Quella volta che fui perfido con i testimoni di Geova

Mi sono ritrovato nella cassetta delle lettere un volantino col quale i Testimoni di Geova invitano a recarsi al loro congresso. La cosa mi ha ricordato un incontro che, tanto tempo fa, ebbi con una coppia di rappresentanti di quella religione. All’epoca ero a Varese. Tornai a casa,  dopo il lavoro, e trovai la coppia che mi aspettava davanti al portone di casa. «Buona sera, possiamo parlarle?» mi chiese uno dei due.

Li guardai con occhio critico: «Siete testimoni di Geova, vero?»

«Come ha fatto a indovinare?»

«Che girano in coppia come voi, ci sono solo i carabinieri e i testimoni di Geova. Uno di voi è troppo giovane per essere carabiniere, l’altro troppo vecchio. Ne ho dedotto che siete testimoni di Geova». Ero di buon umore, perché avevo appena saputo che sarei stato trasferito a Parigi. Così, invece di mandarli a spasso come di solito fa il 99% delle loro vittime, decisi di starli a sentire. «Prego, accomodatevi». Aprii il portone e li feci accomodare in salotto: «A cosa devo il piacere?»

«Noi siamo venuti a portarle la Verità» mi rispose tutto radioso e ispirato, sedendosi, quello che aveva parlato per primo. Era magro, un po’ stortignaccolo e sembrava a disagio nella tenuta – giacca chiara, camicia a quadrettoni, improbabile cravatta regimental – che indossava. L’altro, tutto sussiegoso, nella sua tenuta tutta scura stile Blues Brothers aveva un che di funereo e l’aria di essere un po’ il sorvegliante del suo compagno.

«La verità?» chiesi, esibendo un grande interesse. «Complimenti! Non è da tutti conoscere la verità. Dica, dica: sarà un piacere condividerla». Il giovane, gongolante, aprì la borsa che aveva con sé e ne estrasse un grosso libro: «La Verità è qui dentro» esclamò, convinto.

«Oh!» dissi allora, con un gran sorriso: «E che cos’è?»

«È la Bibbia!»

«Dunque nella Bibbia c’è la Verità?»

«Certamente!»

«E chi lo garantisce?»

«Il fatto che la Bibbia l’ha ispirata Dio!»

«E chi garantisce che la Bibbia l’ha ispirata Dio?»

«È scritto sulla Bibbia, e la Bibbia dice la Verità!»

Sempre sorridente ribattei: «Mi scusi, ma questa è autocertificazione. Non ha qualche elemento più oggettivo che confermi le affermazioni della Bibbia?»

«Ci sono i miracoli».

«Tutte le religioni hanno i loro miracoli» replicai in un sospiro: «anche i templi degli antichi greci e romani erano pieni di ex-voto».

«Ma io le parlo dei miracoli della Bibbia: la creazione del mondo, il Diluvio, le piaghe d’Egitto, l’apertura del mar Rosso, le mura di Gerico…».

«Non voglio insistere, ma l’unica fonte che parla di questi miracoli è la Bibbia stessa. Siamo ancora nel campo dell’autocertificazione».

Il giovane si volse verso l’altro, che rimase impassibile ma scosse lievemente il capo. Forse sospirò anche, appena appena, ma non ne sono sicuro. Non trovando in lui alcun supporto, il mio interlocutore tornò a guardare me: «Bisogna avere fede!» disse.

«Non me ne voglia» replicai, senza smettere di sorridere «ma la Verità non dovrebbe avere bisogno di fede, perché dovrebbe essere evidente per sé. Chi chiede fede non offre la Verità ma al contrario chiede l’accettazione acritica di qualcosa di indimostrato: come uno che dice “fidati di me”, ma non spiega perché».

«Ma nella Bibbia c’è la Verità!»

«Scusi se insisto» dissi perfido: «ma la Verità i musulmani dicono che sta nel Corano, gli avventisti che è nel Libro di Mormon, i Tibetani nel loro Libro dei Morti, gli induisti nei Veda: tutte le religioni dicono che nel loro libro c’è la Verità. Pensi – non si offenda, è solo un ragionamento per absurdum – che secondo i marxisti la Verità è nel Capitale di Marx, e secondo i nazisti nel Mein Kampf di Hitler. Mi spieghi perché dovrei credere che la Verità vera sta nella Bibbia e non in questi altri libri, che pure dicono anche loro, tutti e ognuno, di averla loro».

«Ma la Bibbia è ispirata da Dio!» tentò di insistere il giovane.

Scossi il capo, sconsolato: «Il Corano, secondo i musulmani, l’ha dettato l’angelo Gabriele a Maometto; e il libro di Mormon l’ha dato a Smith un altro angelo. Angeli inviati da Dio, ovviamente. Mi creda, sarei felice di accettare la sua verità, ma non mi sembra che lei abbia argomenti molto convincenti. Non più di quelli di Smith o di Maometto. Senza offesa, perché dovrei credere nella Bibbia?»

A questo punto l’altro, quello che sembrava Belushi ne I Blues Brothers, ruppe il suo silenzio: «Tutti crediamo a qualche cosa» sentenziò. «Anche lei di sicuro ha qualche cosa in cui crede».

«Senza dimostrazioni? No. Sa, seguo il criterio popperiano della falsificabilità delle tesi, secondo la quale non esistono verità assolute ma solo ipotesi da sottoporre al vaglio delle verifiche. Ha presente?» Il giovane, mentre parlavo, ripeté a fior di labbra, con le ciglia aggrottate, le parole popperiano e falsificabilità. Poi i due tornarono a guardarsi. Mi parvero un tantino a disagio. «Dunque» incalzai spietato «ritengo attendibili la Teoria della Relatività, la Teoria dell’Evoluzione, la Meccanica quantistica, la teoria del Big Bang eccetera, ma sarebbe inesatto dire che “credo” in queste teorie: le ritengo valide fino a prova contraria. Finora, le ricerche e i test ne hanno dimostrato la validità; forse un giorno, però, qualcuno dimostrerà che bisogna rettificarle, e nessuno si scandalizzerà».

Il sosia di Belushi annuì gravemente e si alzò: «Capisco. La ringraziamo per il suo tempo. Se non le dispiace, torneremo fra qualche giorno, dopo esserci documentati un po’ sulle cose che ha detto».

Li accompagnai alla porta: «Tornate quando volete, sarà un piacere parlare ancora con voi. Ma mi raccomando, portatemi argomenti oggettivi, e soprattutto niente autocertificazioni!»

«Certamente. Torneremo presto».

Li ho aspettati, nei giorni e nelle settimane successivi, ansioso di conoscere i nuovi argomenti che avrebbero portato a sostegno della loro Verità.

Però, chissà perché, non tornarono più.

Giuseppe Riccardo Festa

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