
A parlare ci si mette molto poco. Al contrario, a fare si prende sempre più tempo, se non addirittura tutto resta, ahimè, troppo vago. Vengo al dunque. Alla fine dello scorso febbraio è scaduto il termine per le candidature,degli enti locali, per accedere alle risorse del Pnrr, destinate a mense, palestre, asili nido e scuole dell’infanzia e per ospitare una delle 195 scuole nuove previste dal famoso piano. L’adesione dei “Municipi” è stata molto gettonata per tutte le richieste, anche superiori ai fondi disponibili, tranne per per i tanti annunciati asili nido. In questo caso, le richieste avanzate sono state solo per la metà dei fondi disponibili: 1,2 su 2,4 miliardi. Molto poco.
Pertanto, si registra che si è purtroppo lontani dal raggiungere l’obiettivo minimo fissato per il 33% del fabbisogno su tutto il territorio nazionale. Si è deciso, allora, di riaprire il bando, per i soli progetti relativi ai nidi, portando la scadenza a fine marzo. Per la partecipazione ai bandi si segnalano problemi di ordine sia amministrativo che sociale e culturale, che avrebbero richiesto tempi, modalità e strategia diverse. Sul piano amministrativo molti Comuni si sono trovati a dover rispondere contestualmente a bandi diversi in campo dell’istruzione.
In particolare, per gli asili nido quello che ha scoraggiato i Sindaci e Assessori al ramo è di non riuscire a sostenere i costi di gestione una volta costruiti i nidi, seppure la legge finanziaria ha già stanziato fondi specifici per quest’anno e per i prossimi. Forse ciò che ha bloccato molti enti locali sui nidi è il fatto di non vederli come una risorsa educativa e uno strumento fondamentale di contrasto alle diseguaglianze di origine familiare e alla povertà educativa, nonché come un servizio di conciliazione lavoro-famiglia.
Non è un caso che le regioni che hanno inoltrato più domande sono quelle con i tassi di occupazione femminile più alti, tipo Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte. Mentre tra le regioni meridionali, dove i nidi sono pochi e la povertà educativa è molto diffusa, solo la Campania si è fatta più avanti. Allora mi domando. Lo strumento del bando è il più idoneo, quando si tratta di garantire diritti e livelli essenziali? È necessario, quindi, che la società civile affianchi le amministrazioni locali, specialmente le più piccole, nell’individuare i fabbisogni, formulando i progetti, contribuendo, altresì, ad alimentare la consapevolezza dell’importanza dei servizi educativi per la prima infanzia.
Nicola Campoli
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