MAMMA, LI TURCHI!

Già durante le prime, concitate fasi del tentato colpo di stato, un giornalista italiano, al telefono da Istanbul, raccontava che secondo alcuni suoi conoscenti turchi l’intera operazione poteva essere una montatura, il frutto di un astuto calcolo di Erdogan concepito per rafforzare il proprio potere e sbarazzarsi una volta per tutte dei suoi nemici interni.

Sul momento è sembrata un’ipotesi fantasiosa: le notizie parlavano di un Erdogan in fuga e addirittura di un rifiuto della Germania di concedergli asilo: veniva da pensare che i golpisti, se non proprio organizzati, erano appoggiati dal governo di Berlino, e quindi anche da quello USA: che ci fosse lo zampino della CIA, dietro l’operazione?

Erdogan sta sulle scatole a tutti, ma tutti sono costretti a lisciarlo per via della posizione strategica della Turchia e del potere che ha di chiudere e riaprire i rubinetti dei flussi di profughi dalla Siria e dall’Asia. La pavida e meschina Europa lo paga profumatamente, per tenere chiusi quei rubinetti: insomma, l’idea che la faccenda intera fosse solo una montatura, intorno alla mezzanotte del 15 luglio, sembrava decisamente fantasiosa.

Alla luce dei fatti, invece, questa ipotesi sembra sempre meno improbabile: in un grottesco gioco delle parti, le cancellerie di tutto il mondo occidentale si vedono ora costrette, per quanto a malincuore,  a condannare i militari, che si erano mossi in difesa della costituzione di Atatürk e della laicità dello Stato, e ad applaudire il presidente in carica, nel nome della democrazia e del rispetto della volontà popolare.

Quello stesso presidente che da anni imprigiona giornalisti e oppositori, calpesta senza scrupoli diritti umani e civili dei Curdi, gioca sporco con l’ISIS e, non da ultimo, impone una rivoluzione islamista strisciante, con la conseguente limitazione, fra le altre cose, della libertà delle donne.

Grazie al colpo di stato fallito, ora Erdogan ha potuto lanciare una capillare epurazione nelle forze armate e nella magistratura: il suo potere si è rafforzato enormemente, e nessuno potrà opporsi ai suoi progetti di ripristino del sultanato. Anche se non l’ha organizzato lui, il fallito putsch è stato il più insperato dei regali che potesse ricevere.

Non lo nascondo: io, fino alle due di notte, ho fatto il tifo per i golpisti: anche se, in caso di vittoria, avessero instaurato una dittatura militare, almeno la loro non sarebbe stata una dittatura personale e d’ispirazione religiosa: sarebbe stata il minore dei mali.

Ma purtroppo, e non per la prima volta, a dispetto del vecchio proverbio le ore del mattino, il giorno dopo, avevano non l’oro ma l’amaro in bocca: dopo la delusione della Brexit, è arrivata anche quella del trionfo di Erdogan sui militari ribelli, e per giunta nel nome della democrazia.

Presto, nascondendosi dietro la foglia di fico della carica di presidente, Erdogan si trasformerà definitivamente in un sultano e la rivoluzione laica di Atatürk non sarà più che un ricordo. La sua aggressione contro i Curdi si farà più dura e spietata, ci saranno ulteriori giri di vite contro gli oppositori, la legge islamica prevarrà su quella civile, il suo ricatto verso l’Europa e l’Occidente diventerà più sfacciato e prepotente.

Tutto questo, paradossalmente, perché in Turchia, nella notte tra il 15 e il 16 luglio, ha trionfato la democrazia.

 

Giuseppe Riccardo Festa

 

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