
di MARCO TOCCAFONDI BARNI
– Spacciata come età dell’ oro, sarà un’ età del nulla.
E’ iniziato ufficialmente il secondo mandato di “The Donald” e la differenza sostanziale, visibile anche dalla inquietante presenza fisica degli oligarchi, nonché uomini più ricchi del mondo, al gran completo nella Rotonda (Elon Musk, Jef Bezos e Mark Zuckerberg, nell’ ordine secondo Forbes), è che se il primo Trump era una sorta di scheggia impazzita del sistema, da riportare a più miti consigli, oggi appare come uno dei tanti presidenti passati dal 1600 di Pennsylvania Avenue. Un eroe con i poteri di Capitan America, nel frattempo Capitan Cina vista la proprietà dei diritti, solo per gli insignificanti sottomessi e annessi nelle province. Nel secondo mandato gli apparati statali entrano a palazzo direttamente, proprio come con Biden.
Il problema principale: impero oppure no ? – Con le lenti servili e offuscate delle province si vede un Musk come padrone assoluto del mondo e forse della stessa Casa Bianca, anzi quasi un ostacolo per il 47° presidente. Nella realtà lui e gli altri miliardari sono come gli oligarchi di Putin, con la differenza che negli Stati Uniti il presidente non ha neppure lontanamente, nonostante la retorica inverosimile e persino ridicola dell’ uomo più potente del mondo, i poteri dell inquilino del Cremlino. Di conseguenza costoro rispondono soprattutto agli apparati statali che, come noto, non soltanto detengono le tecnologie grazie alle quali essi sono miliardari, ma soprattutto attraverso il Congresso possono venir esclusi in un lampo: estromessi dalle nuove invenzioni e quindi dal mercato o con leggi a favore della concorrenza. Quale è dunque la vera questione ? E’ che l’elettorato medio di Trump, nemmeno in maniera recondita, vuole soprattutto diventare una nazione come tutte le altre, insomma una specie di Australia o di Germania con l’atomica, venire cullati dalle comode braccia del post storicismo e dedicarsi all’economia e alla bella vita, invece gli apparati per loro stessa natura e scopo nell’ esistenza difendono l’impero e anelano l’egemonia stategica nel pianeta. Nella storia del mondo non si può essere entrambe le cose: un impero addirittura egemone e una provincia. Sarebbe come desiderare il dono dell’ ubiquità. Da questo corto circuito strategico scaturirà un’ inconsistenza quasi certa lunga 4 anni.
Una spruzzata di temi consola ultimi in mezzo al niente – In fondo la prova del nulla che ci aspetta è già nei titoli dei giornali di tutto il globo stamani, non a caso le due parole principali riportate dopo la ventina di minuti della orazione trumpiana sono Marte e immigrati. Temi in contrasto tra loro: se infatti Marte è un sogno che richiama Kennedy e la nuova frontiera (un po’ come l’età dell’ oro promessa ma vedremo se mantenuta) la auspicata deportazione degli immigrati infrange ogni propaganda legata al cosiddetto “sogno americano”. Certamente avvicinando gli Stati Uniti all’ incubo di una qualunque dittatura fascistoide. Nel mondo reale sono due temi e due “Americhe” senza contenuti, usati comunque ad uso e consumo degli ultimi della collettività a stelle e strisce, che votano un oligarca neyorkese direttamente dalla loro “America profonda”. L’ immigrazione è impossibile da fermare per un impero, soprattutto se trattasi addirittura di quello attualmente egemone, al massimo la puoi utilizzare appunto per consolare gli ultimi che ti votano; non siamo nelle convinzioni provinciali in voga da noi satelliti. Infatti l’immigrazione abbassa l’età media della popolazione e quindi serve per poter fare guerre utili a mantenere l’egemonia. Unico e solo obiettivo di un impero alla fine delle fini. Al solito non c’è nulla di economicistico, si tratta di un livello superiore e come tale sconosciuto a noi in provincia. Al sodo sono unicamente argomenti per consolare gli ultimi (in gran parte l’elettorato di Trump) e che non tarderanno a sciogliersi come la neve al sole.
Profonda è solo la divisione americana – E allora perché un discorso di insediamento così duro da parte del 47° presidente ? Semplice, oserei dire quasi banale, perché l’unico vero nemico degli Stati Uniti sono gli Stati Uniti stessi: l’unica cosa veramente profonda nell’ America di oggi è la separazione e rabbia sorda che corre tra gli stati del Mid West o del sud e quelli delle 2 coste, dove lo stesso Trump è nato e cresciuto. Una disgregazione tale che alla lunga potrebbe persino portare a una sorta di “eveporazione” dell’ impero statunitense più che a una sua caduta, non essendoci per adesso dei veri rivali all’ orizzonte (neppure la Cina). Questo sia gli apparati Usa, sia i principali rivali strategici lo sanno benissimo ed è per questo che il Trump II, al di là di qualche ordine esecutivo che vale grosso modo come scrivere con l’inchiostro simpatico, finirà nella pattumiera della Storia.
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