MACERATA: I FRUTTI DELL’ODIO E DELL’INTOLLERANZA

Avevo appena pubblicato l’articolo precedente, miei ventiquattro affezionati e pazienti lettori, quando a Macerata è successo il finimondo: da un’auto in corsa, qualcuno sparava su tutte le persone di colore che gli capitava di incrociare, provocando numerosi feriti; alcuni anche gravi.

Sono state immediate le reazioni dei razzisti su tutti i social network: “quei bastardi di immigrati stanno sparando in giro per la città per un regolamento di conti”.

Poi, lentamente, la verità è venuta a galla: un fascista ha deciso di “fare giustizia”: a sparare, mirando solo sui neri, era un italiano che braccato, alla fine, prima di essere arrestato ha pensato bene di fermarsi davanti al monumento ai Caduti e fare il saluto romano.

Ad amarezza si somma amarezza, perché i commenti degli odiatori non si sono fermati: numerosi sono coloro i quali giustificano il gesto dello sparatore legandolo alla morte di Pamela, provocata da un clandestino nigeriano. Secondo loro si tratta di una giusta vendetta: un nero ha ucciso Pamela, e allora ammazziamo tutti i neri che ci capitano a tiro.

È il trionfo dell’odio e dell’intolleranza. È un modo di giudicare e di condannare che sa di legge del taglione, di barbarie e di negazione di ogni senso di civiltà e umanità. Un modo di vedere il mondo che mi rifiuto di condividere, una logica senza logica che può produrre soltanto una spirale di ulteriore odio e intolleranza.

Per favore, ricordiamoci di essere gente civile. Ricordiamoci di Dante Alighieri, di Michelangelo, di Leonardo da Vinci e di Galileo; soprattutto ricordiamoci della nostra millenaria storia di civiltà giuridica. Ricordiamoci che la vendetta indiscriminata non è giustizia ma a sua volta è crimine, e produce altra vendetta e altro crimine.

E se proprio vogliamo dimenticare tutto questo, almeno ricordiamoci, perdio, di essere umani.

Giuseppe Riccardo Festa

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