QUELLI CHE “IL POPOLO VUOLE…”

Si ’avvicina il tempo di elezioni, e contestualmente aumenta il numero dei pretesi interpreti della volontà del popolo.

Da innumerevoli pulpiti si sente dire, con toni i più svariati: “Il popolo vuole questo, il popolo non vuole quest’’altro, il popolo qua e il popolo là”. Se non dicono “Il popolo” usano altri termini che raggruppano più o meno estese e non meno nebulose entità: “i cittadini”, “la gente”, “gli italiani”, “i calabresi”, “i marchigiani”, eccetera. Il senso è lo stesso.

Non si tratta, come qualcuno dei miei ventiquattro lettori potrebbe pensare, di fisime da spulciatore di vocabolari. Questo pretendersi interpreti di inesistenti e unanimi volontà collettive è un modo infallibile per individuare i politici da quattro soldi; e poco conta che se ne avvalgano o se ne siano avvalsi un po’’ tutti, da Hitler a Lenin, da Mussolini a Berlusconi, da Grillo a Renzi.

Tanto per cominciare, l’’uso di espressioni del genere denota una notevole dose di superficialità, se non di ignoranza. Non esiste (e possiamo aggiungere anche un “fortunatamente”) un solo argomento sul quale sia possibile trovare una perfetta unanimità; a maggior ragione in un Paese come il nostro, dove la capacità di dividersi su ogni argomento è proverbiale.

Ma questo sarebbe il meno. Il vero pericolo sta nell’’arroganza senza confini di chi pretende di parlare a nome del popolo: costui infatti, convinto di essere portatore di “Verità” (ancora questa maledetta verità!) si attribuisce una funzione messianica e proietta su milioni di persone le proprie desiderata e le proprie avversioni, convinto che tutti le condividano e ansioso di trasformarle in leggi, per uniformare il mondo alla sua visione delle cose.

In definitiva, chi si arroga la pretesa di farsi portavoce del popolo ha un concetto a dir poco malato della democrazia. Anche a causa delle dolorose esperienze del passato, remoto e recente, di politici del genere non mi fido e non mi fiderò mai. Poco conta che sia di destra, di sinistra, di centro, di sopra o di sotto, di qua o di là: il politico che ha la presunzione di parlare a nome del popolo, attribuendosi un mandato che nessuno gli ha conferito, potrà magari convincere un sacco di gente e prendere un sacco di voti, ma di sicuro un voto l’’avrà perso: il mio.

Giuseppe Riccardo Festa

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