SANREMO: LA VITTORIA DEGLI STADIO

Ieri sera cinque cantanti sono rimasti fra color che son sospesi, in attesa che il voto popolare decidesse quale fra loro potesse essere ripescato per accedere alla serata finale, cioè quella di stasera. Fosse per me avrei scelto Irene Fornaciari o Neffa, ma bisogna vedere chi dei cinque è riuscito a mobilitare una platea sufficientemente ampia da garantirgli di scavalcare gli altri.

Dopo il riascolto di Francesco Gabbani con la sua “Amen”, vincitrice per le nuove proposte e un collegamento con i vincitori dell’anno scorso, i tre pischelli vagamente tenorili (ma come fa la canzone che cantavano? Conti si rende conto anche lui della necessità di richiamarla alla memoria del pubblico) finalmente si scopre che il ripescaggio premia proprio Irene Fornaciari. Mi spiace per Neffa, ma meglio lei che qualunque degli altri.

Pubblicità. Mi perdonino i miei ventiquattro lettori se stasera mi risparmio l’analisi degli spot. Mi concedo invece un grappino, barriccato e morbido che è un piacere.

Si ricomincia con Roberto Bolle che danza da par suo un pezzo dei Queen, “We will rock you”. Il confronto con la qualità media delle canzoni in gara è avvilente. Per le canzoni in gara, ovviamente.

I miei favoriti, oramai lo sapete, sono gli Stadio, Enrico Ruggeri, Arisa ed Elio e le Storie tese, ma dovrò ascoltare anche tutti gli altri.

Comincia santa Francesca Michielin, stasera tutta di bianco, che ripete “Nessun grado di separazione”  Ha solo ventun anni, eppure dà la sensazione di aver già fatto un lifting. Bisognerebbe annegare il suo truccatore nel fondotinta, così impara. Stasera i movimenti della ragazza mi fanno pensare a quei tizi che sulle portaerei, con le palette, fanno dei segni agli aerei in partenza.

Con l’aiuto non necessario della squinzia Madalina Ghenea, che esordisce indossando un vestito che la fa sembrare una campana e che purtroppo parla, Carlo Conti introduce poi Alessio Bernabei e la sua “Noi siamo Infinito”. Il ragazzo continua a “capovolgere la distanza”, qualunque cosa significhi, a saltellare sul palco ed a strizzare il naso, unico aspetto rimarchevole dell’interpretazione e del pezzo. Se dovesse vincere lui mi ritirerei in un eremo ad ascoltare canto gregoriano per tutto il resto della vita.

Virginia Raffaele stasera è sé stessa, nel senso che non si è travestita da qualcun’altra. Spiritosa, adorabile, intelligente e bellissima. Mamma mia quant’è alta! Valeva la pena di seguire il festival, a dispetto della melassa in cui sobbollono quasi tutte le canzoni, se non altro per gustarsi i suoi interventi.

Purtroppo, però, Virginia presenta il rapper Clementino. Sarebbe anche simpatico, in fondo, ed ha una faccia da bravo ragazzo; ma è tatuato pure sulle unghie e fa il rapper. Tolgo il volume al televisore e mi bevo un sorso di grappa. Buona: morbida, ambrata, un vero nettare degli dei. Giuro al dio Bacco che se un rapper vince il festival mi ritiro in una foresta asiatica ad ascoltare il richiamo delle scimmie urlatrici.

Gabriel Garko, tutto liscio e lucido e levigato, stasera pare Big Jim, il fidanzato della Barbie. Ed appare altrettanto intelligente, anche se la stupidità di ciò che dice e fa è responsabilità più che altro degli autori. Presenta con Carlo Conti  Patty Pravo. “Cieli immensi” si conferma lagnosa come nelle esecuzioni precedenti ed altrettanto sfiatata e stonata è la Patty, che però non si fa mancare niente e stasera è anche rauca. Quando sorride lo si capisce dal fatto che si formano delle grinze sulla maschera rigida che ha sul collo e che si ostina a considerare una faccia.

Durante la pubblicità mi faccio un altro sorso di grappa. Poi c’è un’intervista di Carlo Conti a Roberto Bolle, artista gradevole e intelligente. “Bolle” è anagramma di “bello”. Che ne penserà Garko? Interviene Virginia, e balla con lui, e gioca anche lei su bello, Bolle e ballo. Che la grappa piaccia anche a lei?

Ma deve cantare Lorenzo Fragola, il secondo bellino della serata dopo Alessio Bernabei. Ricanta “Infinite volte” e io continuo a pensare che una volta basta e avanza, grazie. Aspettando che finisca di cantare la sua omelia mi bevo un altro goccio di grappa. Buona, rotonda ed equilibrata nel gusto e con un fondo amaro, se no che grappa è? Se fanno vincere il festival a Fragola mi ritiro su uno scoglio ad ascoltare il canto dei gabbiani per il resto dei miei giorni.

Con il non necessario supporto della squinzia Ghenea, Conti introduce Noemi che canta il suo pezzo, “La borsa di una donna”. Stasera l’abito, rosso bordeaux, è intonato al colore dei suoi capelli.

La mia grappa mi pare più buona a ogni sorsata.

Presentatori, presentatrici, vallette e valletti si riuniscono per introdurre come ospite Cristina D’Avena che per professione, da oltre una quarantina d’anni, di anni ne ha sette e che canta con la vocetta da bambina le canzoncine grazie alle quali campa, e pure bene, da cinquanta. Purtroppo Ghenea fa un lungo discorso per dire quanto le piace la D’Avena. Menomale che ho con me la mia fidata grappa. Il pubblico sente “Il valzer del moscerino” e va in brodo di giuggiole; ed è comprensibile, perché tornare bambini ogni tanto fa piacere a tutti. Anche a me che con la mia grappa, mentre D’Avena canta la canzone dei puffi, brindo alla sua salute.

Durante la pubblicità intravedo mia moglie che passa dietro il divano e nascondo la grappa. La tiro di nuovo fuori non appena lei torna di là e me ne faccio un altro goccetto alla sua salute. Intanto la pubblicità finisce e con l’aiuto superfluo stavolta di Garko, Conti introduce Elio e le storie tese, irresistibili nel travestimento da Kiss, il gruppo heavy-metal americano. Eseguono “Vincere l’odio”, una botta d’allegria e demenzialita.

Di nuovo pubblicità. La grappa, nella mia bottiglia, comincia a calare. Chissà perché, più cala la grappa nella bottiglia e più mi sento in pace col mondo e soprattutto più trovo belle le canzoni del festival.

Irrompono Pieraccioni e Panariello. Supero il lungo siparietto, che ha lo scopo di promuovere uno spettacolo che con Conti i due faranno a Verona, con l’aiuto della mia grappa. I colori del mio televisore si sono fatti più brillanti, chissà perché, e Ghenea mi sembra brava come Anna Proclemer.

Arisa torna con la sua “Guardando il cielo”. Metto via il bicchiere e la ascolto con attenzione; poi arriva la pubblicità e riprendo il bicchiere.

Rientra Virginia Raffaele e il mondo diventa rosa. La grappa, invece, è sempre ambrata. Virginia introduce gli Stadio, per una volta tutti in smoking, e mi gusto la loro “Un giorno mi dirai”.

Sulla spalla di Garko, quando torna in scena, c’è una grossa farfalla rosa, presumo un’allusione alla farfallina di Belen di qualche edizione fa del festival. Dico a mia moglie: “Sai, Garko ha una farfalla enorme sulla spalla”; ma lei, senza degnarsi di venire a vedere, mi chiede se per caso ho bevuto della grappa. Donna di poca fede. Garko intanto introduce Annalisa, splendida in una mise nera da gran sera, che esegue la sua tragica “Il diluvio universale”.

Pubblicità, poi Renato Zero. Mi allontano dal televisore e col fido bicchiere in mano vado a contemplare il cielo stellato. Mia moglie insiste a dirmi che le stelle non ci sono, che il cielo è tutto nero, ma io le stelle le vedo lo stesso. Ho tolto l’audio al televisore e dall’alto mi giunge una celeste armonia. Cosa sarà? Bach? Monteverdi? Benedetto Marcello? O magari Burt Bacharach? O forse Gorni Kramer, o Sciosciammocca Michele? Boh. Forse è solo la grappa. Ma l’importante è che non sia Renato Zero. Mi scuso con i miei ventiquattro lettori che magari lo adorano ma, come direbbe Aznavour, “è l’alcol che mi fa parlar”. Io Zero proprio non lo reggo, con tutta la sua prosopopea, le sue omelie presuntuose e la sua musica pomposa. E non se ne va più! Finalmente, a mezzanotte meno dieci, si decide a sgomberare. Riattivo l’audio del televisore ma la gara riprende con Rocco Hunt. Come non detto, tolgo di nuovo l’audio. Sorseggio la mia grappa e osservo il rapper con distaccato e antropologico interesse mentre si agita dentro la sua invereconda giacca nera tatuata con orribili chiazze rosse e borchie varie metalliche.

Pubblicità. Buona, la mia grappa. Ghenea è sempre più visibile dentro vestiti sempre più trasparenti che mettono a nudo la sua anima e non solo quella. Dalla fascia protetta siamo passati alla fascia pro-tetta.

Dolcenera torna di nuovo tutta in nero. Il blues della sua canzone e la sua voce gradevolmente sporca si accompagnano bene al goccetto di grappa che bevo alla sua salute. Mancano ancora quattro canzoni e Dio sa quanti ospiti.

Bene, c’è Ruggeri, col simpatico rock di “Il primo amore non si scorda mai”.

Gabriel Garko legge poi i versi della poesia di un carcerato. La sua dizione è terribile eppure mi pare a un tratto espressivo, intenso e carico di capacità interpretative. La mia bottiglia di grappa, invece, è quasi vuota. Non escludo che i due fenomeni siano in relazione fra loro.

Caccamo e Iurato danno l’impressione di fare coppia anche nella vita ma se fosse, e anche se non fosse, sono affari loro. Cantano la loro “Via da qui” con quella rima insopportabile bugia/andare via. Ma se li guardo attraverso il bicchiere li trovo molto bravi. Mancano ancora Valerio Scanu e Irene Fornaciari, e poi la classifica.

Scanu indossa un costume da predicatore mormone che fa pendant con la sua barbetta profetica e soprattutto con la melopea che canta. Stasera stona parecchio sulle note basse e canta parecchio di gola su quelle alte, sembra che si strozzi. Neanche la grappa riesce a renderlo gradevole. Se fanno vincere lui mi ritiro in una grotta sul Carso a sentire i bramiti dei camosci nella stagione degli amori.

E infine, dopo la pubblicità e il TG, tocca a Irene Fornaciari con la sua “Blu”. Le auguro, almeno, di non arrivare ultima anche in classifica, anche perché più la sento e più mi piace. Bevo alla sua salute.

Oh mamma, i finti sposini. Speravo che stasera ci sarebbero stati risparmiati, e invece eccoli con le loro battutine sceme. Ho voglia di tirargli addosso la bottiglia della grappa ma mi trattengo perché rovinerei il televisore, e poi sarebbe un peccato perché la bottiglia non è ancora vuota.

Bello, subito dopo, l’intervento di Beppe Fiorello che racconta l’emigrazione meridionale e la tragedia delle malattie legate al polo siderurgico di Taranto e canta la struggente “Amara terra mia” di Mimmo Modugno. Bevo un sorso alla sua salute.

Ed ecco la classifica: Irene Fornaciari rimane ultima, Dolcenera è penultima, 14° Bernabei, 13° Scanu. Che vergogna, Elio e le Storie tese sono solo dodicesimi. Annalisa, quella che istigava al suicidio, è undicesima e Arisa appena decima. 9° Rocco Hunt. (Così in alto?) Noemi è ottava, Clementino settimo (Ma stiamo scherzando? troppo in alto. Pazzesco). Patty Pravo è sesta. Ci può stare, se non altro per l’anzianità di servizio. Fragola è quinto, e quarto Enrico Ruggeri. Mi dispiace, Ruggeri meritava di più.

I primi tre sono dunque Caccamo e Iurato (bah!), Michielin (mah!) e, unici della mia rosa dei favoriti, gli Stadio. beh, almeno non c’è il rischio di veder vincere un rap, che con la canzone italiana ci azzecca come il prosciutto coi profiteroles. Per decidere la classifica dei primi tre ci vuole un’altra votazione, stiamo a vedere a chi andrà la vittoria. Intanto, mentre un altro ospite francofono, debitamente coperto di tatuaggi, si lamenta sul palco, finisco di vuotare la mia ottima bottiglia di grappa.

Cori angelici mi echeggiano nella mente e coprono gli stupidi “Allez, allez, allez” dell’ospite francofono che finalmente se ne va. Sto raggiungendo uno stato di roseo Nirvana e il mondo mi appare gioioso e pieno d’amore. Carlo Conti è bellissimo, mentre elenca un’armata di gente da ringraziare, e io li amo tutti perché il mondo è rosa e la vita è bella. Sono felice anche perché il premio per il migliore testo va ad “Amen”. Poi c’è un premio alla migliore musica, intitolato a Giancarlo Bigazzi, assegnato agli Stadio. Mi fa piacere e lo dichiaro con voce stentoriea. Gli Stadio prendono anche un altro premio, non ho capito quale, ma sono felice lo stesso. Poi il premio Mia Martini che va a “Cieli immensi”, la canzone di Patty Pravo. Massì, volemosebene. Il mondo è rosa e la vita è bella.

Ma ecco la classifica finale. Caccamo e Iurato sono terzi… And the winner is…

Gli Stadio!!! E vai, avevo visto giusto, alla fin fine.

Mia moglie era andata a letto, mi sente gridare, si precipita in salotto, mi vede saltellare sul divano, soprattutto vede la bottiglia vuota della grappa e me ne dice di tutti i colori.

Valle a spiegare che sono solo contento perché gli Stadio hanno vinto il festival!

Giuseppe Riccardo Festa

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