anno glielo feci avere. “Impariamo – mi disse – a pianificare, gestire non basta. – Il problema siamo noi, non la nostra terra”. – Sapeva che senza progetti per mancanza di idee innovative, non si cammina, non c’è futuro. “Il lusso di denaro arriva con i progetti”. Le città, i territori, si valorizzano con la lungimiranza dei politici e se ci sono gli “uomini-squadra” che producono progetti validi e mirati al progresso.
“raramente il cielo fa nascere insieme l’uomo che vuole e l’uomo che può – ha scritto François René de Chateaubriand – quando ciò avviene si genera la sostenibilità, la fortuna di tutti: si è vivi!”.
Giovanni lo sapeva, il suo desiderio era una vera e propria sfida in un paese che non ha la cultura dell’unione che fa la forza, di una società votata per il bene comune, come avrebbe voluto. Cariati, purtroppo, è un territorio dove domina il qualunquismo e l’egoismo. I muri da abbattere sono quelli mentali, che hanno sempre prodotto una infinità di ritardi, omissioni ed errori: un disastro colposo che ha portato via molte vite dalla propria terra. È doveroso ricordarlo perché a Giovanni, non solo gli dispiaceva non valorizzare e sviluppare il proprio territorio, ma lo preoccupava per il domani di tutti, con la sua coscienza di uomo libero e sensibile: vero cittadino e fiero di esserlo.
Tutta la sua esistenza è stata illuminata, retta e governata per custodire i grandi valori che ha saputo testimoniare con la tenacia operosa, per costruire insieme con tutti gli uomini di buona volontà, con l’obiettivo dell’efficienza, che amano la propria terra, senza ipocrisie e tornaconti, per la corsa alle “poltrone”, ma per la civiltà della vita, dell’amore per il prossimo, perché, personalmente, non si è mai alienato dalla storia da vero Cristiano.
Mentre ricordiamo la sua memoria, una pagina di storia che va sempre ricordata e riletta per i suoi validi insegnamenti, mi associo affettuosamente al dolore della città e degli amici, e in particolar modo, molto sentitamente, alla Signora Franca, ai figli Francesco, Peppino e Fabio, ai nipoti, ai famigliari e congiunti tutti.
Ferrara, nel trigesimo della sua scomparsa, 1 dicembre 2019.
Cataldo Greco
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