Rincorrere la normalità. No, per favore.

Perché avrei dovuto fingere?

Se c’è una cosa che in queste giornate – molto ripetitive – non ho fatto è quella di rincorrere la normalità.

Mi spiego. Un po’ le condizioni che mi circondano non lo permettono, un po’ mi dovrò abituare, quando tutto finirà, a un altro tipo di vita, e, allora, ho lasciato stare ciò che abitualmente facevo, a volte anche in modo stancante.

Ho messo alle mie spalle quei piccoli gesti quotidiani che secondo le stagioni mi hanno fatto compagnia.

Mi sono lasciato un po’ andare. Lo ammetto. Non avendo sempre e comunque il controllo di me stesso.

In fondo, non c’era neanche quella necessità. Bisogna prendere consapevolezza che oggi, come domani la straordinarietà del momento porta ad avere, inevitabilmente, uno stile di vita completamente diverso.

Non ho avuto imbarazzo a partecipare in teleconferenza a un momento d’incontro di lavoro, apparendo in pigiama e indossando una banalissima vestaglia.

In più, mi faceva da sfondo la spalliera del letto matrimoniale, perché quella camera era l’unico luogo libero, non occupato dagli altri componenti della famiglia.

Volutamente non ho insistito per far sloggiare dal divano di casa i miei cari coinquilini, che amabilmente stavano vedendo un film, fuori orario come si usa fare in queste giornate tutte uguali.

Sono apparso così come sono in questi giorni. Senza alcun filtro. Il più naturale possibile, sposando lo spaccato che tutti, ripeto tutti nessuno escluso, stiamo vivendo.

Perché avrei dovuto fingere?

Non stiamo affermando, se non sbaglio, che in futuro dovremo essere tutti più naturali e umani?

In definitiva, nel mio perenne stato di contraddizione che vaga tra speranza e rassegnazione, ho pensato che sarebbe ora di abbandonare le vecchie e noiose coperture.

La normalità un domani dovrà colorarsi di altre tinte e modalità, che tutti auspichiamo: diverse e meno formali.

Riusciremo a ricordarcelo un domani?

Nicola Campoli

Napoli

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