
■Antonio Loiacono
L’ultimo tragico episodio di presunta malasanità riaccende i riflettori su un problema che affligge da anni il sistema sanitario italiano, sollevando interrogativi dolorosi e urgenti sulla qualità delle cure e sulla gestione delle emergenze mediche. Una neonata di Trebisacce, portata al Pronto Soccorso pediatrico dell’ospedale di Corigliano per un controllo perché nata prematuramente, è deceduta poco dopo essere stata dimessa. Un evento che lascia sgomenti e che impone una riflessione profonda sulle dinamiche che hanno portato a questa tragedia.
La piccola, appena giunta in ospedale, è stata visitata e dimessa con una diagnosi che, alla luce degli eventi successivi, appare quantomeno discutibile. Poco dopo il rientro a casa, la neonata è morta, lasciando la famiglia in un dolore indicibile e la comunità locale in uno stato di shock. I carabinieri della Compagnia di Cassano allo Ionio hanno informato la Procura della Repubblica di Castrovillari, che ha avviato un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità. Il magistrato ha disposto il sequestro della salma per l’autopsia (molto probabilmente sarà eseguita domani) e della sala del pronto soccorso, segno che si sospettano gravi negligenze.
Questo caso solleva una serie di interrogativi cruciali: perché una neonata con problemi è stata dimessa senza un monitoraggio più attento? Quali protocolli sono stati seguiti? È stato fatto tutto il possibile per garantire la sua sicurezza? E, soprattutto, come è possibile che episodi simili continuino a verificarsi nonostante i ripetuti allarmi sulla qualità del servizio sanitario in alcune aree del Paese?
La malasanità non è un fenomeno nuovo, ma ogni caso riporta alla luce le stesse criticità: carenza di personale, strutture spesso inadeguate, protocolli non sempre rispettati e, talvolta, una mancanza di empatia e attenzione verso i pazienti. Nel caso della neonata di Trebisacce, sembra che il sistema abbia fallito su più fronti, lasciando una famiglia distrutta ed una comunità che chiede giustizia.
La Calabria, in particolare, è una regione che da anni combatte con problemi strutturali nel suo sistema sanitario. Carenze di personale, lunghe liste d’attesa e strutture spesso obsolete sono all’ordine del giorno. Questo contesto, pur non giustificando errori medici, contribuisce a creare un terreno fertile per episodi di malasanità. L’ospedale di Corigliano, come molti altri nella regione, è chiamato ad operare in condizioni spesso al limite, con risorse insufficienti ed un carico di lavoro eccessivo per il personale.
Tuttavia, nessuna condizione strutturale può giustificare la perdita di una vita, soprattutto quando si tratta di un neonato. La morte della piccola di Trebisacce è un monito drammatico sulla necessità di riforme urgenti e di un maggiore controllo sulla necessità di riforme urgenti e di un maggiore controllo sulla qualità delle cure erogate.
Questo ennesimo caso di malasanità deve servire da campanello d’allarme per le istituzioni. Non basta aprire un’inchiesta e disporre autopsie: serve un cambiamento radicale nel modo in cui viene gestita la sanità, soprattutto nelle regioni più fragili. È necessario investire in personale, formazione, strutture e tecnologie, ma anche in una cultura della prevenzione e della responsabilità.
Le famiglie che si affidano al sistema sanitario meritano di sentirsi al sicuro, di sapere che i propri cari saranno curati con competenza ed attenzione. La morte della neonata di Trebisacce è una ferita aperta che non può essere ignorata. È tempo di agire, prima che altre vite vengano spezzate.
La Procura di Castrovillari dovrà fare luce sulle responsabilità di questa tragedia, ma la giustizia da sola non basta. Serve una presa di coscienza collettiva ed un impegno concreto da parte delle istituzioni per garantire che episodi come questo non si ripetano. La malasanità non è un destino ineluttabile: è il risultato di scelte politiche, gestionali e culturali che possono e devono essere cambiate. La vita di quella neonata, e di tutte le vittime di malasanità, merita di essere ricordata non solo come una tragedia, ma come un monito per un futuro migliore.
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