Sì, ho un cane da caccia; e no, non amo la caccia: tutt’altro.

Li sento, anche in questo momento: serie di tre spari, nemmeno tanto in lontananza, che annunciano la presenza dei cacciatori nei dintorni: c’è stata la “preapertura” della stagione di caccia. Già questo termine, oltre che stupido, mi sembra non poco ipocrita: una preapertura è un’apertura anticipata, e dunque chiamatela apertura e basta: non è che così i cacciatori spareranno di meno.

Senza offesa, proprio non capisco il senso della caccia.

I cacciatori sono gli stessi signori che il giorno prima vedi aggirarsi fra gli scaffali di un supermercato, indossando magari improbabili pantaloni sotto il ginocchio su scarpe e calzini da città, e marsupio d’ordinanza appeso sotto il ventre, che il giorno dopo si trasformano, in tenuta verde che fa tanto marines in Vietnam, cartucciera in vita, fucilone a tre colpi – la doppietta è ormai fuori moda – scarponi da parà, e si aggirano qualche centinaio di metri oltre la periferia cittadina scrutando circospetti tra le erbacce e i cespugli in cerca di qualche povera lepre, di un fagiano o di una quaglia, se hanno un minimo di conoscenze faunistiche; in caso contrario, pronti a sparare su qualunque cosa si muova e così abbattono una rondine, un gatto, un falco, un uccello migrante, un passero o un geometra di passaggio.

Il cacciatore è – o si crede – in diritto di andare dove vuole, di attraversare qualunque campo, di calpestare ogni aiuola; e s’incazza di brutto se qualcuno osa recintare la sua proprietà, così limitando il suo diritto di sparacchiare a proprio piacimento.

Io, invece, m’incazzo di brutto quando qualcuno, vedendomi passeggiare con Penny, la setter irlandese che mia moglie ed io abbiamo adottato, mi chiede se la porto a caccia e si mostra offeso o almeno sorpreso quando gli rispondo che detesto la caccia, e Penny anche: Penny adora giocare con tutti, esseri umani o animali, e a tutti fa le feste: non si sogna nemmeno di aggredire manco un passerotto.

Se la caccia è assurda in sé, perché per il puro piacere di sparare e di uccidere attribuisce a una minoranza, sparuta e di solito anche piuttosto arrogante, il diritto di disporre delle vite di animali che non appartengono né a loro né a chicchessia, ma solo a sé stessi; e se è vile perché la lotta è chiaramente impari, dato che gli animali non dispongono di fucili ma possono difendersi solo fuggendo, tanto più inconcepibile è quest’anno, dopo una siccità spaventosa e incendi catastrofici che hanno stremato una fauna selvatica (cinghiali a parte) già più difficile da trovare di un leghista di colore.

Cacciatori, per favore: smettetela di travestirvi da “grande cacciatore bianco”, ché volendo siete anche un tantino ridicoli, conciati in quel modo; e se proprio vi va tanto di sparare dedicatevi al tiro al piattello: è di gesso, il piattello, e se lo colpite non sente niente. O se no sparatevi fra di voi. Lo so che ogni tanto lo fate per sbaglio; ma sarebbe tanto più divertente se lo faceste scientificamente.

Scherzo, naturalmente. Anche se l’idea, volendo, non sarebbe poi malaccio…

Giuseppe Riccardo Festa.

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