
■Antonio Loiacono
Oggi si celebra un anniversario di straordinaria importanza per la memoria collettiva dell’umanità: gli 80 anni dalla liberazione di Auschwitz, il campo di sterminio nazista che rimane il simbolo più evidente della brutalità del regime nazifascista e della devastazione dell’Olocausto. Non si tratta soltanto di un ricordo del passato, ma di un momento cruciale per riflettere sulle responsabilità del presente e sull’urgenza di contrastare fenomeni di negazionismo, odio ed intolleranza che, drammaticamente, riaffiorano anche nei giorni nostri.
La commemorazione odierna è caratterizzata dalla partecipazione di numerose delegazioni internazionali. Leader di spicco come il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, re Carlo del Regno Unito, Emmanuel Macron per la Francia e Olaf Scholz per la Germania testimoniano un impegno globale a mantenere viva la memoria dell’Olocausto. La loro presenza rappresenta un messaggio chiaro: l’orrore di quegli anni non deve mai essere dimenticato, né banalizzato.
Tuttavia, la cerimonia non è priva di segnali geopolitici significativi. L’assenza della delegazione russa, il cui esercito fu protagonista della liberazione del campo, e quella del premier israeliano Benjamin Netanyahu, sollevano interrogativi sullo stato attuale delle relazioni internazionali e sul modo in cui la memoria storica si intreccia con le tensioni del presente.
Il presidente Mattarella, presente anche oggi ad Auschwitz, si è sempre distinto per la sua attenzione verso il tema della memoria storica, partecipando in passato a eventi come la “Marcia dei vivi”, che riunisce migliaia di giovani nel tragitto tra Auschwitz e Birkenau. Nel suo discorso, Mattarella ha spesso ricordato l’importanza della testimonianza diretta dei sopravvissuti, veri custodi della memoria, e ha sottolineato la necessità di trasmettere alle nuove generazioni la consapevolezza dei crimini del passato.
In un momento storico in cui i testimoni diretti della Shoah stanno scomparendo, la memoria deve essere alimentata con rinnovata dedizione. Le parole di Mattarella contro “l’odio, l’antisemitismo e l’indifferenza” risuonano come un monito alla società contemporanea, richiamando la responsabilità collettiva di vigilare contro il riemergere di ideologie estremiste e contro il pericolo dell’indifferenza, spesso premessa per nuovi crimini contro l’umanità.
Anche Papa Francesco ha voluto sottolineare l’importanza di questa giornata, ricordando come “l’orrore dello sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi non può essere né dimenticato né negato”. Le sue parole riflettono un appello universale a combattere ogni forma di discriminazione ed a promuovere una cultura di rispetto ed inclusione, che superi le divisioni religiose, etniche o ideologiche.
Questo richiamo assume particolare rilevanza oggi, quando l’antisemitismo ed altre forme di intolleranza sembrano crescere nuovamente in alcune aree del mondo. Non basta ricordare; è necessario agire concretamente per garantire che tali tragedie non si ripetano.
La giornata odierna non è solo una celebrazione, ma un invito ad un’azione concreta e collettiva. Ricordare Auschwitz significa riconoscere i segni del passato nelle sfide del presente, lottare contro l’indifferenza e costruire una società in cui odio e discriminazione non trovino spazio.
Come ha ricordato più volte il presidente Mattarella, “la memoria non deve essere solo un esercizio commemorativo”, ma una forza viva che alimenta il nostro impegno per un futuro di pace, libertà e giustizia. Oggi, più che mai, questo messaggio risuona con forza.
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