
Questo racconto umoristico, che traggo dalla mia raccolta I GIORNI DEL GIUDIZIO, disponibile su Amazon, non vuole assolutamente essere irriverente nei confronti del papa regnante ma anzi essere un omaggio alla sua forza e alla sua resilienza. Oso pensare che, se gli capitasse di leggerlo, potrebbe trovarlo divertente. Spero comunque che lo trovino divertente i lettori di Cariatinet!
UNA DOLOROSA CIRCOSTANZA
Il cardinale Ermenegildo Sogliano trovò il suo eminentissimo collega, il cardinal Luigi Strozzi degli Urlandini, che già era seduto al suo scranno, al grande tavolo circolare, e tamburellava con le dita sul ripiano di lucido mogano. Andò a sederglisi accanto e posò sul tavolo la cartellina che teneva sotto il braccio.
«Buongiorno, eminenza» gli disse l’altro. «Che notizie?»
Sogliano allargò le braccia: «Buongiorno a lei, eminenza. Aspetto a momenti il bollettino medico. Finora niente di nuovo. Non peggiora e non migliora».
«E i dottori? Che dicono i dottori?»
Il cardinale sollevò lo sguardo al cielo ed emise un profondo sospiro: «Non sanno che dire. È un miracolo che sia ancora vivo, con gli anni e gli acciacchi che ha…»
«Proprio così, eminenza: un vero miracolo».
Ai due principi della chiesa se ne unì un terzo, il francese Monseigneur Jean Jacques Tricotant de Mont-Rouge-sur-les-Grands-Alpes, Arcivescovo di Notre-Dame de Paris, che a onta del suo interminabile nome era alto appena un metro e cinquantacinque centimetri. I giovani vescovi della Curia, alcuni dei quali si abbandonavano a giochini goliardici, in verità poco consoni con la dignità episcopale, scherzavano sul suo status di “alto prelato” e lo chiamavano “sua eminenza corto in tutto a parte il nome”, insinuando che anche la sua intelligenza non si sollevasse molto oltre la quota della sua berretta cardinalizia.
«Bonjour, mes chers confrères» disse cordiale, con la sua vocetta un tantino stridula.
«Bongiùr a lei, eminenza» gli rispose Sogliano che, pur essendo da anni a capo della Segreteria di Stato, non aveva mai imparato le lingue.
«Eh bien, messieurs, quoi de nouveau?»
«Eminenza, per favore, le spiace parlare in italiano?»
«Iò vi pregò di schiù-sarmì» fece l’altro con un sorriso timido. Era cardinale da poco, e gli altri due invece facevano parte del gruppo degli anziani. «Il mio italianò non è moltò… come si disce? Molto… apetìtosò?»
«Buono, eminenza: si dice buono».
«Merci… non è moltò buonò. Schiusà-temì ancora».
«Ma no, ma no» lo tranquillizzò il degli Urlandini con un sorriso, indicandogli lo scranno accanto al suo: «non ha nulla di cui schiusarsi…»
Il francese si arrampicò a fatica sul seggio e rimase coi piedini penzoloni a cinque centimetri da terra. «Ma… Perdonà-temì…» fece, chiedendosi perché mai gli altri due si sforzassero in modo così plateale di guardare altrove: «Perdonà-temì, che nouvelles dagli apartementì di Sa Sainteté?»
A Sogliano passò subito la voglia di ridere. «È stazionario» disse cupo. «non peggiora e non migliora».
«Oh, mon Dieu, c’est effrayant… pardon, volevò dirè… è terì-bilé !».
Entrarono nella sala, tutti insieme, gli altri membri del Sacro Collegio. Su tutti i volti si leggeva la stessa ansia che turbava e angosciava i primi tre arrivati. Scambiando cenni di saluto con i loro confratelli già seduti, tutti presero posto.
La serietà del momento aveva indotto anche i cardinali più anziani, non eleggibili al Soglio, ad abbandonare i loro eremi e le loro meditazioni per unirsi ai più giovani colleghi. C’era l’ottuagenario monsignor Annibale Palazzi di Torgiano, c’era il novantenne monsignor Juan Albérto de Commodoro y Rivadavia, venuto apposta da Buenos Aires; c’era anche il suo coevo, il berlinese monsignor Hans Karl Hildescheimer von Liebestraum, e c’era addirittura il novantottenne monsignor Peter Kent, che era arrivato dal Sydney e che per la verità, con quel nome così breve, fra i suoi confratelli si sentiva un po’ a disagio.
Decisamente meno anziani, si notavano monsignor Naguro Katayama Sushi, dal carattere crudo come il suo nome, primate della Chiesa giapponese; monsignor John Henry Scott Fitzpatrick, capo della Chiesa statunitense, alto e ascetico e sempre con un sigaro in bocca; e, severo ed altero, monsignor Charles Smith Elliot Desmonds, arcivescovo di Canterbury.
Scuotendo vigorosamente un campanellino d’argento, monsignor Sogliano fece cessare il brusio degli astanti, che volsero a lui gli sguardi intenti e preoccupati.
«Eminentissimi confratelli, membri tutti del Sacro Collegio, nella mia veste di Segretario di Stato ho l’onore di dare a voi tutti il benvenuto. Se vorrete avere la bontà di alzarvi in piedi, potremo recitare insieme una prece al Signore, per il bene della Sua Santa Chiesa e per la salvezza del Santo Padre».
Tutti si alzarono, in un gran frusciare di vesti e spostar di poltrone che si concluse col rumore dei piedini di Monseigneur Jean Jacques Tricotant de Mont-Rouge-sur-les-Grands-Alpes che raggiungevano il pavimento.
Ad occhi chiusi e mani giunte, tutti gli alti prelati recitarono compunti il pater-ave-gloria guidato da monsignor Sogliano, dissero tutti in coro un amen finale e si segnarono, per tornare subito a sedersi.
Per qualche istante tutti tacquero, pensosi e con le fronti corrugate, fissando un unico punto.
Guardavano tutti monseigneur Jean Jacques Tricotant che tornava faticosamente ad arrampicarsi sul suo seggio.
Quando il prelato d’oltralpe ebbe finito di sedersi, per un istante il brusio ricominciò; ma un nuovo scampanellio lo fece cessare.
«Eminenze» disse monsignor Sogliano «permettetemi innanzitutto di esprimere, a nome del Sacro Collegio, il ringraziamento più affettuoso e sincero ai presuli che hanno affrontato lunghi viaggi e disagi per potersi unire a noi in questo difficile momento…»
Fu interrotto da un discreto bussare alla porta della grande sala, sulla quale si affacciò un giovane vescovo, con un foglio in mano, che ristette rispettoso in attesa.
Al cenno del cardinale, si avvicinò rapido al tavolo, gli porse il foglio e velocemente uscì, non senza aver lanciato un’occhiata verso Monseigneur Jean Jacques Tricotant e aver represso una risatina.
«Ricevo in punto» disse il Cardinale Segretario di Stato, scorrendo rapido il foglio, «ricevo in punto il bollettino medico emesso dal consulto permanente raccolto intorno al capezzale del nostro amato pontefice».
Tutti si protesero in avanti, l’ansia dipinta sui volti.
Il Cardinal Sogliano leggeva, annuendo gravemente. Poi rialzò lo sguardo, posò il foglio, si sfilò un fazzoletto dalla manica sinistra e si soffiò il naso.
La tensione, nella grande sala, era palpabile.
Il Cardinal Sogliano rimise il fazzoletto nella manica e riprese il foglio. «Niente di nuovo, purtroppo» disse con voce più che mai grave.
Un sospiro collettivo scosse i petti di tutti i presenti. Il sospiro del Cardinal Peter Kent fu tanto profondo da provocargli un violento colpo di tosse, che gli spostò in fuori la pròtesi dentaria inferiore. Abituato a questi fenomeni, egli, con una rapidità rimarchevole in un uomo di quella età, subito la rimise in situ con un veloce batter sulle labbra delle ossute dita della mano destra.
«Ci dica, eminenza, la prego!» gli disse da poco lontano, con voce colma d’angoscia, il primate di Polonia, monsignor Fryderik Szrpytwyžynsky.
Prima di rispondergli, monsignor Sogliano posò il foglio, estrasse un fazzoletto dalla manica destra, si tolse gli occhiali, li pulì, li inforcò di nuovo e rimise a posto il fazzoletto. Stava molto attento a prendere il fazzoletto giusto, quando si soffiava il naso e quando puliva gli occhiali, per evitare, in caso di errore, di avere poi problemi di lettura.
Infine riprese nuovamente il foglio e si volse all’interlocutore. «Il Santo Padre, caro monsignor…» impallidì, riconoscendo l’interlocutore, e soprattutto pensando alla collezione di consonanti che costituiva il suo nome. Rapido sollevò lo sguardo ad abbracciare tutti i presenti: «Il Santo Padre, illustrissime eminenze, come tutti sapete soffre dei malanni che accompagnano la sua età avanzata: insufficienza cardiaca, enfisema polmonare, epatite cronica, diabete, un blocco renale bilaterale, difficoltà respiratorie, doppia cataratta inoperabile, artrite deformante, carenze circolatorie, ulcera gastro-duodenale, aderenze intestinali, stipsi, prostatite cronica con conseguente difficoltà a mingere e impotentia coeundi… Quest’ultimo, naturalmente, sarebbe il minore dei mali».
«Beh, io sono molto più giovane» pensarono con un certo sollievo alcuni degli astanti a proposito del minore dei mali. Nessuno di loro, tuttavia, ritenne di esprimere a voce alta questa riflessione.
«Formulo al suo indirizzo l’espressione del più fervido ringraziamento, eminenza» gli rispose monsignor Paulo Domingo Carvalho do Santo Espiritu, arcivescovo di Rio de Janeiro, che si dilettava di retorica italiana e il cui accento carioca ricordava stranamente la parlata di un camallo genovese. «Come giustamente ella notava, tutto questo è già noto alle menti nostre affaticate dal duolo. Ma ci sono cambiamenti? La Santa Chiesa è come una nave colta dalla tempesta, ed ora più che mai è necessario che il suo pilota possa tenere salda la rotta fra i marosi che insidiano il suo fragile guscio».
«What the hell did he say?» chiese in un sussurro monsignor Willibald Cotton Mc Stairs, che veniva dalla Scozia, al suo vicino: «Key diavolow ha dettow?».
Il suo vicino, malauguratamente, era Monseigneur Jean Jacques Tricotant de Mont-Rouge-sur-les-Grands-Alpes. «Mi dispiasce, siniore» gli rispose, «mais io non parlo il portoghese, e l’inglese non plus».
«What the hell did you say?» replicò lo scozzese.
Un nuovo, perentorio trillo del campanello di monsignor Sogliano li richiamò all’ordine.
«Non ci sono cambiamenti, purtroppo» disse il Cardinale Segretario di Stato.
«Pero el Papa esta siempre vivente» commentò il primate della Chiesa spagnola, monsignor Carlos Fuente Gutierrez de las Tardes y Mañanas y Buen Retiro.
«Sì, eminentissimo collega. Sua santità sbalordisce tutti i medici, è ormai un fenomeno di livello mondiale. Tutti i giornali aprono la prima pagina con la notizia della morte imminente del Santo Padre che tuttavia, grazie indubbiamente alle preghiere dei fedeli di tutta la Santa Madre Chiesa, non giunge a spegnerlo».
«Credo che anche questa volta supererà la crisi» affermò il cardinal degli Urlandini. «Già numerose altre volte sua santità ha dato a noi tutti l’impressione di voler abbandonare questo mondo per poi tornare, incredibilmente, a riprendersi e sedere, sia pur stancamente ma con decisione, sul soglio di Pietro».
«I remember…» gracidò monsignor Kent in un colpo di tosse: «I remember the first time such a situation occurred, I was still a student in the Sydney Archiepiscopal Seminar…»
«Che ha detto?» chiese Sogliano a degli Urlandini.
«Ha detto che quando Sua Santità fu per morire la prima volta, lui era studente al seminario arcivescovile di Sydney. Quindi pressappoco una settantina d’anni fa. Io avevo cinque o sei anni».
«Nwoi dwobbiamo esserwe rjcwonoscjenty a nwostro Signorwe che cy conswerva cosjì a lwngo nwostro amatwo pope!» esclamò con vigore monsignor Igor Salzebrynskj Strologov, primate cattolico di rito greco-ortodosso della Chiesa bielorussa. «Lui cyentwo e quaranta annwo, e ancwora nwostro batjuska!».
«Mai papato è durato tanto a lungo» convenne monsignor degli Urlandini.
«E nemmeno vita umana» aggiunse qualcuno.
«Proprio così» confermò Sogliano. «E mai papa è stato più amato dai fedeli».
«Ogni volta che s’ammala, e sembra che stia per lasciarci, folle di credenti si precipitano in tutti i luoghi di culto, offerte riempiono le cassette delle elemosine, candele ardono su tutti gli altari, incensi sono arsi, messe su messe sono officiate in suffragio della sua anima e soprattutto per implorare la sua salute».
«E questa volta più di ogni altra».
«Proprio così: in tutto il mondo».
«C’est bien vrai» affermò monseigneur Jean Jacques Tricotant: «A Paris on ne fait que prier, tous le jours, du matin au soir, et même pendant la nuit : des milliers et des milliers de gents, dans toutes les églises…».
«A Parigi pregano tutti, dalla mattina alla sera…» iniziò a tradurre degli Urlandini per monsignor Sogliano, che lo interruppe: «Grazie, ho capito, ho capito».
Monsignor John Henry Scott Fitzpatrick si tolse il sigaro di bocca: «In the States alike» disse, annuendo con forza.
«Und auch in Deutschland und Österreich» asserì serio monsignor Hans Karl Hildescheimer von Liebestraum.
«Eziandio in Brasile» fece, fervido, monsignor Paulo Domingo Carvalho do Santo Espiritu: «ognora si levano al cielo le preci! perfino in Rio non si odono che orazioni! Prega Rio de Janeiro, ove di questi tempi, in diverse circostanze, impazzerebbe il carnevale col suo osceno e pagano seguito di peccaminose adulazioni e licenziose esibizioni…»
«Eminénza, la prégo!» disse secco monsignor Sushi: «abbiàmo capìto! Pùre a Tokyo, e Kyoto, e Nagoya, e Yokohama; ovùnque, in Giappòne, i fìgli del sòl levànte non fànno che pregàre per la salùte del nòstro pàpa. È perfìno scésa la produziòne industriàle!»
«Tambien en Argentina!» gridò monsignor Juan Albérto de Commodoro y Rivadavia.
«Anche in Argentina è scesa la produzione industriale?» gli chiese sorpreso il presule nipponico.
«Sì señor: den noventa por cien. En Argentina todo el mundo esta orando por el papa, y nadie trabaja».
«Latìni!» borbottò monsignor Sushi: «Ogni scusa è buona per non lavorare! Da noi è scesa del cìnque per cento».
«Everybody prays all the time also in Australia and the South Pacific Islands!» tossì il cardinale Kent.
«È così dovunque, eminenze eccellentissime» disse monsignor Soldano interrompendo il coro delle conferme. «Tutti, da oltre ottanta anni, si affollano nelle chiese per pregare, ogni volta che il nostro amato papa ha non dico un malessere, sia pur passeggero, ma anche il più banale raffreddore, una lieve tonsillite o una insignificante infiammazione delle prime vie aeree. E le preci raggiungono il Cielo, e sono ascoltate; ed ogni crisi è così superata, e il santo padre ritrova vigore, ed egli torna così al suo ministero».
«Da ottant’anni» disse il Cardinal degli Urlandini, compunto, alzando al viso le mani giunte: «da ottant’anni sempre lo stesso papa!».
«E questa volta?» chiese, più che altro a se stesso, monsignor Szrpytwyžynsky.
Non ebbe risposta, perché tutti capirono che la domanda era retorica. Ed anche perché tutti erano terrorizzati dall’idea di pronunciare il suo nome.
«Todos estan orando per lui, esta vez tambien» mormorò il cardinal Carlos Fuente Gutierrez de las Tardes y Mañanas y Buen Retiro.
«Se pwope sta malwe, twutti per lwui pregware, e lwui guarire!» disse monsignor Igor Salzebrynskj Strologov lisciandosi la lunga barba candida.
«È molto amato, il più amato nella storia» confermò monsignor Soldano: «Appena la gente sa che sta un po’ male…».
«Tuttì preganò, e luì non è più malade!» sospirò monseigneur Jean Jacques Tricotant.
«Molti cardinali, da lui stesso eletti principi della Chiesa, sono passati a miglior vita già da molto tempo…» disse con voce meditabonda monsignor Szrpytwyžynsky.
«Noi stessi invecchiamo» confermò monsignor Soldano «e certamente, se grazie ai suffragi dei fedeli il nostro amato pontefice ci sarà ancora conservato in vita, anche noi torneremo al Creatore ben prima di lui. Di sicuro, come gli eminentissimi monsignori Kent, Palazzi di Torgiano, Commodoro y Rivadavia nonché Hildescheimer von Liebestraum, supereremo l’età limite per l’eleggibilità al soglio».
«Certamente» sospirò Paulo Domingo Carvalho do Santo Espiritu. «Perché grande è il potere della prece del popolo di Dio. Se il Popolo di Dio prega per il Santo Padre, se il gregge innalza preci per il suo Pastore, Dio ascolta, ed accoglie i suoi voti».
Il cardinale degli Urlandini scostò la manica di porpora dal polso e guardò l’orologio. «Eminenze» disse: «Il mondo aspetta notizie».
«Eminenze» ripeté monsignor Soldano, con voce carica di tensione: «il mondo, che ancora una volta si è fermato in trepida attesa, rivolge fervide preghiere al Cielo, aspettando notizie sulla salute del santo padre. Non indugiamo oltre».
Dalla cartella che aveva dinanzi estrasse un foglio ed una penna. Dopo una profonda riflessione, propose il testo di un comunicato sul quale il dibattito fu lungo e serrato. Tutti gli eminenti cardinali concordavano sulla necessità che esso esprimesse con la massima possibile chiarezza i sentimenti e le attese del Sacro Collegio.
Quando, infine, il comunicato conobbe la sua stesura definitiva, esso fu affidato al portavoce ufficiale della Santa Sede, un giovane prelato di antica famiglia nobiliare, monsignor Gioele Ciurlanti dei conti del Manico, il quale immediatamente si recò in sala stampa per rendere partecipe il mondo del suo contenuto.
La sala stampa era gremita di vocianti giornalisti venuti dall’intero orbe terracqueo, tutti in trepida attesa.
Quando Monsignor Ciurlanti apparve sulla porta, si fece immediatamente silenzio e tutti gli sguardi conversero sulla sua ascetica ed elegante figura. Il giovane prelato prese il foglio piegato in due, lo aprì, e lo lesse.
Poi alzò lo sguardo limpido sugli astanti, per riferirne il contenuto.
«Signori» disse, con un sorriso radioso sul volto: «il papa sta benissimo. Grazie, e Dio vi benedica.»
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