CALABRIA, L’ACQUA C’È… MA NON ARRIVA: IL PARADOSSO DI UNA TERRA ASSETATA!

Allaro: una delle più importanti fiumare calabresi

Antonio Loiacono

In Calabria, l’acqua c’è. Ce lo dicono i dati, ce lo raccontano le montagne, le valli, le sorgenti che da secoli disegnano il paesaggio di questa terra antica. Eppure, paradossalmente, l’acqua manca. Manca nei rubinetti di casa, nei serbatoi comunali, nelle campagne arse d’estate e nei vicoli dei borghi storici, dove i cittadini si ritrovano costretti a fare scorte come in tempo di guerra.

La notizia della proroga di sei mesi dello stato di emergenza idrica, deliberata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 21 marzo, non è altro che l’ennesima conferma di un problema cronico che affligge il territorio calabrese, in particolare la Città Metropolitana di Reggio Calabria, la provincia di Crotone e una lunga lista di comuni cosentini. A sancirlo già lo scorso agosto era stata la Giunta della Regione Calabria con una delibera che certificava un “grave deficit idrico nel comparto idropotabile”.

Il punto è che non si tratta di una terra povera d’acqua — anzi. La Calabria vanta una delle risorse idriche più abbondanti e di migliore qualità d’Italia e d’Europa. Secondo studi e censimenti storici, la regione può contare su oltre 20.000 sorgenti, con una disponibilità annua superiore a 1,3 miliardi di metri cubi. Un patrimonio naturale straordinario che, però, si perde lungo i chilometri di reti colabrodo che costellano il territorio.

I numeri parlano chiaro: il 48,7% dell’acqua immessa in rete si disperde. Una perdita superiore alla già preoccupante media nazionale del 42,4% e in netto peggioramento rispetto a poco più di dieci anni fa, quando le perdite si attestavano intorno al 34,6%. In pratica, quasi la metà dell’acqua potabile calabrese svanisce prima ancora di arrivare ai cittadini.

È un dato che fa riflettere. Un fallimento che pesa su infrastrutture vecchie, manutenzioni carenti e una gestione idrica che, evidentemente, non è mai stata al passo con le reali potenzialità e necessità del territorio.

Nel frattempo, mentre la Calabria assetata fa i conti con i razionamenti, le autobotti e le proteste, il patrimonio idrico della regione resta in gran parte non valorizzato, o peggio, sprecato. Un controsenso che stride ancora di più alla luce delle raccomandazioni europee, che invitano a investire in reti idriche moderne, sistemi di depurazione efficienti, pratiche agricole sostenibili e strategie di mitigazione del rischio idrogeologico.

La Calabria deve non essere più terra di paradossi e trasformare le sue straordinarie risorse idriche da emergenza a risorsa strategica. Questo significa investire concretamente, pianificare interventi strutturali, digitalizzare e monitorare le reti, proteggere le sorgenti dall’inquinamento agricolo e urbano, prevenire dissesti e frane in un territorio tra i più fragili del Paese.

Basta acqua sprecata, basta attese, basta emergenze che durano da decenni. La Calabria ha nelle vene una ricchezza che il mondo ci invidia. È tempo di trasformare questa ricchezza in diritto, questa speranza in certezza.
Perché un popolo che non ha acqua, è un popolo che non ha futuro. E la Calabria merita, oggi più che mai, di dissetare la sua sete di normalità.

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