GIORGIA MELONI, DONALD TRUMP E IL PROBLEMA DEL BIDET

Sarà una trasferta difficile, quella di Giorgia Meloni a Washington il prossimo 17 aprile, ora che Donald Trump ha rivelato di quale natura sia, a suo dire, l’atteggiamento dei leader mondiali che fanno la fila per essere da lui ricevuti.

Il problema è grosso, perché chiunque abbia viaggiato negli USA sa che perfino negli hotel più lussuosi (io ho avuto il privilegio di alloggiare all’Hilton Towers di Manhattan, sulla “Avenue of Americas”) le stanze da bagno non dispongono di un bidet. Questa carenza, infatti, non affligge la sola Francia, che pure è la patria del benemerito accessorio: siamo praticamente solo noi italiani ad esigere che un sedile di siffatta natura occupi un angoletto nel bagno, accanto all’altro che, qui da noi, ne precede l’uso dopo le funzioni fisiologiche più impegnative.

E non ci si deve illudere che, dopo l’espletamento di tali funzioni, chi italiano non è si faccia ogni volta una doccia: i più si limitano a utilizzare qualche tagliando strappato dall’apposito rotolo di carta disposto accanto al WC, e poi via, si rivestono come se nulla fosse.

Dunque, considerato quanto precede e tenendo conto delle aspettative di Donald Trump circa i convenevoli che ella dovrà tributargli, la presidente del Consiglio italiana farà bene a premurarsi di portarsi appresso un bidet da offrirgli in dono. Certo, non in ceramica, anche perché è ipotizzabile  qualche difficoltà per la sua installazione nel bagno dello Studio Ovale nei tempi brevi della visita, e poi potrebbe nascere qualche problema con i dazi di importazione testé imposti dal baldo presidente USA, i dazi amari di cui tutti parlano; ma niente paura, esistono anche i bidet da viaggio, che sono di plastica; e se pure qualche dollaro di dazi la nostra premier dovrà sborsarlo, poco male: ne sarà valsa la pena.

Certo, non sarà facile convincere il citato baldo presidente USA a servirsene prima che il colloquio abbia inizio, ma Giorgia Meloni parla un eccellente inglese (la lingua che, meschina, credeva di dover usare: non la sua, e non mi riferisco all’italiano), e poi sia lei che il suo amico Donald hanno molte idee in comune. Giorgia potrà presentarsi col bidet elegantemente confezionato in carta da regalo, e magari associare al dono anche un flacone di sapone intimo, di quelli che non provocano irritazioni (si sa quanto Donald sia irritabile). Poi, una volta che Mr. President avrà esercitate le auspicabili abluzioni, lei potrà impegnarsi nell’attività che, stando sempre a Donald, tutti i capi di stato e di governo stranieri, inclusa lei, si sono detti pronti a svolgere sul punto focale del suo posteriore.

Ho il sospetto che, anche ammesso che Donald accetti di svolgere le abluzioni in questione, sarà poi molto difficile che, nonostante l’attività linguistica – e non parlo della sua pronuncia dell’inglese – di Giorgia (finora solo virtuale, e non solo sua, visto che tutta la destra di governo italiana è in effetti dedita con abnegazione all’inseguimento del trumpiano deretano) sarà molto difficile, dicevo, che Donald, riallacciando soddisfatto i pantaloni sul suo presidenziale pancione, le conceda la mancia di qualche punto percentuale in meno sui dazi decretati a carico non dico dell’Europa, ma anche della sola Italia.

La seconda (comunque improbabile) eventualità, peraltro, sarebbe certamente accolta con entusiasmo da Matteo Salvini, la cui lungimiranza in campo economico e politico è assimilabile a quella di una talpa affetta da distacco bilaterale della retina, ma provocherebbe l’ira funesta, oltre che legittima, dei nostri partner europei che, non dimentichiamolo, sono in assoluto i più importanti acquirenti dei prodotti italiani.

Fra quei prodotti, giova notarlo, non rientrano i bidet, e arrivo a pensare che, ignorandone l’uso, tedeschi, francesi, irlandesi e via elencando, non ci chiederebbero di servircene prima di reagire in un modo che non voglio descrivere nei dettagli ma che potete intuire.

Mi limito a prevedere che ci farebbe molto, ma molto male.

Giuseppe Riccardo Festa

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