
di Mauro Santoro
Nel mese di maggio del corrente anno 2024 sono iniziati i lavori di consolidamento e messa in sicurezza dell’area della località Carrera. Brevemente, le opere che si stanno eseguendo riguardano una serie di palificazioni armati – ferro e calcestruzzo – infissi nel terreno stabile per un’altezza di 17 metri, eseguiti lungo il bordo esterno della carreggiata a monte dell’attuale strada provinciale SP 260 che incrocia via Carrera, coincidente con la linea di frattura dell’antica frana il cui piano di scorrimento è ancora presente ad una profondità di circa 4 metri dall’attuale superficie di campagna. Oltre al posizionamento di una rete metallica geocomposita – adatta alla crescita della vegetazione – fissata sulla parte della scarpata posta sul terrapieno situato nell’area sottostante al monumento ai caduti (dati forniti dall’ingegnere progettista).
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Il progetto definitivo è stato approvato con delibera della Giunta Comunale n. 187 del 10 novembre 2022, l’esecutivo invece è stato approvato con determinazione dell’ufficio tecnico n. 590 del 15 novembre 2022. In realtà, in quella seduta il sindaco Filomena Greco, gli assessori Antonio Giuseppe Arcuri, Rosaria Bianco e Fiorenzo Bevacqua prendevano atto del finanziamento concesso dal Ministero dell’Interno a seguito della richiesta inoltrata il 2 settembre del 2020. L’importo assegnato al comune è stato di Euro 982.836,22, il quadro economico di progetto comprendeva la esecuzione di opere per complessive Euro 661.168,43. In ultimo, con determinazione del medesimo ufficio tecnico, n. 162 dell’ 11 aprile 2023, i lavori sono stati aggiudicati alla ditta I.C.M.B. s.a.s. di Sammarco Francesco & C. di Cirò Marina per un importo contrattuale di Euro 447.625,56 oltre IVA. I tecnici incaricati sono stati: Ing. Antonino Costantino, progettista; Dott. Geologo Marcello Campana, studio geologico; Arch. Maria Adamo, coordinatore della sicurezza.

In effetti, la realizzazione di questi lavori, perciò, hanno l’obiettivo di consolidare l’antica area di frana che soprattutto il 10 febbraio del 1907 provocò tanta devastazione e danni alla borgata Carrera. Una calamità naturale, causata dalle intense piogge, che devastò la collina strascinando nel disastro la distruzione delle abitazioni, delle strade cittadine e la modificazione orografica del territorio. Tanto fu il danno provocato e le persone sfollate coinvolte che dovette intervenire il re Vittorio Emanuele III ed il governo nazionale, presieduto da Giovanni Giolitti, nominando un’apposita Commissione Reale che, dopo i sopralluoghi effettuati, propose “… lo spostamento” in altro luogo di quella parte dell’abitato di Cariati.
La Commissione “… consigliò il rinfaldamento ed il rimboschimento di tutto il pendio della collinetta su cui l’abitato sorge, tanto a mare quanto a monte; per cui si intese la necessità di sottoporre le campagne di detto pendio, anche le piante, a vincolo forestale, con espresso divieto di colture continuative e dissodamenti”; purtroppo accadrà che nel corso di pochi anni i cariatesi disattesero le disposizioni impartite e “… detto vincolo e divieto non è in alcun modo rispettato da nessuno.”
Tuttavia, non mancarono i finanziamenti per la rimozione delle macerie e la messa in sicurezza dei luoghi, ovviamente con i mezzi e le tecniche di quel momento storico, e ciò scongiurò di fatto, come si vedrà nel prosieguo del racconto, il trasferimento definitivo dell’abitato della borgata Carrera che, nel corso dei decenni successivi però fu nuovamente oggetto di urbanizzazione incontrollata con la riedificazione di numerose abitazioni. Bisogna aggiungere, che il distacco della linea di frana, quel 10 febbraio 1907, aveva avuto origine fin sotto le mura dell’antica cinta urbica ed anche nella zona di via San Leonardo – Pilè.
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Sul finire del 1937 le autorità comunali avevano portato a compimento tutte le iniziative intraprese per evitare il trasferimento di parte dell’abitato di Cariati. Il 22 novembre 1937, dopo trent’anni, fu emanato il Regio decreto n. 228311 con cui il governo disponeva la «Cancellazione dell’abitato di Cariati, in provincia di Cosenza, dall’elenco degli abitati da trasferire in nuova sede a totale carico dello Stato». La problematica che si dava per definita, era un’antica questione di tutela dell’incolumità pubblica sorta, come già scritto, nell’inverno del 1907 a seguito dei gravi dissesti idrogeologici che avevano interessato una parte del centro urbano della cittadina cariatese e altri paesi del circondario e della regione Calabria.
Ieri come oggi, la fragilità del territorio e l’instabilità geologica dei pendii collinari su cui erano costruite le abitazioni generavano consistenti sistemi franosi che demolivano il patrimonio di quelle modeste case. L’inclemenza delle avversità atmosferiche e gli ingenti danni conseguenti avevano flagellato un vasto comprensorio di paesi che, tramite le prefetture, dovettero chiedere l’intervento del governo nazionale che per l’occorrenza emanava la legge n. 445 del 9 luglio 1908. Il governo autorizzava una maggiore spesa di 2,1 milioni di lire in aumento alla somma di 3 milioni e 465 mila lire già impegnati con la precedente legge del 25 giugno 1906, n. 235, che finanziava i «…lavori per frane minaccianti gli abitati delle Calabrie». In una tabella allegata furono individuati i centri abitati di alcuni paesi delle province di Catanzaro e Reggio Calabria; in provincia di Cosenza i dissesti riguardavano i comuni di: Calopezzati, Campana, Cariati, Castiglione Cosentino, Lungro, Pedace, Pietrapaola e San Vincenzo La Costa (frazione San Sisto).
Nella cittadina cariatese i dissesti e i crolli, spesso, interessavano prevalentemente l’estesa e monumentale cinta urbica e gli imponenti torrioni di avvistamento edificati sugli scoscesi pendii collinari, coinvolgendo anche le strutture edilizie costruite nelle vicinanze o addirittura sulle antiche mura.
Non si finiva di consolidare i versanti e le strutture murarie che, alla successiva stagione invernale, nuovi crolli imponevano interventi di messa in sicurezza dell’abitato.
Il 26 marzo 1918, la giunta municipale, presenti il sindaco Vincenzo Cristaldi e gli assessori Gaetano Cosentino e Francesco Serra, prendeva atto che il precedente 10 marzo era avvenuto «… il diroccamento di parte del muro di cinta dell’abitato del comune alla parte oriente e pel crollo di parte del palazzo Venneri Salvatore», situato in via San Leonardo, interessando anche le strutture murarie del bastione del Pilè. Gli amministratori riferivano che quel movimento di dissesto, tra l’altro lesionando altri fabbricati, si era rinnovato nella stessa area che nel 1907 fu teatro di una consistente frana che «…rovinò sulla sottoposta borgata Carrera» e imposero l’inserimento dell’abitato di Cariati da trasferire e consolidare a carico dello Stato nell’elenco della legge n. 445 del 1908.
In realtà, l’azione devastatrice degli eventi meteorici era stata aggravata da tanti cittadini che con la loro attività agricola avevano notevolmente contribuito al verificarsi dei dissesti. La giunta asseriva che, pur essendo vigente un divieto assoluto di dissodare e coltivare i pendii collinari su cui era stato edificato il centro urbano fortificato, diversi proprietari e fittavoli avevano intrapreso colture anche di orti con consistenti irrigazioni. Ciò aveva aggravato ed esteso il fronte del dissesto idrogeologico, tanto che nei primi mesi del 1918 la cinta muraria lesionata rischiava di crollare «…sull’abitato detto Scoglio e potrebbe fare anche delle vittime».
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Il 2 maggio 1918, la giunta del sindaco Cristaldi dovette ritornare ad interessarsi del crollo parziale del palazzo di Venneri Salvatore, giacchè i detriti e le macerie ostruivano la strada e parte dei muri ancora diroccati costituivano pericolo per la incolumità pubblica. La giunta prese atto che le richieste di aiuto inoltrate alla Sottoprefettura di Rossano e poi alla Prefettura di Cosenza non avevano avuto seguito, perciò, si rese necessario disporre ai proprietari l’ordine di demolizione dei muri pericolanti e la rimozione delle macerie. Circa i danni subiti dalla cinta muraria e lo sprofondamento di parte della strada San Leonardo, la giunta deliberava che se non fossero intervenute le autorità interpellate avrebbe provveduto il comune di Cariati eseguendo le opere sotto la direzione di un ingegnere del Genio Civile.
Altra parte del territorio che periodicamente destava preoccupazioni per i ripetuti franamenti era l’area adiacente alla base del “bastione della Valle” con il conseguente rischio di crollo di quella parte dell’antica cinta muraria.
Già nell’inverno del 1862-1863, dopo poco più di un anno dell’unificazione del Regno d’Italia – legge 17 marzo 1861, n. 4671 -, le piogge persistenti avevano procurato dei franamenti in prossimità del muro di cinta e dello “Spuntone della Valle” con conseguenti rischi di crolli.
Il successivo 9 agosto 1863, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Vincenzo Venneri e dagli assessori: Raffaele Cristaldi, Lorenzo Romanelli, Eugenio Della Marra e Giovanbattista Tursi – rappresentanti della frazione Terravecchia -, constatata la necessità d’intervenire, commissionò al “Capo d’Arte” Carmine Rugiero la redazione di una perizia dei lavori necessari per le “… riparazioni da farsi nel luogo detto Spuntone della Valle”. Il sopralluogo effettuato precedentemente aveva fatto emergere dei danni alle fondamenta della cinta fortificata e perciò si decise che era necessario eseguire due muri di contenimento da costruirsi a valle dell’area franata. Il costo complessivo delle opere e le altre spese ammontavano a 198 ducati e 62 grani – corrispondenti a 844,13 lire dell’epoca -. La perizia fu approvata dalla giunta lo stesso 9 agosto 1863 e verbalizzata dal segretario comunale Benigno Ferrari.
Il successivo 19 novembre 1863, l’ingegnere capo Paride Guerrieri, del Corpo Reale del Genio Civile di Cosenza, nell’approvare il progetto dei lavori inviava tutta la documentazione alla Deputazione Provinciale chiedendone l’approvazione. Ciò avvenne e nei mesi successivi furono eseguiti i lavori di consolidamento e costruzione dei due muri.
Evidentemente tutte le opere eseguite nel corso dei decenni successivi non furono risolutrici per garantire la messa in sicurezza della cinta urbica ed in particolare “lo Spuntone della Valle”, considerato che l’incuria dei cittadini aggravava l’azione erosiva delle precipitazioni meteoriche. Infatti, nel successivo trentennio del XX secolo i rischi ritornarono incombenti negli stessi luoghi, mettendo in pericolo alcune abitazioni del centro storico di Cariati.
A tal proposito, il prefetto di Cosenza, Commentatore Dott. Pietro Giacone, il 28 febbraio 1930, in risposta ad un sollecito intervento chiesto dal podestà di Cariati, scriveva che il sopralluogo effettuato dal Genio Civile aveva fatto emergere che già in passato erano state costruite delle briglie in muratura per la sistemazione del “burroncello” alla base del bastione. Purtroppo, dalla relazione emergeva che a causa “… della mancata manutenzione da parte del Comune, che pur ne aveva l’obbligo a norma di legge …”, l’ultima briglia era crollata. Concludeva, che ciò però non aveva compromesso la staticità del “bastione della Valle” ed il comune avrebbe il dovere di provvedere alla ricostruzione delle opere crollate ed alla relativa manutenzione dei luoghi interessati al dissesto.
Il podestà Vincenzo Cristaldi non soddisfatto della risposta ricevuta, il successivo 5 settembre 1930, riscrisse al prefetto evidenziando che se pur si sarebbe ricostruita la briglia crollata a causa delle piogge, per il costo dei lavori di Lire 27.000,00, non si sarebbero risolte le criticità persistenti sulla cinta urbica ed era necessario consolidare il centro abitato per “… evitare una possibile sciagura con l’approssimarsi della stagione invernale”.
Il podestà, inoltre, evidenziava che in effetti era necessario eseguire delle opere inderogabili ed urgenti sia per consolidare il bastione della Valle, poiché “… alla base incomincia a scalzarsi …”, sia per intervenire sull’altro bastione del Pilè “… sottostante alla casa di Venneri Cataldo …” che presentava una larga fessura per tutta la sua altezza. Concludeva la missiva con il fare rilevare che se fosse crollato quel bastione buona parte dell’abitato sarebbe stato “… trascinato nel sottostante abbisso…”. Si faceva presente, altresì, che il comune di Cariati era stato inserito tra quelli da consolidare a spese dello Stato e si chiedeva al prefetto un intervento per l’ottenimento dei relativi finanziamenti.
Probabilmente, le sollecitazioni del podestà cariatese per l’ottenimento di un intervento dello Stato non sortirono nessun risultato. La problematica del dissesto idrogeologico del pendio collinare e le criticità evidenziate sui bastioni e la cinta muraria si protrassero negli anni a venire. Infatti, il 23 novembre 1933 – anno XII dell’era fascista, il podestà Antonio Formaro scrisse una lettera al “Soprintendente per le Antichità e l’Arte del Bruzio e della Lucania” di Reggio Calabria ad oggetto: Cinta Castellana.
Nel premettere che tra le torri della cinta vi erano dei bastioni tra i quali uno “… di forma lunettata… sottoposto al palazzo di Venneri Cataldo…” presentava una evidente e preoccupante lesione. Informava che nell’ottobre del 1931 l’ingegnere capo del Genio Civile di Cosenza aveva effettuato un sopralluogo, disponendo l’inserimento di “spie di cemento” lungo la lesione. Nei mesi antecedenti al novembre 1933, l’amministrazione comunale constatò che erano apparse delle crepe sulle spie, per cui si determinò che le condizioni statiche del bastione del Pilè si erano aggravate.
Formaro aggiungeva di avere informato sia il prefetto sia il Genio Civile, chiedendo un sollecito intervento per l’esecuzione dei necessari lavori di consolidamento. Il soprintendente veniva sollecitato ad assumere tutte le iniziative al fine di evitare che “… il bastione predetto dovesse, con il tempo, andare in rovina”.
Dopo questo excursus storico è opportuna una piccola riflessione sulle cause che hanno generato gli eventi dei dissesti accaduti. Non c’è dubbio che le debolezze orografiche e geologiche del nostro territorio, sin dai tempi remoti, hanno costituito un fattore negativo che spesso i cittadini hanno sottovalutato urbanizzando i versanti molto scoscesi, poco stabili e soggetti ad erosione. Criticità che erano aggravate dalle intense precipitazioni meteoriche tipiche dei periodi invernali della Calabria e dei paesi. Condizioni climatiche avverse che si manifestavano con improvvise piene e straripamenti delle fiumare e dei torrenti, con gravi franamenti e dissesti idrogeologici nei pendii collinari.
Specificamente alla cinta urbica di Cariati, non c’è dubbio, così come evidenziano le diverse notizie storiche, che l’instabilità e i crolli erano una concausa dovuta anche al peso delle abitazioni che i cariatesi, sin da tempi immemori, avevano costruito a ridosso o addirittura sulle antiche mura. Spesso lo sventramento dei possenti contrafforti per ricavarne dei locali o delle stanze procurava una certa debolezza statica alle infrastrutture murarie. Inoltre, i vari e diversi interventi edilizi, purtroppo, hanno modificato definitivamente l’antico profilo e lo sviluppo originario della storica “Cinta Castellana” di Cariati. In effetti, nel corso del tempo trascorso, non si evince ci sia stato un convincimento condiviso e prevalente dei cariatesi di rispettare e conservare l’antico bene architettonico delle mura fortificate e dei suoi bastioni, così come sono stati edificati prima dell’ XI secolo per lo scopo difensivo del centro urbano.
In definitiva, come accade spesso, l’azione di antropizzazione realizzata dalla popolazione si è sommata all’azione avversa degli eventi metereologici che hanno generato i disastri ed i danni di cui abbiamo riferito.
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ALTRE NOTIZIE STORICHE
- Il Grande Ufficiale Dott. Guido De Sanctis, Prefetto-Commissario della Sezione Provinciale dell’Alimentazione, presso il Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Cosenza, il 24 giugno del 1941 – anno XIX dell’era fascista, in una riservata inviata al Comune di Cariati, comunicava che, su disposizioni del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, la farina necessaria per la fornitura del pane alle truppe che non poteva essere rifornito dai distretti militari, invece, sarebbe stata spedita ai panificatori locali segnalati e in rapporto ai militari presenti nel territorio comunale. Perciò, si invitava il podestà, con urgenza, ad inviare le informazioni richieste.
- Con nota di risposta del 27 giugno 1941, il podestà Nicola Venneri, per far fronte all’approvvigionamento di farina per il pane ai reparti militari presenti in Cariati, riferiva che nella cittadina stazionavano i seguenti reparti:
- Comando del III Squadrone “Lancieri di Novara” con il suo 77° Battaglione, 1^ Compagnia.
- Caserma dei Regi Carabinieri.
- Brigata Regia Guardia di Finanza.
- Il 22 febbraio 1943 – XXI dell’era fascista, lo stesso podestà Nicola Venneri, dava informativa Alle fabbriche di laterizi operanti in Cariati che, su disposizioni del Comitato di Presidenza del Consiglio Provinciale delle Corporazioni di Cosenza, i prezzi dei laterizi alla produzione erano i seguenti:
- Tegole tipo marsigliese, 15 pezzi per metro quadro …. Lire 988,00 ogni mille pezzi.
- Tavelle da coperto, cm 3 di spessore e lunghezza fino a cm 60 … Lire 12,50 l’una.
- Tavelle da coperto, cm 4 di spessore e lunghezza fino a cm 60 … Lire 14,50 l’una.
- Tavelloni, cm 3 di spessore e lunghezza fino a cm 100 … Lire 17,50 l’uno.
- Tegole curve o coppi …. Lire 485,00 ogni mille.
- Mattoni pieni, cm 26x13x6 …. Lire 287,00 ogni mille.
- Per i mattoni forati il prezzo era proporzionato in aumento o diminuzione in base al 50% della differenza volumetrica dei mattoni pieni.
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= TESTO E FOTO TRATTI DA: L’autarchia tessile del regime fascista – Il ginestrificio di Cariati (1935-1943) – Editoriale Progetto 2000 – Anno 2014; ha ricevuto il premio Cassiodoro della Universitas Vivariensis (Cosenza).
Ampliato con notizie tratte dall’Archivio di Stato di Cosenza e dall’Archivio Comunale di Cariati.
Per le Foto 1 e 4 si ringrazia la Dott.ssa Maria Elena Ciccopiedi.
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