QUANDO SI DICE SPORT

Più volte, dalle pagine virtuali di questo giornale, ho ripetuto di non provare alcun interesse per il gioco del calcio; di avvertire anzi spesso, nei suoi confronti, un forte fastidio.

Questo fastidio è alimentato da molte fonti. La prima, e fondamentale, sono i significati extrasportivi di cui il calcio è caricato da innumerevoli suoi seguaci, che ne fanno strumento di rivalsa personale, motivo di rivendicazione settaria e, purtroppo, alibi per sfoghi incontrollati e spesso fatali di violenza gratuita.

Poi c’’è il cicaleccio a vuoto dei dopopartita: il filosofare sul nulla che caratterizza tante trasmissioni televisive nel corso delle quali si sottilizza su tattiche, strategie, psicologie, cause ed effetti come se si parlasse di relazioni internazionali, spesso accapigliandosi e insultandosi, e sovrapponendosi, più e peggio che nei più vieti dibattiti politici.

E, ancora, a tenermi lontano con ribrezzo dal mondo del calcio, ci sono l’’immondo giro di affari spesso torbidi, le partite truccate, le scommesse, le corruttele; e infine, le insopportabili telefonate dei call-center di Sky, che mi propongono giulivi abbonamenti a stagioni calcistiche spacciate per fonti di benessere, gioia e felicità.

Tale è la somma delle negatività, che dal mondo del calcio sono lontano anni luce. Eppure mi ha colpito, e commosso, la notizia di una partita giocata a Manchester fra una squadra locale e l’’italica Roma.

Della partita non ho visto nulla salvo due dettagli, durante un telegiornale: uno importante, l’’altro secondario. Quello secondario è un gol del quasi quarantenne Francesco Totti, che da incompetente qual sono non so valutare. Il dettaglio importante, che mi ha colpito, è l’’altro: è l’’applauso sincero, ammirato e cordiale del pubblico inglese dopo la prodezza del giocatore italiano.

Ecco, mi sono detto: questo è un pubblico davvero sportivo, che antepone la valutazione del gesto atletico al tifo e riconosce il valore di un giocatore anche se (come poi ho appreso) ha appena messo in forse le speranze della sua squadra di procedere nella competizione.

In cuor mio ho applaudito quel pubblico. Mi sono anche detto che se in Italia il pubblico degli stadi si comportasse così, non ci sarebbe bisogno di schieramenti di polizia, non ci sarebbero orde di ultrà imbecilli a scorazzare sugli spalti, non ci sarebbero morti, accoltellamenti, vandalismi, fumogeni, lacrimogeni, ambulanze……

Se anche in Italia il pubblico si comportasse così, chissà? Forse perfino io potrei provare interesse per qualche partita di calcio.

Ecco, appunto: se.

Giuseppe Riccardo Festa

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