VIVA LE FORZE DELL’ORDINE, ABBASSO GLI AGENTI VIOLENTI

Gli artisti, si sa, esagerano sempre. Nel suo A clockwork orange (Arancia meccanica), Anthony Burgess racconta che due dei complici del protagonista, dopo averlo tradito, per continuare a esercitare impunemente l’’amata ultraviolenza pensano bene di arruolarsi nella polizia; e incontrando di nuovo il loro ex leader lo pestano a sangue, sadicamente approfittando del fatto che egli è ormai incapace di reagire. Come dire che i poliziotti, per definizione, sono sadici e violenti.

Ma gli artisti, si sa, esagerano sempre. O, se non sempre, esagerano spesso.

Noi sappiamo che in Italia la stragrande maggioranza di poliziotti e carabinieri, e finanzieri, e guardie forestali e guardie carcerarie svolge un’’opera preziosa di prevenzione e repressione del crimine. Per questo amiamo i rappresentanti delle forze dell’’ordine, li stimiamo e ne apprezziamo l’’opera, per giunta retribuita con stipendi che sono ben al di sotto dell’’impegno e del sacrificio che viene loro richiesto in termini di orari di lavoro, di mezzi a disposizione e di competenza professionale.

Purtroppo però nel cesto, è inevitabile, le mele marce ci sono. Lo testimoniano, oltre ai fatti del G8 di Genova, il caso di Federico Aldrovandi, quello di Giuseppe Uva, di Riccardo Rasman, Paolo Scaroni, Stefano Gugliotta e diversi altri: persone che nelle caserme o nei commissariati hanno subito pestaggi e violenze, a volte fino alle conseguenze più estreme.

La Procura di Roma ha riaperto le indagini sul caso, tristemente famoso, di Stefano Cucchi, morto in condizioni pietose sei giorni dopo l’’arresto per droga, ed ha messo sotto inchiesta un maresciallo e due carabinieri. Non sappiamo come l’’indagine si concluderà e sarebbe sbagliato anticiparne gli esiti emettendo aprioristiche sentenze di condanna. Però un augurio possiamo esprimerlo: se quei tre risulteranno colpevoli (gli agenti del pestaggio, il maresciallo di falsa testimonianza), i primi a esigerne la condanna siano proprio i loro colleghi, e non si assista al triste spettacolo che ha accompagnato il caso Adrovandi, con agenti, sindacati e perfino un parlamentare (ci piaccia o no, Giovanardi è parlamentare) schierati in difesa di agenti indifendibili nel nome di un malinteso senso di solidarietà.

Così come la Chiesa cattolica, finalmente, ha deciso di non mettere più a tacere i casi di pedofilia fra i suoi preti, allo stesso modo i vertici e gli agenti dei corpi di polizia si decidano a isolare ed espellere i loro colleghi colpevoli di atti di violenza ingiustificata ed ingiustificabile.

La solidarietà alle forze di polizia deve essere totale, indiscussa e sincera; ma proprio nel nome di questa solidarietà deve essere spietata la condanna di ogni comportamento che, oltre a recare danni a volte irrimediabili alle vittime delle violenze, offende la serietà e la professionalità, oltre alle coscienze, proprio degli agenti onesti, quelli che considerano la loro uniforme una fonte di doveri, di responsabilità e d’orgoglio, e non se ne servono –- come fanno le mele marce – per mascherare il loro sadismo e la loro vigliaccheria.

Giuseppe Riccardo Festa

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