1505 – DA NAPOLI A CARIATI – GIOVANBATTISTA SPINELLI FEUDATARIO DI UNA CONTEA

Il borgo fortificato di Cariati in una cartografia araba. L’intera mappatura delle coste italiane fu disegnata dall’ammiraglio turco Piri Re’is alla corte di Solimano il Magnifico (prima metà del XVI secolo).

di MAURO SANTORO

Nicola Campoli, anche se nativo e residente nella città di Parthenope – dal nome della mitica e bella sirena -, credo, oramai, gli possa essere riconosciuta l’emerita cittadinanza. Un’appartenenza identitaria derivante dalla sua costante presenza da quasi nove lustri in questo territorio, dal possedervi la proprietà di un’abitazione ma, soprattutto, per il suo attaccamento civico che manifesta con un amore viscerale non comune che sono conseguenza di lodevoli iniziative sociali e culturali. In definitiva, credo che Nicola Campoli possa essere considerato a pieno titolo cittadino di Cariati. Nondimeno, in realtà, egli potrebbe essere considerato anche cittadino di Terravecchia per quanto vi è legato e per la sua sincera ammirazione che nutre per il patrimonio culturale, architettonico e ambientale del paese.

D’altronde, nelle nostre società sempre più globalizzate e multietniche non è necessariamente cittadino di una comunità colui che vi risulta residente (basta pensare agli iscritti AIRE – residenti all’estero – nei cui albi sono inserite anche persone che non sono mai state né hanno mai visto il paese); così come non è obbligatoriamente cittadino di una determinata comunità chi vi è nato (basta pensare a tutti i bambini che vengono alla luce in una specifica struttura ospedaliera). In effetti, si può legittimamente ritenere che sia cittadino di un paese colui che ne condivide la cultura, le tradizioni e che si spende per promuoverne l’immagine e sostenerne la crescita, anche economica.

Dopo questa breve premessa doverosa, aggiungo che Nicola Campoli e Cataldo Formaro negli ultimi tempi hanno lanciato l’idea di un gemellaggio istituzionale tra i comuni di Napoli e Cariati. Ponendo i loro ragionamenti e le motivazioni alla base dell’iniziativa, prevalentemente, su due fattuali circostanze: che sono moltissimi i cittadini napoletani che da molto tempo hanno scelto di trascorrere le vacanze nella cittadina cariatese, essendo tanti di loro, tra l’altro, proprietari di abitazioni; che esiste un legame storico tra la cittadina jonica e la città partenopea che fu la capitale anche del Regno di Sicilia dopo l’unificazione al Regno di Napoli.

Tralasciando l’approfondimento sul primo aspetto, quella che in questo testo si vuole proporre al lettore è una riflessione sui riferimenti storici che più specificatamente avvicinano e condividono la città di Napoli e Cariati. I rimandi storiografici sono contenuti negli antichi eventi accaduti tra il 1505 ed il 1806, quando la legislazione napoleonica, in ultimo, abolì il feudalesimo. Più specificamente e soprattutto i legami tra i due paesi sono da riferirsi alle vicende che hanno coinvolto la famiglia Spinelli a quella che fu la Contea di Cariati.

Tenuto conto del lungo spazio temporale in questione, più di trecento anni, in questa prima fase l’approfondimento riguarderà la figura di Giovanbattista Spinelli, dal 1505 capostipite del ramo ereditario di Cariati il cui toponimo, in fine, distinguerà perennemente quel ramo della famiglia e sarà l’elemento identitario che quei nobili porranno in risalto ed evidenzieranno nella città di Napoli di cui erano originari.

Anche se con una certa brevità, rifletteremo su chi era il nobile feudatario e si tracceranno i principali eventi storici di cui è stato protagonista. In ultimo, tra l’altro, si cercherà di rispondere ai seguenti interrogativi: La famiglia Spinelli ha risieduto a Cariati? Ha abitato nel palazzo feudale che oggi è sede del municipio cariatese? Cosa condividono Napoli e Cariati?

Giovanbattista Spinelli, un personaggio di cui la storia ufficiale parla poco ma che, tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, contribuì a determinare il corso degli eventi che si susseguirono in quegli anni. Figlio del napoletano Troiano Spinelli divenne il capostipite della dinastia calabrese di Cariati, che poi, nel 1565, unificò le sorti al ramo di Seminara, originato dal fratello Carlo.

Giovanbattista, in realtà, fu la personalità più autorevole ed influente di quella dinastia. Infatti, il suo prestigio, l’alta considerazione che godeva presso la corte spagnola valse la fortuna di tutti i rami della famiglia Spinelli fino all’eversione della feudalità.

Il nostro doveva essere un personaggio colto, con una notevole preparazione giuridico-amministrativa essendo dottore in giurisprudenza e con padronanza discorreva in italiano, spagnolo e latino (lingua ufficiale nella composizione degli atti). Era un suddito devoto e fidato che operava nella riservatezza e con diplomazia, avendo come stella cometa l’impegno e la persistenza nel difendere e curare gli interessi dei sovrani iberici che serviva.

Giovanbattista divenne un nobile autorevole, stimato, ascoltato ed un influente consigliere di Ferrante d’Aragona prima, di Ferdinando il Cattolico poi e dell’imperatore Carlo V in ultimo.

Nel 1494 ancora ambasciatore a Venezia per conto di Ferrante d’Aragona seppe guadagnarsi il rispetto della monarchia francese allorquando, con la discesa di Carlo VIII a Napoli, gli fu proposto di passare al servizio di quest’ultimo. Rispose che egli rappresentava il sovrano spagnolo e che la sua fedeltà non era in vendita. Possiamo dire, volgendo lo sguardo alla politica dei nostri giorni, che Giovanbattista Spinelli non era un personaggio pubblico che cambiava casacca pur di mantenere potere e poltrona.

Il lavoro diplomatico che svolse con maestria e competenza fu di vantaggio alla campagna di conquista del Regno di Napoli che Ferdinando il Cattolico nel 1505 unificò al Regno di Sicilia.

L’operato di Spinelli, anche con l’elargizione di una somma di 10 mila ducati (con un potere di acquisto alla valuta odierna di 500.000 euro), in favore del re Cattolico, per l’acquisto di armi, dovette essere rilevante e determinante per il consolidamento della dinastia spagnola in Italia. Tant’è che lo stesso re Ferdinando, con gratitudine, il 20 febbraio 1505 regalò a Giovanbattista la contea di Cariati. Infatti, nei cedolari presso l’Archivio di Stato di Napoli è scritto che “… il Serenissimo Re Cattolico concedì… in remunerazione di sua fedeltà et servitij il Contado di Cariati”, che in quel tempo era costituito dai paesi di: Cariati, Terravecchia, Scala, Campana, Umbriatico, Bocchigliero, Cerenzia, Caccuri, Verzino e Rocca di Neto. Da quel momento, come già riferito, Cariati divenne il segno distintivo della famiglia di quel feudatario con il diritto di trasmettere ai suoi eredi tutte le concessioni ed i titoli ottenuti.

Archivio della Corona di Aragona, Privilegi, Libro 3. Conferma perpetua della Contea di Cariati a Giovanbattista Spinelli.            

Tuttavia, Giovanbattista, da molti nobili e tanti sudditi era ritenuto un uomo crudele, superbo, autoritario e che non aveva pietà di nessuno. Infatti, dopo la morte del vescovo Giorgio il 30 giugno 1515, luogotenente di Verona, per ordine dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo il conte di Cariati venne nominato nuovo luogotenente.

Spinelli esercitò le sue funzioni pubbliche con autorità, assumendo provvedimenti di sospensione del diritto di assemblea del Consiglio della città, vietando finanche la funzione deliberativa del governo veronese che riservò solo alle sue funzioni luogotenenziali. Perciò egli, per i suoi atteggiamenti, venne segnalato come “una persona molto altiera e superba” che comandava e decideva “quel tanto che a lui piacesse”.

Finalmente dopo furiosi combattimenti le truppe imperiali liberarono Verona dall’assedio dei veneziani, non senza dispendio di risorse economiche che Giovanbattista Spinelli pose a carico della città ormai allo stremo dell’economia, perché bisognava pagare le truppe e le vettovaglie per il loro sostentamento. Tanto erano gli arretrati maturati e non riscossi che scoppiarono piccole sommosse con la minaccia dei soldati di mettere a sacco la città di Verona. Il conte Spinelli, per placare gli animi e quietare le truppe, dai mercanti della città pretese e ordinò il pagamento di “dodicimila rainisi”. A nulla servirono i lamenti per le loro precarie condizioni finanziarie già segnati dal pesante prelievo fiscale; questi irritarono molto Spinelli, preoccupato piuttosto di placare le proteste delle truppe, che impose un aggravio se non avesse ricevuto la somma richiesta. Il giorno successivo il mancato pagamento della somma sarebbe stata gravata di “uno scudo e mezzo per ogni libbra d’Estimo” e dopo il secondo giorno l’aggravio sarebbe stato di quattro scudi e mezzo. I veronesi dovettero soccombere “a questa così acerba e crudele estorsione” cosicché i governatori inviarono dei nobili alla corte dell’imperatore per rappresentare il disappunto per le angherie a cui era soggetta la città. I lamenti dei veronesi non solo non ottennero attenzione per quanto l’imperatore Massimiliano d’Asburgo riferì di affidarsi alle decisioni assunte dal conte di Cariati. Perciò, nulla mutando, nel termine di otto giorni dovettero pagare le imposizioni fiscali e che furono sostenute principalmente dai commercianti veronesi.

             Nel gennaio 1516, morto Ferdinando il Cattolico, il nipote Carlo, all’età di 16 anni, fu incoronato re di Spagna, questi era anche nipote dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Il sovrano spagnolo con grande lavoro di ambasceria condotto dal nonno Massimiliano, infine, riuscì a pacificarsi con i francesi e i veneziani che avevano assediato Verona. L’autorevolezza e il timore che incuteva il conte di Cariati era fortemente diffuso e bastò ad evitare il sacco di Verona dopo la presa di possesso del vescovo di Trento. Infatti, la pace raggiunta non acquietò gli animi dei soldati che ancora non erano stati interamente pagati perciò si ammutinarono e iniziarono a saccheggiare alcune botteghe nella piazza della città. Nel corso dei tumulti accorse Spinelli insieme ad altri capitani e con grandi capacità diplomatiche riuscì a sedare i disordini convincendo i tumultuosi che a breve sarebbero stati liquidati. Se il conte di Cariati non fosse intervenuto “senza dubbio alcuno la Città sarebbe stata saccheggiata”. Il 13 gennaio 1516 il conte di Cariati ripartì alla volta di Napoli essendo ultimati i suoi impegni di rappresentanza della città veronese.

            L’autore Girolamo Della Corte, nella sua ricostruzione “Dell’istorie della città di Verona – 1544”, scrisse che i veronesi subirono più danni e angherie nei pochi mesi di amministrazione del conte di Cariati che nel resto del tempo “di tutti gli altri ministri e soldati Tedeschi, Italiani, e Spagnuoli”. Ciò accadde perché Spinelli era “superbo e crudele” e spesso in vari modi “tiranneggiò infiniti cittadini e mercanti sforzandogli a dargli danari o altre robe”, non avendo pietà di chi chiedeva misericordia, anzi “domandava il doppio più di quel che aveva fatto prima”. Riferisce ancora l’autore che se molte volte non vi fosse stato l’intervento compassionevole di tale Francesco Pignolato, fidato servitore e scrivano del conte di Cariati nell’ufficio fiscale, molto di più sarebbero stati i cittadini vessati e condannati. La fedeltà del Pignolato fu ricompensata degnamente, tanto che Giovanbattista Spinelli, con i poteri di luogotenente, decretò che gli fosse affidato in perpetuo, anche per i suoi eredi, un ufficio pubblico nel palazzo di città, “non ostante che quello fusse già stato dà Presidenti assegnato ad altro”.

Nel 1516 il sedicenne nipote di Massimiliano d’Asburgo fu incoronato re di Spagna con il nome di Carlo I. Un sovrano che, avvalendosi anche delle esperienze di Giovanbattista, divenne l’imperatore Carlo V che gli spagnoli definirono Maximo e che donò prestigio, potere e titoli al suo fedele servitore.

Basti pensare che dal 1516 al 1522, per salari, strenne e compensi vari Spinelli ottenne la consistente somma di 36 mila ducati, oltre ad altri 8 mila per vitalizi (sommati, con un potere di acquisto alla valuta odierna di 2.200.000 euro).

In particolare Carlo di Spagna apprezzò le qualità di mediatore e quelle di accorto e credibile informatore sui fatti del Regno di Napoli. La fedeltà, l’esperienza e la preparazione legislativa lo portarono a diventare uno dei consiglieri più influenti ed ascoltati da re Carlo. Il monarca nell’ottobre 1516 consolidò il suo particolare rapporto con Giovanbattista confermandogli il possedimento feudale della contea cariatese. Rimase immutata la prerogativa di trasmettere in perpetuum tutti i diritti ai suoi successori.

Lo scenario politico della Calabria continuava ad essere disturbato dalle azioni del re francese, Francesco I, che anelava ad avere mire di conquista sul Regno di Napoli.

Carlo di Spagna ritenne che in quell’imminente scenario di battaglie, combattute prevalentemente sul territorio calabrese, nella diplomazia estera fosse rappresentato da qualcuno di cui potesse fidarsi, oltre che contare su indubbie capacità mediatrici.

Per queste incombenze il 22 marzo 1517 egli nominò Giovanbattista consigliere reale per gli affari di pace e di guerra, perciò gli venne riconosciuto sull’intero territorio del Regno di Napoli e Sicilia il potere di negoziare e trattare in esclusiva rappresentanza del re.

La corona aragonese, consapevole di dover evidenziare alla nobiltà napoletana i riguardi ed il rango di cui godeva l’intera famiglia Spinelli, non lesinò particolari attenzioni anche ad altri componenti di quel casato.

Il 30 aprile 1517 Carlo I emanava un privilegio con il quale riconosceva le clausole del contratto matrimoniale tra Isabella Spinelli, figlia naturale e legittima di Giovanbattista e Livia Caracciolo, ed il promesso sposo Giovanni Francesco Di Capua. Tra l’altro, il disegno politico del re era quello di indirizzare ed avallare i legami che venivano ad instaurarsi tra i nobili del Regno e di conseguenza avere la garanzia che questi erano sottomessi alla monarchia spagnola.

Nel consiglio reale del successivo 15 giugno 1517, il re decretò la concessione perpetua di tutte le prerogative che Giovanbattista vantava sulla contea cariatese, compresa la gestione della giustizia civile e criminale con il potere di vita e di morte; ottenne, tra l’altro, anche il riconoscimento al diritto nella successione feudale.

Infatti, per esaudire la volontà del suo fidato consigliere, Carlo d’Aragona dispose che il diritto ereditario era esercitato dal figlio dello Spinelli, Ferdinando, e nel caso fosse morto prematuramente subentrava lo zio Carlo, signore di Seminara, seguito dal nipote Troiano.

Come gli eventi dimostreranno, in seguito, nel 1565, la volontà espressa da Giovanbattista agevolerà il matrimonio dei cugini Francesca e Scipione Spinelli, unificando di fatto il casato di Cariati-Castrovillari con quello di Seminara.

Blasone del casato Cariati di Giovanbattista Spinelli.  Rafforzato dall’aquila imperiale.

In realtà, l’attività svolta da Spinelli attirò su di lui le ritrosie e le maldicenze di tutti quei nobili che, per le relazioni riservate del conte cariatese, subivano i richiami e le punizioni inflitte dal re. In particolare, anche l’aristocrazia spagnola non sopportava l’idea che il consigliere italiano potesse avere più attendibilità ed ascolto degli iberici.

Sentimenti che furono ampliati diffondendo la voce che Giovanbattista era un diffamatore e che possedeva tutta la malizia italiana. Nella realtà la protezione del sovrano fu evidente al punto da porlo al riparo da abusi, ritorsioni e contrarietà. Per questo con un dispositivo del 3 aprile 1518 ordinava al tesoriere generale di Napoli di pagare il salario di 600 ducati allo “spettabile e amato Giovanbattista Spinelli”, commissario generale, che il re definiva: “modello di fedeltà, prudenza ed esperienza”.

Il giovane sovrano spagnolo nel giugno del 1519 fu nominato imperatore del Sacro Romano Impero con il nome di Carlo V. In occasione della sua incoronazione non mancò di evidenziare il ruolo e la considerazione di cui godeva Giovanbattista Spinelli, infatti il 10 maggio 1520 lo invitava alla cerimonia, sottolineando che avrebbe avuto piacere se “il consigliere nostro fedele e diletto” fosse stato presente al suo fianco.

Tralascio di citare gli altri innumerevoli vantaggi che Carlo V elargì a Spinelli facendo notare, però, che Giovanbattista fu autorizzato ad esporre nelle insegne della sua famiglia (scudo d’oro alla fascia rossa caricata di tre stelle d’argento) l’aquila coronata degli asburgo, con il motto “Cogitata perficiam”, ovvero “Realizzerò i Progetti”. Racchiudendo in queste due parole la proficua attività diplomatica svolta al servizio dei sovrani spagnoli dal conte di Cariati.

Il 26 ottobre 1521 l’imperatore emise un decreto in cui riferiva che, per soccorrere alle necessità finanziarie, poiché occorreva altra pecunias, per la somma di 28 mila ducati vendeva a Giovanbattista Spinelli la Terra di Castrovillari.

Lo stesso sovrano, in considerazione dei meriti e della onestà manifestata, il 20 aprile 1522, emanò un privilegio con cui elevava a ducato la città di Castrovillari, aggiungendo che il conte cariatese ed i suoi successori in perpetuo potevano fregiarsi del titolo di duchi.

Il 1522, in verità segna la fine della carriera del nostro personaggio per la sua sopraggiunta morte. Una morte che rimase avvolta in un alone di mistero, poiché erano evidenti le invidie ed i rancori che facevano ipotizzare una cospirazione a suo danno.

Lo storico Pericle Maone, citando le notizie riportate nel testo di Riccardo Filangieri “Scene di vita in Castel nuovo”, riferisce che Spinelli sbarcato a Napoli insieme a Cesare Pignatelli, conte di Monteleone, fu arrestato e rinchiuso nelle segrete del castello, concludendo che il 22 luglio 1522 Giovanbattista Spinelli moriva in quella prigione. In realtà ciò non poteva essere accaduto poiché Spinelli godeva dell’immunità reale che lo proteggeva da ipotetici arresti o reclusioni.

L’incongruità della sua improbabile carcerazione è da ricercarsi, probabilmente, nel fatto che il consigliere di ritorno dalla Spagna si ammalò e, data la sua autorevolezza, per essere curato dai medici reali fu ricoverato nel Castel nuovo, in un luogo sicuro ed al riparo da qualsiasi interferenza esterna.

Alla sua dipartita i suoi detrattori ebbero compito facile nel diffondere la voce del suo arresto che nei fatti non avvenne. La notizia generò sconcerto ed incredulità, ma con il trascorrere del tempo in realtà la sua memoria rimase per molti anni punto di riferimento della monarchia spagnola, tanto che l’alta considerazione continuò a generare vantaggi per i successori di Spinelli.

Gli eredi di Giovanbattista, primo conte cariatese e poi duca di Castrovillari, non furono all’altezza della sua dirittura morale, né sentirono il bisogno di consolidare alla famiglia l’immenso patrimonio accumulato. Addirittura la sua pronipote Francesca, figlia di Giovanbattista II, nel 1565, appena dopo 43 anni dalla morte del bisnonno, subì l’onta del fallimento e la vendita all’incanto della contea di Cariati, e mentre il ramo cariatese degli Spinelli regrediva quello di Seminara si consolidava.

Nel trascorso della famiglia Spinelli di Cariati, in effetti, accadde ciò che sin­tetizza l’antica saggezza popolare: A ricchizza c’è china a fà, chini sa gora, e c’è china a ristruggia (La ricchezza di una famiglia è accumu­lata per l’impegno di una persona, le generazioni successive go­dono di quel benessere senza sacrifici, altri, infine, ne disperdono i frutti).

Tralasciando il richiamo alle diverse successioni feudali avvenute dopo la morte di Giovanbattista, sollecitando la lettura dei due libri riportati a piè di pagina di questo testo, si evidenzia, però, che tutta la dinastia Spinelli mai rinunciò né mai potette farlo di vendere Cariati e Terravecchia altrimenti avrebbe perduto il titolo di conte e poi quello di principe incardinati indissolubilmente e perpetuamente per decreto reale al nome di Cariati.

Nel prosieguo, si cercherà di rispondere agli interrogativi: La famiglia Spinelli ha risieduto a Cariati? Ha abitato nel palazzo feudale che oggi è sede del municipio cariatese? Cosa condividono Napoli e Cariati?

In effetti, dalla documentazione storiografica sino ad ora rinvenuta o citata da altri autori, non si hanno notizie se e quando il nuovo conte Giovanbattista, nel 1505 o dopo, prese possesso del feudo recandosi nella capitale della contea, o se con la sua famiglia si trasferì a vivere nella cittadina calabrese, poiché fino ad oggi non sono pervenute notizie di palaz­zi gentilizi con le insegne del blasone della famiglia Spinelli a Cariati. Del resto, la cittadina jonica, a quel tempo, aveva le dimensioni di una piccola co­munità con una popolazione non elevata. Nel 1532 Cariati era censita per 138 fuochi, equivalenti a circa 950 persone, e certamente il tessuto urbano e sociale non consentivano di condurre una vita agiata fatta di comodità e mondanità a cui erano abituati i nobili provenienti dalla capitale napoletana.

Dalle fonti esaminate e dai fatti sopra descritti, accaduti tra la fine del 1400 e il primo ventennio del 1500, si può ipotizzare, ma con scarsa probabilità di essere vero, che nel decennio successivo alla concessione della contea, Giovanbattista possa aver soggiornato solo per qualche breve periodo a Cariati, mentre appare più probabile che egli, per i numerosi impegni istituzionali affidati dal re, viveva più assiduamente a Napoli ed era presente ripetutamente presso la corte in Spagna. Nella capitale partenopea, in cui risiedeva la sua famiglia, svolgeva con diligenza le funzioni di uditore generale che il sovrano Ferdinando il Cattolico aveva istituito presso la sua corte, che assegnava ad un dottore napoletano, con il com­pito di informarlo degli accadimenti e della politica partenopea, aiutandolo ad assumere le decisioni più convenienti ed efficaci per la stabilità del Regno.

Appare più veritiera la circostanza, per essere realmente accaduta, che Giovanbattista Spinelli, da Napoli, abbia provveduto alla nomina delle autorità locali per gli affari della giustizia. Ai fiduciari e procuratori affidò la gestione dei beni e delle rendite feudali e burgensatiche, ad altri nobili locali affittò la riscossione delle platee fiscali, le gabelle e tutte le angherie di cui era titolare per effetto del privilegio reale del 1505. Cosicché, nella capitale del Regno si limitava a regolare la contabilità ed a ricevere le periodiche relazioni sullo stato della conduzione del contado.

Oltre, ovviamente, all’incasso delle tasse, imposte e balzelli che gravavano sui poveri sudditi che subivano l’imposizione fiscale con irremovibilità e con pugno di ferro, che erano tipici dell’agire del conte Giovanbattista. Una mole di ricchezza che la famiglia Spinelli usava per aumentare il prestigio, acquisire proprietà e in più per soccorrere il re con prestiti di denaro. Accadeva che mentre i paesi della contea si impoverivano Spinelli, ed in generale la nobiltà, spesso dilapidava una grande quantità di ricchezza anche per sostenere i membri del casato o per la costituzione delle doti matrimoniali e per quelle necessarie al sostentamento dei religiosi della famiglia.

In definitiva si può affermare che fino a quando dagli archivi non emergerà della documentazione probante che possa dimostrare il contrario, è più probabile avanzare l’ipotesi che Giovanbattista Spinelli e la sua famiglia non hanno risieduto né hanno abitato a Cariati.

In quel periodo la città di Napoli era divenuta il centro dello svilup­po della vita civile, della cultura e del benessere. I baroni ed anche la nobiltà calabrese, trasferitasi in massa, ostentavano potenza e ric­chezza partecipando ed organizzando costosi e sfarzosi ricevimenti per ingraziarsi le influenti autorità vicereali. La ricchezza prodotta nei feudi della Calabria era sperperata nei palazzi della capitale e nella conduzione di una vita mondana che non considerava né gli onorati né la plebe che a stento producevano i beni consumati dai feudatari e dai loro congiunti.

I numerosi investimenti immobiliari, con il consenso delle au­torità, estesero il perimetro urbano della capitale nelle campagne circostanti. Anche la famiglia Spinelli investì nella conseguente speculazione edilizia, infatti, il conte cariatese, con la mediazione dei monaci del taumaturgo Francesco di Paola – poi santo, acquistò dai certosi­ni il possesso delle colline partenopee di San Martino, per un censo annuo di 50 ducati. Successivamente, nel 1538, il viceré Pietro Di To­ledo concedette il definitivo riconoscimento della piena proprietà.

Su quelle aree agricole furono costruite delle case e l’antica villa rurale che vi sorgeva venne radicalmente ristrutturata, divenendo la dimora degli Spinelli che, con i successivi ampliamenti e deco­razioni, nel 1767, divenne uno dei più sontuosi palazzi di Napoli. Il quartiere che si edificò su quei pendii collinari prese il nome del­la cittadina cariatese ed il complesso architettonico fabbricato fu chiamato Palazzo Cariati. Attualmente è ubicato tra Corso Vittorio Emanuele e Vico Cariati.

L’edificio, caratterizzato da un particolare cortile ellittico, unico nella sua forma ovoidale, divenne il simbolo dell’autorevolezza della nobile famiglia Spinelli che per sempre venne identificata con il nome della contea calabra.

Difatti dal 1505 Giovanbattista Spinelli, in tutti gli atti reali emanati in suo favore e con la dicitura posta al principio di ogni decreto, fu sempre identificato Comitis Cariati, come se fosse il suo nuovo nome e cognome.

Oggi una porzione di quell’antica area collinare acquistata dal conte Giovanbattista e poi urbanizzata, nello stradario ufficiale della città di Napoli, include: Piazzetta Cariati (delimitante i quartieri Chiaia e parte di Montecalvario); Vico Cariati (comprendente altra porzione del quartiere Montecalvario); Salita Cariati (limitante i quartieri San Ferdinando e altre porzioni di Chiaia e Montecalvario).

Particolare del palazzo.
NAPOLI: Palazzo Cariati – Vista da Corso Vittorio Emanuele. 

In conclusione della relazione storica sviluppata, si può certamente affermare che, effettivamente, esistono tutte le condizioni per promuovere e poi istituire il gemellaggio tra Napoli e Cariati, anche per attualizzare l’antico e storico legame tra i due comuni che, tra le altre motivazioni, include la condivisione di una identica onomastica conferita ad uno specifico territorio, ovvero CARIATI.


=  TESTO E FOTO TRATTI DA:

  1. Il Principato di Cariati e gli Spinelli suoi feudatari – Note storiche di archivio (1505-1814) – Editoriale Progetto 2000 – Anno 2005.
  2. Giovanbattista Spinelli conte di Cariati e duca di Castrovillari alla corte dell’imperatore Carlo V – Editoriale Progetto 2000 – Anno 2008; nel 2009, ha ricevuto la menzione speciale per gli studi storici alla XXIII edizione del premio Troccoli – Magna Graecia (Cassano allo Ionio).

Il libro è citato in: ENCICLOPEDIA TRECCANI – Dizionario Biografico degli Italiani – Vol. 93 – Anno 2018.

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