DONALD TRUMP, DANIELA SANTANCHÈ, NERONE (SENZA DIMENTICARE ROBERTO GIACOBBO)… E “L’IGNORANTITÀ”

A Palermo usa molto la parola “ignorantità”, un termine delizioso che, penso di poter dire, va riferito a chi, ignorante ma inconsapevole della propria ignoranza, si ritiene al contrario portatore di verità assolute ed emette sentenze e fa dichiarazioni imbarazzanti che, quell’ignoranza, la proclamano ai quattro venti: sul tipo dell’affermazione di Roberto Giacobbo che, parlando su “Freedom” del Colosseo, ha affermato che il nome dell’arena è dovuto alle sue dimensioni, appunto, colossali. Giacobbo, inspiegabilmente famoso, ha esibito la sua “ignorantità” mostrando di non sapere che il termine “Colosseo” è dovuto all’enorme statua rappresentante Nerone che, ben prima che l’arena fosse realizzata dai Flavi, il megalomene imperatore aveva fatto erigere sul medesimo sito, all’interno della fastosa “Domus Aurea” che si era fatto fabbricare dopo il grande incendio di Roma.
A quella statua mi ha fatto pensare l’orrido filmato, diffuso da Donald Trump su “Truth” (“Verità”, nome che il social condivide con un quotidiano italiano altrettanto affidabile), che rappresenta la Striscia di Gaza come l’attuale presidente degli USA la vorrebbe trasformare: manco l’ombra di un palestinese, se non in vesti servili, e poi resort di lusso, spiagge dorate, odalische barbute (chissà poi perché barbute), e un’enorme statua d’oro rappresentante lui, il tycoon nel quale Paolo Villaggio avrebbe certamente riconosciuto il modello archetipo del megadirettore galattico; l’autoproclamato uomo della Provvidenza che, a Gaza, vorrebbe emulare Nerone creando una sorta di Domus Aurea.
Cioè… questo accostamento lo fa chi ha qualche conoscenza di storia, certo non un campione di “ignorantità” come Trump, che per la stessa parola “conoscenza” – vedi poi “cultura” – come ogni degno rappresentante delle destre estreme, prova un fastidio che sfocia nel più assoluto rigetto.
Al triste filmato su Gaza ha poi fatto seguito l’osceno trattamento che Trump e il suo degno vice hanno riservato, nello Studio Ovale, al Presidente Zelensky, colpevole di aver tentato di spiegargli la verità “vera”, non quella taroccata di “Truth”.
Alla base del comportamento di Trump c’è l’arroganza di chi, ricco e potente, si ritiene al di sopra di ogni giudizio, di ogni critica e di ogni censura, al punto di poter inventare una “verità” su misura per le sue esigenze e le sue convinzioni e diffonderla, finendo col crederla vera perfino lui.
Di accostamento in accostamento, l’atteggiamento di Trump nei confronti della verità mi ha fatto pensare allo show che ha visto Daniela Santanché, alla Camera dei Deputati, esibire anche lei una sprezzante indifferenza nei confronti della verità vera; disprezzo al quale, con encomiabile sprezzo del ridicolo, ha associato anche la proclamazione del suo più intimo credo, riassumibile nel concetto “Io sono ricca, io sono elegante, io sono bella, e perciò voi che siete pezzenti non avete il diritto di giudicarmi”.
Prescindiamo da valutazioni sulla effettiva eleganza e bellezza della ministra, che è padronissima di coltivare le sue illusioni, per rilevare che questa esternazione non è una novità: è lo stesso principio che da anni va proclamando Flavio Briatore, non a caso suo socio in affari e affezionato sodale, oltre che, anche lui, imbarazzante parvenu innamorato dell’esibizione della propria ricchezza e della propria, ineffabile, “ignorantità”.
Chi ritiene che queste mie analisi siano esagerate non ha che da andare a vedere che cosa Matteo Salvini (che dell’italica “ignorantità” si è eretto a unità di misura) ha detto al riguardo e, constatato che ha manifestato solidarietà sia a Trump che a Santanché, ammettere che queste analisi, lungi dall’essere esagerate, sono, ahinoi, terribilmente approssimate per difetto.

Giuseppe Riccardo Festa

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