
di Antonio Loiacono
C’è un Sud che aspetta, che spera, che resiste. E poi c’è un Sud che si indigna, perché ogni volta che il futuro sembra bussare alle sue porte, trova una serratura arrugginita, una promessa rimandata, un’opera a metà. È la storia di sempre, quella che oggi si ripete con l’Alta velocità ferroviaria destinata alla Calabria, fotografata impietosamente dal Documento di finanza pubblica approvato dal Consiglio dei ministri.
Il dato è crudo: per completare la linea fino a Reggio Calabria servirebbero oltre 30 miliardi di euro. Una cifra enorme, che stride con i circa 12 miliardi attualmente disponibili, appena sufficienti a portare l’AV fino a Praia a Mare, all’estremo nord della regione, lasciando ancora una volta Reggio — e l’intera dorsale jonica e tirrenica calabrese — fuori dalla grande rete infrastrutturale nazionale. E così l’Alta velocità si trasforma nell’Alta distanza.
Colpisce — ma non sorprende — che l’unico tratto realmente coperto da fondi europei sia quello in Campania, tra Battipaglia e Romagnano, per un valore di 1,8 miliardi di euro, finanziati con le risorse del PNRR, in linea con le scadenze del 2026. Il resto, per la Calabria, si regge ancora su fondi nazionali stanziati nel 2021 dal governo Draghi. Nulla di nuovo sotto il sole del Mezzogiorno: ancora una volta il Sud è condannato a rincorrere, affidato a risorse incostanti, progetti spezzati e visioni parziali.
Il rischio è concreto, ed è quello di un’Alta velocità che si ferma, simbolicamente e fisicamente, alle soglie della Calabria. Un treno che arriva a Praia a Mare e lì si arresta, lasciando il resto della regione indietro, connesso solo da vecchie linee, tempi infiniti e disuguaglianze cronicizzate. È la fotografia di un’Italia che, quando si tratta di infrastrutture, mostra ancora il volto di un Paese a due velocità: una che corre e una che, a malapena, cammina.
A mancare, più ancora dei 18 miliardi che servirebbero a completare l’opera, è una visione strategica, un’idea di Paese capace di considerare la Calabria non più come un’appendice marginale, ma come un nodo centrale di un’Italia unita non solo nella geografia, ma anche nei diritti, nelle opportunità, nei servizi.
Il tempo delle attese, per il Sud, sembra infinito. Ogni occasione persa è sviluppo mancato, lavoro negato, speranza tradita. E quest’Alta velocità che forse non arriverà mai a Reggio Calabria rischia di essere l’ennesima occasione mancata, l’ennesimo treno perso.
Perché nel Mezzogiorno, da sempre, più della velocità conta il coraggio: quello di cambiare davvero le priorità di questo Paese.
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