QUANDO GLI INFALLIBILI FALLISCONO

Se si studia appena appena un pochino di storia, si scopre che proprio gli “infallibili” sono quelli che sbagliano più di tutti, e in tutti i campi.

Degli “infallibili” santoni di questa o quella chiesa esoterica che di tanto in tanto annunciano la data e l’’ora della fine del mondo non mette conto parlare, visto che alla loro infallibilità sono essi stessi, e i loro candidi seguaci, gli unici a crederci. Non voglio offendere i sentimenti dei cristiani, ma anche nei vangeli si leggono profezie del genere (“Non finirà questa generazione di uomini prima che il Figlio dell’Uomo ritorni…”) che, a dispetto di una fonte ritenuta assolutamente attendibile dai suoi fedeli, si fatica a ritenere realizzata.

Avvicinandosi ai nostri giorni, alla fine dell’’Ottocento tutti erano convinti che i progressi della scienza e della tecnica avrebbero condotto l’’umanità verso “magnifiche sorti, e progressive”: come Marenco e Manzotti raccontarono nel famoso “Ballo Excelsior”, si credeva che il Progresso avrebbe scacciato dal mondo l’’Oscurantismo, le nazioni avrebbero vissuto in pace e in concordia e tutti sarebbero stati felici.

Il 28 giugno del 1914, con qualche colpo di pistola, ci pensò Gavrilo Princip, a Sarajevo, a far crollare la pia illusione.

In precedenza c’’era stato Karl Marx che nella storia aveva visto un flusso logico, una sorta di processo evolutivo che inevitabilmente, dopo che la borghesia della Rivoluzione francese aveva scalzato dal potere l’’aristocrazia, con una nuova rivoluzione avrebbe condotto la borghesia, a sua volta, ad essere sopraffatta dal proletariato in attesa che infine l’’umanità giungesse a non aver più bisogno di nessuno al potere, e tutti vivessero felici e contenti. Buona l’’anamnesi, così-così la diagnosi, pessima la prognosi.

Nel campo opposto, con toni non meno profetici e con non minor certezza dell’infallibilità, Adolf Hitler aveva pronosticato per la Germania un Reich millenario che poi non durò che quindici anni e la lasciò in rovine, spiritualmente e materialmente. Poco di più, da noi, durò “l’’Era fascista”, il famoso Ventennio, che del Reich tedesco fu in parte ispiratore. L’’infallibile Benito Mussolini fondò l’’impero, appoggiò Francisco Franco nella guerra civile spagnola, si alleò con Hitler, volle le leggi razziali, entrò in guerra contro Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti gridando “La parola d’’ordine è vincere, e vinceremo!” Inutile ricordare la triste fine che fece.

E come dimenticare il famoso milione di posti di lavoro promesso da Silvio Berlusconi all’’epoca della sua trionfante prima vittoria elettorale, e il benessere per tutti, e la grande rivoluzione liberale?

L’’ultimo, per il momento, dei grandi profeti delle piazze, è Beppe Grillo. L’’esito delle elezioni europee ha provocato un brusco risveglio, in lui e in molti dei suoi fedeli, che poco più di un anno dopo il trionfo delle precedenti elezioni politiche, con un consenso popolare fortemente ridimensionato, hanno visto svanire molte certezze, prima fra tutte quella ripetuta ossessivamente dallo stesso Grillo: “Vinciamo noi!

Anzi, “stravinciamo”. Non è strano che, a dispetto dell’’evidente impossibilità – perfino per Gesù di Nazaret – di essere infallibile nel pronosticare il futuro, ogni tanto qualcuno salga su un pulpito, o su un palco, si dichiari infallibile e dia risposte, giudichi, condanni, preveda il futuro; e prometta, anche, che provvederà. Ciò che è strano è che, invariabilmente, trovi folle di seguaci pronte a seguirlo, come i topi di Hameln seguirono il famoso pifferaio.

La Storia è maestra di vita, recita un antico adagio. Il problema, purtroppo, è che nell’’aula in cui insegna non c’’è mai nessuno.

Giuseppe Riccardo Festa

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